Cultura da Virus: Doomsday di Neil Marshall

Mentre impazza in Italia ormai la fobia del coronavirus, vi consiglio di recuperare il film Doomsday di Neil Marshall, uscito nel 2008. Lo troverete in dvd, e forse su qualche emittente Mediaset (visto che fu Medusa a distribuirlo in Italia), ma guardatelo solo se avete lo stomaco forte. Il film è violento, tamarro, esagerato. Ma dannatamente fatto bene.

   La trama? Scozia, 2008. Un virus mortale impazza in una Scozia contemporanea, e la madre Inghilterra costruisce un enorme muro per imporre una quarantena con la forza. Si scatena la guerriglia. Una bimba riesce a fuggire, non senza difficoltà e perdendo anche un occhio. Ma la Scozia resta condannata a se stessa, e l’Inghilterra, in questa storia, costruisce la sua pagina più sanguinosa pur di contenere il virus.

   Passano gli anni. La bimba diventa adulta, e scopriamo che è una specie di super agente segreto, interpretata da una brava Rhona Mitra, al servizio del governo inglese. Adottata e cresciuta da un super commissario, interpretato ottimamente da Bob Hoskins, le sarà affidata la missione di andare in Scozia, perché un focolaio del virus mortale si è sviluppato a Londra, e pare che oltre il muro ci siano dei sopravvissuti, il che li rende ideali per sviluppare un vaccino.

   La super agente quindi ha l’occasione di tornare nella sua terra natia, dove scoprirà che dopo tanta morte si è eretta una società anarchica e violenta, molto medioevale nella crudeltà, e il viaggio la porterà ad incontrarne addirittura il re, interpretato da un ottimo Malcolm McDowell in uno dei suoi ruoli più nichilisti.

   E nel frattempo a Londra la pandemia scoppia.

   Vi ho raccontato il film, ma la fine no.

   Non serve. Tanto è prevedibile.

   Il film di Neil Marshall è un multigenere. Inizia come un film apocalittico, prosegue come una sorta di “Fuga da New York”, diventa un film horror barbarico per poi addirittura inglobare una corsa automobilistica da rivaleggiare benissimo con l’ultimo Mad Max (che uscirà anni dopo).

   Un mix che potrebbe risultare indigesto, anche perché il ritmo è indiavolato, il che è un pregio per un qualcosa che ha dei déjà-vu. Ma al di là di ciò, il film è importante riscoprirlo per due motivi principali.

   C’è un discorso fantapolitico, ma molto politico. Dinanzi a un’emergenza, i politici non temono di sporcarsi le mani. Anzi, usano la storia del virus e del probabile vaccino per rilanciare la propria campagna elettorale, a discapito della verità. Il che fa sembrare Doomsday, visto oggi in pieno periodo coronavirus, come un qualcosa di terribilmente profetico. Sì, perché poi c’è l’excursus sociale. La quarantena imposta, la zona chiusa, le regole ferree della cosiddetta zona rossa, ovviamente in un contesto più violento e più esagerato.

   Basta solo questo elemento per rendere appetibile il film, che però ha il difetto di essere estremamente violento, perciò pubblico avvertito: il film non è per bambini.

   Neil Marshall si era fatto conoscere per un horror spaventosissimo e notevole come “The Descent”, e in questo film mostra di saper usare bene la telecamera, soprattutto nelle numerose scene violente.

   Poi c’è il ritratto di una società disgregata, con i sopravvissuti lasciati nel più completo abbandono dalla madre Inghilterra, ma anche dal resto del mondo.

   In effetti, se uno ci riflette bene, l’indifferenza può essere un focolaio di un virus chiamato violenza.

   E poi c’è lei, l’eroina senza macchia interpretata da un’affascinante Rhona Mitra, che qualche anno più tardi interpreterà una serie tv che ha a che fare con un virus distruttivo, ovvero “The Last Ship”, ma qui ci si ferma.

   Doomsday è un film disturbante. Ecco, questo sì. Ma molto probabilmente è il solo che riesce a farci vedere l’estremismo di determinate scelte.

   E oggi, in periodo coronavirus, sembra proprio di vivere qualcosa di simile a Doomsday, solo che in questo film chiamato realtà non abbiamo ancora trovato l’eroe che possa farci dormire sonni tranquilli.

Aurélien Facente, marzo 2020

Pubblicato da

Aurelien Facente

writer, artist photographer, videomaker

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