La vittoria di Pirro degli amanti del PD

Io credo fermamente che sia ora di chiudere questo film tristissimo e che il PD faccia una grossa operazione chiarezza con i suoi iscritti e con i suoi amanti sparsi per i media perché questa storia deve essere portata a termine.

Siamo nel 2022 e nei ballottaggi di tutta Italia (a chi toccava) non ha vinto il PD, non hanno vinto i 5stelle, non ha vinto la Lega, non ha vinto Forza Italia, non ha vinto nessuno. La maggioranza degli elettori se n’è fregata altamente di considerare il ballottaggio. Se più del 60% degli elettori preferisce fregarsene, vuol dire che c’è qualcosa che non va. E non è una questione di sinistra o di destra o di centro, ma di democrazia e di rapporto della politica con la cittadinanza di tutti i giorni.

Ormai l’astensionismo è il simbolo del dissenso dilagante verso una cultura politica italiana che non guarda più al presente, e per continuare a sopravvivere continua imperterrita la sua metodologia del divide et impera.

Bene, c’è un limite a tutto ciò.

E in questi ultimi anni, dove elezione ci sia stata, ha vinto l’astensionismo, perché supera di fatto il 50%, e l’elezione avviene lo stesso perché la legge lo permette. A prezzo però della credibilità e dell’autorevolezza, elemento quest’ultimo che si è andato a fare benedire perché bisogna raccontare le belle favole piuttosto che migliorare le condizioni di vita dei propri cittadini.

Il distacco è netto.

Certo, il PD centrosinistra vince a Catanzaro ad esempio, ma con un avversario di centrodestra che prima stava nel PD. Ed è stato facile vincere poiché il nemico era un voltagabbana bollato come tale. Anche io non lo avrei votato.

In realtà, oltre alla mancanza di elettori, questi ballottaggi (che per loro stessa natura riducono il numero degli elettori) raccontano altre verità più dure.

Il primo è il netto distacco tra politica e cittadinanza. La politica è percepita come un volgare reality show molto trash, perciò non attrae più come prima. Anzi, proprio non attrae.

Iniziano a sparire dei partiti come Forza Italia. Il caso Verona è stato lampante, ma Forza Italia non è più un partito di riferimento come qualche decennio fa. Sparirà perché la gente non ama i Brunetta e le Ronzulli, politicanti superficiali e presuntuosi che adorano apparire detestabili, ma non costruttivi. Il Silvio fa quello che può, ma forse è meglio che si occupi del Monza Calcio, La sua stella ormai è un meteorite che si sta sgretolando nell’atmosfera. La Lega è in forte crisi identitaria, e sarebbe meglio stendere un velo pietoso.

Il caso di Fratelli d’Italia merita un ragionamento a parte. A livello nazionale potrebbe prendere il posto delle Cinquestelle cadenti, che ormai vincono, per modo di dire, dove hanno stretto qualche alleanza.

Ma allearsi con il PD non paga. Assolutamente no. La prova sta proprio nell’affluenza bassissima.

Ma i giornaloni dichiarano che sia il PD ad avere stravinto. Certo, perché i giornaloni stanno tutti a sinistra idealmente (in realtà sarebbe bello parlare degli azionisti di maggioranza) e perdono di vista l’equilibrio dell’obiettività. Meglio propaganda a prezzo della credibilità. Non stupisce che i giornali non vendano più come prima.

Fascisti e antifascisti, comunisti e anticomunisti, piddini e forzisti, Cinquestelle contro il sistema. Scontri che hanno francamente stancato, quando ormai il tema principale sta nel trovare un lavoro che permetta quantomeno di vivere con dignità.

Negli anni passati si è chiaramente voluto mantenere lo status quo portandolo alla cancrena. Gli effetti delle politiche passate hanno portato alla luce mostruosità democratiche, sancendo di fatto il fallimento della democrazia rappresentativa.

Più del 50% non vota e non vuole votare. Lo ritiene una perdita di tempo.

Un dato di fatto triste, ma figlio di quella politica che ha volutamente tagliato le rappresentanze locali a discapito di una generazione di Yes Man e Yes Woman che vivono un film immaginario mentre la gente di tutti i giorni soffre.

Conoscendo le dinamiche, il trend si ripeterà alle prossime nazionali.

L’Italia politica farebbe bene a cambiare registro. L’impressione è quella di vivere l’apertura di un vaso di Pandora. La misura è ormai colma.

Ovviamente auguri ai sindaci eletti. Non sarà una passeggiata di salute per loro.

Decisamente no.

Aurelien Facente, 27 giugno 2022

Oggi viviamo in Italia le conseguenze del Porcellum, il vero assassino della democrazia

Ogni storia ha un inizio. Inizia con l’attuale Presidente della Repubblica, l’On. Sergio Mattarella. Fu artefice di una legge elettorale nazionale definita “Mattarellum”, nella quale era possibile scrivere nome e cognome del candidato alla Camera o al Senato da parte dell’elettore, il che implicava un voto riflessivo e convinto. Non perfetta come legge (non esiste la legge perfetta), ma almeno uno votava qualcuno che conosceva. C’era un fondo di merito, il che la rendeva abbastanza democratica.

Poi arrivò il signor Silvio Berlusconi negli anni 90′ che sconvolse la vita parlamentare italiana, e dopo un primo tentativo di governo nel 1994, qualche anno dopo riuscì a governare per cinque anni consecutivi insieme ai soci di Alleanza Nazionale, la Lega Nord, e l’UDC con il suo partito Forza Italia. E una delle cose che gli riuscì fu di cambiare la legge elettorale.

L’ideatore di questa legge elettorale, definita “porcata” proprio dal suo stesso ideatore, ha un nome e cognome: Roberto Calderoli, un navigato della Lega Nord. La legge prevedeva la non possibilità di conoscere i candidati a favore del simbolo. Cioé una ics sul simbolo mentre si vota, e nessun contatto con la rappresentanza locale.

Si può dire una bella legge a favore dell’oligarchia, nel senso che tanto ci siamo noi e noi ci voterete senza discutere.

Questo bel giochino è andato avanti per almeno 15 anni e passa, senza calcolarne le conseguenze nel periodo lungo a venire.

Il signor Mario Monti fu una brutta conseguenza di questa legge. Perché dentro il Parlamento, grazie alla cosiddetta garanzia dell’anonimato sulla scheda elettorale, ci siamo trovati tanti soggetti passare da destra a sinistra e vice versa senza il benché minimo senso del pudore, portando alla sopravvivenza di parlamenti ma con il prezzo di non incidere sulla scelta politica del primo ministro, poiché uno come Mario Monti fu scelto proprio dall’allora Presidente della Repubblica Napolitano, con il chiaro scopo di non andare ad elezioni, nonostante il Paese ne avesse bisogno.

Un’altra conseguenza della legge fu la scelta dei candidati. Non più persone che potevano prestarsi alla politica per costruire la società, ma una lunga serie di Yes Man e Yes Woman messi lì solo ad eseguire la linea del partito o del capobanda. Garantendosi così il posto per le successive elezioni. A Crotone ne abbiamo un esempio chiaro con la Maga Dorina, che passò da destra a sinistra, con la scusa di essere moderata, e vice versa con la sola motivazione che i moderati (termine politico molto idiota) si spostavano così.

Con una legge come il Porcellum questa fu la più grave delle conseguenze. Perché la politica non era più un’opportunità per la società, bensì un’occasione di mantenere quei privilegi, anche economici, che piacevano e piacciono a tutti.

Ovviamente con la complicità di un popolino italiano che man mano che il tempo passava si trovava sempre più povero.

Poi arrivò il Grillo urlante. Con i Cinquestelle. Fu un momento storico il suo arrivo in politica, perché trovò la falla nel porcellum. Il simbolo dei Cinquestelle divenne il dissenso democratico contro i nuovi signorotti del Parlamento Italiano. Arrivando ad entrare di prepotenza nel Parlamento Italiano, con un’energia necessaria.

Attenzione, però, perché il Cinquestelle è la testimonianza diretta di come l’Italia politica era sprofondata in un sistema oligarchico mascherato da democrazia. Perché il Porcellum fu dichiarato poi dalla Corte Costituzionale come una legge illegittima che non garantiva la conoscenza diretta del candidato.

L’ultima legge elettorale nazionale, definita Italicum (che è una versione riveduta e corretta della precedente), la si deve al governo Matteo Renzi, oggi il politico più detestato d’Italia. Ma anche lui aveva visto chiaramente che il Porcellum non era buona come legge, tanto che il suo ingresso dentro le sacre stanze del Parlamento fu non dovuto ad una crisi politica (che c’era già prima), ma da un’occasione causata ed avvallata dalle conseguenze del Porcellum.

Curioso il fatto che per una quindicina d’anni sono stati eletti parlamenti con una legge poi dichiarata non valevole, ma è proprio grazie a questa stortura che ci ritroviamo nella peggiore Italia.

Sì, perché, di fatto, l’Italicum non ha riparato un bel niente.

Oggi ci ritroviamo questo signore, Mario Draghi, con la complicità di una politica quasi tutta accondiscendente. Certo, perché i candidati al Parlamento non li hanno scelti i cittadini, ma i capobanda dei vari partiti. Yes Man e Yes Woman pronti a cambiare casacca qualora la situazione lo richieda. Il caso recente del giovine ministro Luigi Di Maio, addirittura eletto Cinquestelle, sta a dimostrare come le stanze parlamentari siano oligarchiche a danno proprio della cittadinanza.

Ad oggi, nonostante il Parlamento avrà meno deputati e senatori per via di una riforma proprio voluta dai Cinquestelle, non si sa con che razza di legge elettorale si voterà. Certo è che ormai è chiaro che il Parlamento è pieno di attori buoni per un reality show, ma non adatti (ma molto indifferenti) sul vero vissuto del Paese, che con grossa probabilità non voterà in massa. Questo andrà a vantaggio di una politica sempre più oligarchica e non democratica.

Il caso di Luigi Di Maio è lampante. Rivoluzionario con i Cinquestelle, omologato non appena ha avuto un ruolo in governi di maggioranza. Seguendo il costume già presente durante il Porcellum, ha cambiato strategia per assicurarsi la sua posizioncina politica, dichiarando tutto il contrario di tutto. Non una questione di crescita personale, ma di sporca opportunità. I Cinquestelle si trovano in momento di basso gradimento, quando è in realtà tutta la politica nazionale a essere corrotta nell’anima. E questo la gente lo sa. Tranne gli innamorati. Ma la gente di tutti i giorni lo sa, e questo creerà un altro distacco tra la politica e l’elettorato.

Il voto è una questione di fiducia. Se tradisci la mia fiducia, io non ti considero nemmeno per un voto, che oggi più di ieri, in regime di grosso astensionismo, risulterà essere determinante.

Sta di fatto che l’Italia è sempre più povera. Proprio per colpa di tutti questi Yes Man e Yes Woman figli della politica del Porcellum.

Una brutta pagina di storia dell’Italia.

Aurelien Facente, 26 giugno 2022

Ritratto di Gigino ovvero l’impotenza al potere giustificata dalla menzogna

Giggino Di Maio. Un uomo comune che è riuscito a essere scaltro nella sua roccaforte politica. Questo va detto. Ma non è stato sincero. Forse all’inizio, ma dal primo incarico di ministro qualcosa è cambiato.

Giggino Di Maio è l’essenza del potere che corrompe il brav’uomo. Tutti quelli che si autodefiniscono rivoluzionari prima o poi cadono nella corruzione del potere. Perché per cambiare le cose ci vuole volontà, intelligenza, anche un certo credo religioso. E soprattutto devi avere contenuti. Perché se non hai quelli, sei demagogo. E i demagoghi al potere non si prendono nessuna responsabilità, se non la volontà ferrea di non cambiare il beneficio del proprio portafogli.

Giggino si è rivelato, cadendo nella trappola costruita dallo stesso Movimento che lo ha reso politico prima e politicante dopo. Non offenderti, Giggino. Per me non sei un buon ministro degli esteri. Non hai la cultura e soprattutto non hai la testa adatta per farlo.

Giggino abbandona il Movimento. Già, perché ormai il Movimento affonda come il Titanic e ovviamente prende la migliore scialuppa per salvaguarsi le chiappe, ma non l’onore. Quella è un’altra cosa. Giggino ha l’onore corrotto dal potere, e ha preferito salvaguardarsi le chiappe.

Un anno di tempo, caro Giggino. Poi anche tu dovrai andare a raccattare voti per ritornare al dolce scranno del Parlamento. Sempre che la tua generazione politica non decida di mandare a puttane la Costituzione Italiana, e a quel punto si completa la verità della corruzione in nome della bugia del potere.

Già, caro Giggino. Lo so di essere duro con queste parole. Ma è una lettera aperta di chi ha osservato la crescita del Movimento. Pensa, l’ho pure votato perché credevo che ci fosse un reale bisogno di scuotere un bel po’ di politica italiana. Era necessario scuoterla perché il periodo lo richiedeva.

E alla fine?

A pochi mesi del compiere il fatto rivoluzionario, ovvero mettersi da parte dopo il secondo mandato, il potere che corrompe ti ha posseduto e con un discorso imbarazzante hai rivelato la tua reale natura.

I governi (sei al terzo) di cui hai fatto parte hanno gravi responsabilità storiche, e non mi va di elencarle tutte. Tanto sarà il popolo a giudicarti quando ci saranno le elezioni, ma di sicuro compi la più stupida delle mosse nel momento in cui la stessa politica dovrebbe preoccuparsi di ricucire il rapporto con la gente, perché se governi un Paese dove la metà della gente non ti considera nemmeno allora l’autorevolezza della politica perde. E si continua a raccontare la menzogna. Cosa che ovviamente hai ben fatto in tutti questi anni.

Certo, c’erano le regole della politica. Ma di quale politica, Giggino? La tua? Quella che offre la rivoluzione e poi la fa diventare l’ennesima illusione. Hai scelto tu, caro Giggino, di farti sedurre dal potere. Non è stata la gente a chiedertelo.

Peppino Conte se ne farà una ragione. Ma lui almeno in questi mesi un giro per l’Italia se lo sta facendo, cercando di promuovere una rivoluzione che è diventata un’illusione.

Ma era inevitabile che finisse così. Perché è il destino dei demagoghi al potere. Sguazzano come sanguisughe sulle spalle dei cittadini e amano restarci. Ma quando si tratta di cambiare, mostrano tutta la debolezza della loro corruzione.

Non parlo di corruzione in danaro, caro Giggino. Ma della corruzione che è dentro la tua anima adesso. Hai fatto una scelta rischiosa e azzardata. Ti sei dato troppa importanza. E quell’uno che valeva uno è diventato io esisto sopra di voi.

Che illusione! Eppure quasi ci credevo in un meridionale che potesse cambiare qualcosina. Sottolineo il quasi. Perché i “rivoluzionari” li conosco in Italia. Pronti a raccontare di tutto e di più, salvo poi gettare la maschera quando il gioco gli torna contro. Avrai anche ridotto i parlamentari, ma sei diventato il più obsoleto dei parlamentari. Alla fine ti sei rivelato per quello che sei. Libero di farlo, ma a discapito della tua credibilità elettorale.

Capisco l’ambizione e forse anche la passione per la politica. Ma la tua non è più politica. Si chiama opportunismo. E si tratta della peggiore malattia degli ultimi anni in politica. Quello stesso opportunismo che tu denunciasti e condannasti. Alla fine, hai parlato talmente male di loro che sei come loro.

Avevi un’altra chance, caro Giggino. Una chance azzardata, ma che ti avrebbe reso protagonista di una storia ancora migliore. Le tue dimissioni da ministro e da parlamentare. Un atto forte che avrebbe spaccato il Movimento comunque, ma che ti avrebbe dato quella credibilità che cercano i cittadini. Una scommessa azzardata dunque. Ma coraggiosa e non vile.

Ti ho seguito, Giggino, in tutto questo tempo pensando che un meridionale mi avrebbe reso orgoglioso di essere tale. Invece hai gettato la maschera mostrando quella che è una triste verità: quella di essere un bluff.

Buon proseguimento, Giggino. Prima o dopo anche tu farai i conti con la realtà, quella vera però. Quella di cui anche tu un tempo facevi parte. E non credo che sarà tenera con te. Il destino dei falsi rivoluzionari non è mai tenero. Staremo a vedere, ma di sicuro il tuo gesto contribuirà ancora di più al grande astensionismo che macchierà di disonore la storia della Repubblica Italiana.

Aurélien Facente, 22 giugno 2022

Comincia la caduta del mito politico europeo attraverso le elezioni francesi.

Bisogna guardare al proprio vicino con curiosità. I cugini francesi sono diventati pestiferi. Elezioni legislative, che tradotto in Italia sarebbero le elezioni per il rinnovo della Camera e del Senato. Guai a non guardare quello che succede lì, perché succederà anche in Italia.

C’era una volta un presidente di nome Emmanuel Macron.

Governava la Francia con un nuovo partito politico (che ha cambiato già nome) per dimostrare che la politica europea fosse la migliore. Apprezzamenti da vari media italiani, a cominciare dal PD.

Macron, in realtà, era l’ultima possibilità per credere alla grandeur dell’Europa unita.

Arriva la pandemia, e tutta la politica europea mostra il peggio di sé. Altro che destra e sinistra, o fascismo e comunismo. Il festival della follia tra gli scranni del potere.

Poi è arrivata la misteriosa guerra tra ucraini e russi.

E allora l’occasione diventa ghiotta. Tutto il mondo pseudomoderato di sinistra e simili alzano la cresta. Tutti a fare gli eroi e a combattere contro il cattivo russo.

Macron, intelligentemente, prende una posizione leggermente più moderata. Ma dimentica qualcosa. Che la sua politica comincia a non essere più creduta. Senza contare che il partito dell’astensionismo cresce. Ma se vuoi restare in piedi, allora meglio ridicolizzare gli altri.

Il nemico numero 1 da abbattere è la signora Marine Le Pen, la fascistona del Front National. La signora è di destra, per alcuni fascista. Non prova vergogna a candidarsi alla presidenza dell’Eliseo, ma nonostante sia la cattiva il suo elettorato cresce. Ma nessuno si chiede perché.

E già. Perché quelli che appoggiano Macron sono i migliori, sanno tutto, risolveranno tutto. A patto che i cittadini stiano zitti e digeriscano gli orrori economici e sociali che li faranno stare bene.

La Francia assomiglia molto all’Italia in questo momento storico.

Economia al ribasso, povertà in vistoso aumento, carovita eccessivo, tassazione alta e non giustificata da fatti (anche il ministero della salute francese doveva rendere eccellenti gli ospedali), degrado a più non posso. Questo è quello che la gente vive, ma viene smentito anche da molti media (quelli allineati al pensiero governativo),

Beh, l’Italia somiglia molto alla Francia. La differenza a questo punto sta nella razza, aggiungerei.

Alle presidenziali Macron vince con affanno. Ma con un astensionismo monstre.

Ma in Italia è preferibile non vedere queste cose. Anzi, qui in tv tutti eroi di guerra, ma non di economia giornaliera.

La fortuna vuole che subito dopo le presidenziali, arrivano le nazionali in Francia.

E qui c’è il signor Melenchon, noto agitatore comunista. In Italia se ne parla poco, ma è adesso il primo partito di opposizione. Anche lui è brutto e cattivo perché non vuole essere schiavo delle scelte dell’Europa. In Italia non si deve parlare di lui, ma stranamente questo gentile signore ha il merito di riprendere un po’ di quella sinistra che tutti amano, e non a caso il risultato gli da ragione.

Ieri, 19 giugno 2022, si sono svolte le elezioni francesi. E il signor Macron perde la cosiddetta maggioranza assoluta. Per la prima volta nella storia della République Française un Presidente perde la maggioranza in Parlamento.

E ovviamente adesso capiremo dove si andrà a svoltare.

Ma c’è un dato che nessuno considera, e in questo ci arriverà pure l’Italia (nella mia Crotone lo conosciamo già).

Oltre il 54% di astensionismo, ovvero oltre un elettore su due ha preferito non votare. Decretando la fine della propria democrazia, ma decretando anche la mancanza di credibilità dell’europeismo estremo e convinto che, di fatto, ha aumentato a dismisura gli orrori sociali.

Un brutto problema che si dovrebbe considerare eccome.

Perché se un elettore su due non vota e non mostra sensibilità nei confronti della democrazia, vuol dire che qualcosa non va.

In Francia la signora Le Pen e il signor Melenchon vincono relativamente, ma perché conquistano quel poco di voto che resta, andando in netta crescita. A discapito del Macron che perde miserabilmente, anche perché il Presidente sarò anche una persona capace, ma attorno a lui non è che ci siano persone simpatiche ed amabili. Tutt’altro. Mezzo governo è stato bocciato già al primo turno (in Francia si vota in due turni per le nazionali), il che vuol dire che i migliori magari saranno migliori solo a blaterare e fare chiacchiere.

Comunque qualcosa di simile avverrà anche in Italia nel 2023.

Ormai l’insieme della politica italiana (e già nelle comunali recenti si è visto) racchiude un elettorato super diviso e molto incline a fregarsene di avere una rappresentanza. E se la premessa è questa, sarà una tragedia enorme. Non per chi non ha votato. Non a questo giro almeno. Perché il non voto è diventata la sola arma di dissenso al degrado e alla menzogna politica degli ultimi anni. A Crotone, giusto per fare un esempio pratico, l’astensionismo ha raggiunto quota 70% alle regionali calabresi, un dato che dovrebbe far riflettere.

In Francia quelli che votano la Le Pen lo hanno fatto per disperazione.

E succederà anche qui.

Non si è migliori nei confronti dell’avversario deridendolo e schifandolo.

Si è migliori quando la tua gente vive.

Quando dentro l’Italia politica si arriverà a capire questa regola semplice, forse riuscirà a riprendere un po’ di credibilità. Sì, perché se non credo nella politica non credo nella repubblica, e se non credo nella repubblica non credo nemmeno nella legge. E questo dovrà per forza di cosa essere uno degli argomenti che dovrebbero alimentare il dibattito.

Ma in Italia sbatteremo contro un muro, fidatevi. Ma tanto dobbiamo ascoltare solo gli specialisti, come disse qualcuno che conosco.

Aurélien Facente, 20 giugno 2022

L’omicidio del voto rappresentato dai referendum sulla giustizia

Che cos’è il voto oggi? Si tratta realmente di un simbolo di libertà di pensiero oppure è un atto di sottomissione? E se è un atto di sottomissione, chi ci sta?

L’ultimo referendum sulla giustizia con 5 domande (di cui almeno due importanti) meritava la riflessione, la discussione, la promozione. Tranne qualche faccia nota, la indifferenza istituzionale prima e quella mediatica dopo hanno influito molto sull’andamento della indifferenza al voto, sancendo ancora di più la separazione tra la politica e il pubblico, inteso come gente.

Non arrivare al 20% solo nella storia elettorale della città di Crotone, posto dove vivo, è sintomo ormai di una frattura multi scomposta che ormai sarà difficile risanare, se non tramite una lunga terapia di franchezza e chiarezza, cosa difficilissima per la generazione politica che ama il sotterfugio e la codardia, usando anche maschere di destra e di sinistra che non appartengono loro minimamente. E quelli che dovevano rompere il sistema, come Lega e Cinquestelle, danno il colpo del KO definitivo proprio con l’anomalia del governo Draghi che tutto è tranne il governo che serviva all’Italia, con buona pace del Presidente Mattarella cui forse (anzi è probabile) il bis non giova per nulla.

Non prendiamoci in giro. Ormai, vista anche l’affluenza alle comunali, la gente non crede più a questa generazione politica. Vota chi ci crede e chi s’illude di crederci. Il resto no. Un dato di fatto ormai incontestabile.

Si tira troppo la corda? Inevitabile che si spezzi se la corda è mal curata. Sembra un esempio banale, ma in Italia e a Crotone è accaduto proprio questo. Si pensa che la leggerezza e la propaganda tenessero lontana la pesantezza dell’esistenza. Non è così.

Ora capire le ragioni di questo massacro elettorale è lungo e complicato perché le origini partono da lontano, e la malattia è conclamata su tutti i livelli.

Una malattia di marcio che viene percepita proprio attraverso i media, che preferiscono raccontare verità assurde pur di non andare al centro del problema. Ci sono sacche numerose di persone che non credono più alla politica. Li hanno chiamati in tutti i modi: populisti, fascisti, no vax, putiniani.

Hanno puntato il dito contro senza mezza misura e senza mezzo ascolto.

Le élite politiche hanno preferito questo gioco di elevazione sulla testa delle persone, condannandole anche nel non aver avuto l’opportunità di avere un percorso di studi sufficiente.

Un comportamento disgustoso. E ovviamente recepito in silenzio dal pubblico, che poco alla volta si allontana. Un pubblico che non recuperi più. Perché semplicemente non ti crede, e non trova l’utilità nel voto. Perché il voto è un credo, e il credere si basa sulla fiducia. Se tradisci la mia fiducia, io non ti voto.

E il referendum, seppur tecnico e complesso, è stata la prova del fuoco.

Ci troviamo inevitabilmente in una deriva senza precedenti. I giornaloni possono prendere in giro chi vogliono, ma le redazioni farebbero bene a farsi un’altra domanda: perché la gente non vota?

Sempre colpa dei fascisti, populisti, no vax, putiniani e quanto altro ancora?

O mera incapacità di una politica generale che non guarda più ai cittadini, ma solo a propri interessi di chissà quale natura?

La pandemia e la guerra in Ucraina, con le loro narrazioni esageratissime, sono state usate chiaramente da una politica non coraggiosa e non sincera per mantenersi alto, e i media hanno appoggiato l’idea di un governo eroico, che in realtà sulle scelte non fatte c’è da scriverci un libro.

Il tempo, poi, fa il resto.

Viviamo un’epoca che Andy Warhol sarebbe felice di vivere, perché è l’apparenza dell’immagine a dominare, e non la sostanza dell’individuo.

Questa generazione politica (e il fenomeno è molto più europeo di quel che si pensi) ha preferito l’immagine alla sostanza. Anzi, al fermoimmagine. Allo screenshot.

Quello deve essere e basta. Chi contesta è solo da mettere in pubblica piazza in pubblica esecuzione e pubblica umiliazione. Un comportamento da bullo sostanzialmente.

E nel frattempo lasciamo perdere i referendum, e stiamo nella macchina della giustizia sempre più burocratica che costa e produce pochi effetti giusti.

Questo ormai la popolazione lo recepisce. Perché è dalla giustizia che passa il senso dell’uguaglianza sociale, cosa che ovviamente è stata calpestata negli anni. Con buona complicità di un sistema che secondo Costituzione prevedrebbe la separazione dei poteri, ma in realtà sappiamo che non è così al 100%.

E poi c’è la mia Crotone. Affluenza bassissima. Ma in un posto dove non sono stati nemmeno affissi i manifesti del referendum, cosa si poteva credere?

Diciamoci la verità. Il referendum è stata la vittoria a supercazzola di un certo potere e ne gioisce.

Peccato che non si rendano conto che un piede nella fossa ce lo stanno mettendo proprio loro. E lo scopriranno nel 2023, sempre che si vada a votare. Perché qui, mi dispiace dirlo, sono abbastanza scettico.

Anche io non credo a questa generazione politica.

Aurelien Facente, 13 giugno 2022

Anche i partiti invecchiano (e male pure)

Comunque vada oggi nelle spiegazioni di qualche politicante molto rampante alla conferenza stampa dentro le stanze del Comune di Crotone, ormai Forza Italia è un partito vecchio e decrepito. I partiti invecchiano come le persone, e possono invecchiare male. Altroché.

Negli anni 90′ e nei primi 2000 Forza Italia era un partito rampante, forte di un leader che, purtroppo per lui, ha preferito circondarsi di tanti Yes Men e di tante belle Ochette Giulive. Non ha voluto eredi ideali, e dopo la batosta giudiziaria è iniziato il declino.

Sì, perché lui, forte comunque di un cervello intelligente, non ha pensato a qualcuno che potesse prenderne il posto. Tra Yes Men e Ochette Giulive non trovi il fenomeno capace di mantenere alto il ritmo. Lo Yes Man per natura è il personaggetto che dice sempre sì, e mai no.

E qui iniziano gli acciacchi dell’anzianità.

Qualcuno potrebbe invecchiare bene grazie al dono della saggezza. Ma poi ascolti qualche Oca Giuliva che raglia come un ciuccio in televisione, e ti rendi conto che ormai la pensione è più d’invalidità mentale che di vecchiaia. Il brutto è c’è chi appoggia questo tremendo gioco, a discapito della bellezza della democrazia e del buon senso.

Forza Italia negli anni 90′ aveva un suo fascino indiscusso. Rappresentava un punto di rottura con la vecchia politica. Aveva un’ambizione mondiale. Berlusconi è stato storicamente un politico abile, con tante ombre però. Ma era un capo, e voleva attorno a sé impiegati e basta, molto simili a Fantozzi ma vestiti bene.

C’è voluta una strana legge per non permettergli di tornare a fare il capetto nel parlamento italiano. Ma al suo posto c’erano i Fantozzi che si era scelto. E come buon capo anziano, nel momento dell’allontanamento, ha preferito conservare lo spirito, ma non di migliorare la sua squadra di impiegati. Un caso anomalo, si direbbe, se raffrontato ai suoi tanti successi sportivi con il Milan prima e il Monza adesso.

Oggi Forza Italia è un partito superato e vecchio. Non propone contenuti, ma sopravvivenza tra gli scranni del potere. Prima osavano dare bastonate un po’ a tutti con quell’energia televisiva che ce li faceva vedere olimpionici, con vette di voto che superavano il 40% da soli. Oggi fanno da stampella. Con un misero 6% stando i sondaggi (ma la realtà è ben più drammatica).

La storia di Forza Italia a Crotone segue lo stesso percorso italiano. Non si smentisce. Negli anni 90′ ebbe una sua forza propulsiva che poi nel tempo si è dispersa. Grazie ad un onorevole entrato nel secondo tempo della legislatura, ha riacceso una fiammella. Ma ahimé, come il buon Silvio, anche lui ha plasmato secondo la concezione di Yes Men la sede crotonese. Eppure ‘è stato un momento dove io stesso stavo vedendo che c’era la voglia di farlo frequentare di nuovo, ma quelli che avevano una personalità dignitosa… beh, non sono dei Fantozzi. E così successe che l’onorevole si adagiò sulle macchine da voto che si era portato nel partito. Macchine da voto che erano in dote ad altri. Prendono voti e basta. Poi, scusatemi, il nulla cosmico. Tranne qualche sede qua e là, e qualche letterina molto carina pubblicata sui giornali. Senza dimenticare le apparizioni televisive dei più noti.

Lo so. Sono cattivo, cari signori. Ma Forza Italia era molto forte negli anni 90′ perché era giovane. Poi è invecchiata, come io sto invecchiando. Ma mentre accetto con serenità la vecchiaia che arriverà con alti e bassi, e questo mi permette di stare in piedi pure bene a dir il vero, io assisto alla vostra vecchiaia. Una cattiva vecchiaia. Dal bastone verso l’alto alla stampella verso il basso.

Questo la gente lo ha visto e oggi se ne rende conto. Non è un caso che Forza Italia non guadagna iscritti, ma li perde. Non è il solo partito che li perde. Ma mentre gli altri si sforzano, Forza Italia vive di ricordi nostalgici restando ferma in un passato che non c’è più, e un futuro buio visto che ormai il malato è in stato di coma.

A me dispiace, sia chiaro. Non è bello parlare in questi termini.

Ma per quello che ho visto, ho l’impressione che il trapasso sia inevitabile. Perché nella sabbia del tempo c’è un vortice forte e violento, e quando si è risucchiati nel vortice gli appigli sono casuali e rari. E molti non riescono ad afferrarli. Così il vortice risucchia, e poi silenzio.

Era un bel partito Forza Italia. Lo era una volta.

Oggi aspettiamo solo che la spina si stacchi.

Aurelien Facente, 9 giugno 2022

PS: Ai vivi si deve rispetto, ai morti solo verità. Lo scrisse Voltaire. Passo e chiudo.

La brutta stagione degli incendi a Crotone

Io ormai non riesco più a scandalizzarmi di quello che succede nella mia città, soprattutto in materia di incendi. Capitano in ogni città, vuoi per mano criminale, vuoi per casualità, vuoi per guasto a qualche impianto, vuoi per degrado.

L’ultimo weekend è stato pirotecnico.

Due incendi diversi e accomunati dal degrado istituzionale.

Il primo a Parco Pignera al confine stadio.

Un piccolo incendio che per professionalità dei pompieri è stato domato in fretta e con ottima organizzazione. Già, perché a Crotone c’è un’ottima squadra di pompieri. Non lo dice mai nessuno. Però hanno saputo affrontare al confine del parco qualcosa che poteva allargarsi, diciamolo chiaramente.

Poi c’è stato il giorno dopo un altro incendio, in una vecchia struttura dell’Asp quando era Asl a Corso Messina. Sopra vedete la foto. Una struttura volutamente abbandonata tra vari duelli istituzionali e che era ormai ridotta ad un vecchio rudere nel centro crotonese. Prima o poi qualcosa capita sempre.

Essendoci indagini in corso, attendendone l’esito, la sola cosa che mi scandalizza è il dito puntato contro.

Come se la stagione degli incendi a Crotone non ci fosse mai stata.

Ora si usano le seguenti parole: criminali, vigliacchi, seminatori d’odio.

Senza aspettare l’esisto delle indagini. Che sarebbe saggio, dopo aver smaltito una giusta prima rabbia. Siamo umani. Sacrosanto indignarsi. Ma poi lasciare che la giustizia lavori,, e sarà un lavoro difficile.

Perché a Crotone, si sa, l’omertà è una seconda religione.

Ora si urla un po’ di più, ma poi ci sarà il silenzio. E resterà un brutto ricordo da dimenticare.

Ma non spegnerà la stagione degli incendi che non hanno limiti nello spazio e nel tempo.

Crotone è abituata agli incendi.

Mi limito a ricordare i primi anni 2000. C’è stato un anno dove piromani professionisti muniti di veicolo appiccavano incendi, usando come bersaglio automobili di privati cittadini. Questa storia è andata avanti per un anno almeno. Non c’era notte che il bollettino delle auto bruciate non fosse aggiornato. Nel quartiere Tufolo, in una piazzetta adibita a parcheggio, andarono a fuoco ben otto veicoli con fiamme che arrivavano molto alto.

A Crotone le macchine bruciavano.

Ma anche qualche attività è finita in fiamme.

E non sembra che la politica fosse presente a commentare e a condannare e a prendere le distanze. E neanche a discuterne all’interno di qualche consiglio comunale e o provinciale. Meglio stare zitti sul mostro. Lasciamo la cronaca lavorare e la giustizia pure, nel più completo silenzio.

Ma la vicinanza a quei cittadini che hanno perso la loro macchina o la loro attività non era mai stata espressa.

Io ricordo. Magari ci sarà stata della solidarietà nel silenzio, il che sarebbe anche un bene. Ma il silenzio nell’omertà suona spesso come una beffa. Anzi, è una beffa.

Potrei raccontarvi di centinaia di attentati dolosi (e incidenti) accaduti negli anni.

Quello che non va alimentato è l’accanimento moralistico su episodi, indubbiamente gravi, che però vanno contestualizzati e ragionati. Non puoi parlare di attentato se non hai le prove materiali, non puoi parlare di odio se non sai che cosa è pur esprimendolo, e non puoi parlare di innocenza a priori quando magari i potrebbe essere più colpevoli di quel che si pensa.

Io ero presente quando è divampato l’incendio a Parco Pignera. Ero andato a vedere il concerto della Rino Gaetano Band al quartiere dei 300 alloggi. Ho visto partire i pompieri, confidando nella loro professionalità. Ho visto anche le fiamme, ma ho visto anche il più basso istinto moralistico in diretta.

Sono uscite delle storie. Sono usciti anche degli attacchi verso determinate persone. Il processo non si è fatto attendere.

E nel frattempo il vero mostro si è dileguato, perché magari ha ottenuto quello che voleva.

Crotone ha prodotto dei mostri. Certo. Non è complottismo. Si tratta del malessere che si crea all’interno di una società che non vuole armonizzarsi, e che passa da un estremo all’altro. Quando si stava bene, era comodo il silenzio. Ma quando si comincia a star male, il silenzio non va più bene. E in questo frangente nascono nuove forme di mostruosità invisibili. E nel medesimo lasso temporale non si accorge di essere ancora ciechi.

Non ho scritto questo articolo per condannare a priori. Scrivo per comprendere. Perché se voglio trovare il mostro, devo provare a comprenderlo. Non giustificarlo, ma comprenderlo.

In tutto questo urlare al colpevole, è sfuggito un elemento al quale dovremmo un po’ tutti guardare al meglio. Non ci sono stati feriti, e nemmeno vittime. Soprattutto all’incendio di Corso Messina, visto che il palazzo in questione è ubicato vicino ad altre abitazioni.

I pompieri hanno spento le fiamme.

Da altre parti qualcuno dovrebbe spegnere il nero della propria anima.

E ammettere che la stagione degli incendi non ha una sua stagionalità.

Il mondo è cattivo finché voi lo vorrete. In fondo Crotone ha una sua anima cattiva, e questo perché ha voluto tralasciare quella piccola fiamma di bene che andava alimentata. Crotone è piena di problemi. Ma è anche piena di difetti. Il più delle volte non si guarda oltre al proprio orticello. Non si accende la mente e non si accende il cuore.

In un contesto come questo si accende qualche altro tipo di fiamma. Inevitabilmente, soprattutto se in questo posto si sopravvive più che vivere. E in tal contesto l’odio si alimenta facilmente come una fiamma che brucia un foglio di carta che poi diventerà cenere.

Forse è per questo che sarebbe meglio provare a comprendere piuttosto che puntare il dito. Perché Crotone ha una malattia che dura da troppo tempo. E si fa poco per curarla con dovizia. E di certo non la curi con il dito accusatorio assommato alla demagogia.

Aurélien Facente, 30 maggio 2022

Rino Gaetano è un patrimonio di tutti, non un’esclusiva di sinistra.

Ho studiato e vissuto il mito di Rino Gaetano negli anni della mia gioventù crotonese. In merito ad un celebre concerto tenutosi a Crotone nel 1978 fu costruita una polemica feroce che ne offuscò il mito e la grandezza fino agli anni 90′. Rino Gaetano fu un artista geniale e scomodo. La riscoperta non fu mai stata merito della politica. Chi ha alimentato la giusta valorizzazione passa da un’altra strada.

Rino Gaetano ebbe un destino tragico, ma era riuscito a conquistare il cuore di parecchi. Innanzi tutto i suoi fan che ne hanno tenuto vivo sempre il ricordo. Poi i tifosi di calcio. Già, perché le sue canzoni sono cantate spesso in alcuni stadi di calcio (vedi Crotone e Sampdoria). Negli anni 90′ è avvenuta la riscoperta intellettuale che è avvenuta non solo per merito dei famigliari, ma di un mondo intellettuale che si è espresso anche in televisione, e tramite la televisione Rino Gaetano fu riportato a Crotone.

Poi c’è stata la questione politica. Non parlo di quello che è stato fatto e di quello che non è stato fatto. Dal 1997 in poi si può dire che la popolazione crotonese adesso è fiera di Rino Gaetano, perché il processo di pacificazione è stato portato avanti da soggetti in primis che ci credevano in lui.

La politica semmai se n’è impossessata per fini elettorali. Vogliamo ricordare che a Crotone, durante le campagne elettorali, tanti candidati di sinistra e di destra hanno usato le automobili elettorali con in sottofondo tutto quello che si poteva usare come canzoni dello stesso Rino? Non hanno usato le canzoni di Rino per “apparire simpatici” e votabili? Vogliamo negare questa verità elettorale?

Possiamo anche ricordare la paradossale e controversa storia dell’ukulele durata un ventennio almeno prima di essere messo a visione del pubblico, della quale non voglio nemmeno ricordarne i dettagli.

Purtroppo in tutto questo c’è chi crede che Rino Gaetano fosse comunista o quasi.

Vi piacerebbe, eh?

Peccato che sia una storia tutta crotonese e non dimostrabile, perché frutto di una fantasia politicamente “scorretta”.

Qualche giorno fa, Jorit, un noto artista dei murales, ha realizzato nel quartiere dei 300 alloggi a Crotone un ritratto dedicato al mito di Rino Gaetano. Devo ammettere che il lavoro è notevole e meritorio, ma è stato accompagnato da una campagna Facebook senza precedenti, a tratti anche fastidiosamente retorica.

Tralasciando la fotografia dei curiosi e dei passanti, è venuta fuori immancabilmente la retorica “sinistra” del fatto che Rino Gaetano fosse per forza di sinistra. E sapete perché? Guardate la foto in basso.

Basta una scritta di troppo e già si autoalimenta la leggenda immaginaria dell’artista comunista.

Rino Gaetano è stato scomodo un po’ a tutti negli anni della sua vita perché è sì un eterno ribelle, ma non attaccato al guinzaglio di qualcuno. Parlava di vita nelle sue canzoni e non aveva obiettivamente paura di chicchessia. E la sua musica fu talmente rivolta verso tanto pubblico che non ha avuto bisogno del partito di sinistra per essere l’icona culturale che è oggi. Tanto che la riscoperta appartiene a chi lo ha amato, non a chi lo ha usato. E a Crotone c’è chi lo ha amato e difeso a spada tratta, andando anche contro quella politica che lo ha usato per secondi fini.

E, come era prevedibile, il dibattito sui simboli (davvero ridicolo) è un festival del trash (ed è un complimento).

Quando un artista muore, la sua arte sopravvive a lui. E quando viene cantata da molti (come nel caso di Rino) non abbraccia nessuna bandiera politica perché mette insieme la gente. Quindi è giusto dire che Rino Gaetano appartiene a tutti, ma non è di tutti. Appartiene a chi lo ama, e non ad una bandiera rossa. Perché così deve essere e perché la storia, che molti sanno ma fanno finta che, è molto diversa dalla manipolazione politica che qualcuno continua a tentare di fare, senza sapere che la cosa gli si rivolta contro.

E, in effetti, succede che… guardate la foto in basso.

Cancellati i simboli da parte di qualche buontempone che viene spacciato per un atto di censura fascista dai comunisti, che però dimenticano e/o ignorano che Rino Gaetano non cantava per compiacere un’idea di partito ma per raccontare alla gente la vita.

Ovviamente la masturbazione politica che si fa di questa storia, a volte, assume dei toni che rasentano la follia più pura.

Invece di farvi le masturbazioni mentali sulla questione politica, godetevi l’opera di Jorit e se proprio volete fare un favore a Rino Gaetano prendete un suo cd e cantate con lui le sue canzoni.

Rino Gaetano è qualcosa che va oltre la politica della demagogia di sinistra.

Rino Gaetano appartiene a tutti, ma non è di tutti.

Aurélien Facente, 12 maggio 2022

Il reality show di Stanchi dei Soliti, che volevan far la rivoluzione con la demagogia…

A Crotone esiste una lista che fa parte della maggioranza che governa il consiglio comunale. Questa lista civica (o movimento o partito) nasce ufficialmente nel 2010 proponendo nell’anno seguente un giovane candidato a sindaco, Andrea Arcuri, che però non raggiunge l’obiettivo di entrare nel consiglio, poi conquista (con lista civica, però) nel comune di Scandale un sindaco, Iginio Pingitore (oggi consigliere comunale di maggioranza nel Comune di Crotone), nell’Anno Domini 2013, e resta in sordina nelle elezioni comunali di Crotone nel 2016. Ritornerà ufficialmente in competizione nel 2020, appoggiando l’attuale sindaco Vincenzo Voce. Non ha partecipato a nessuna competizione provinciale, regionale e nazionale a livello ufficiale.

Stanchi dei Soliti ha accumulato già quindi qualche esperienza politica attiva. Nasce come movimento d’opposizione contro il sistema dei partiti classici, quasi parallelamente con la salita dei Cinquestelle. Erano in prevalenza ragazzi allora (oggi sono adulti) che avevano il nobile obiettivo di migliorare la città di Crotone nelle cose più essenziali. Entrano nel cuore del popolo crotonese nel 2011, pur non esprimendo un vincente, perché esprimono candidati giovani e tutti cittadini. Il nome risulta essere prorompente per gli standard dell’epoca, ma l’incostanza negli anni non permette di crescere con costanza. A differenza del cugino nazionale Cinquestelle, che comunque al governo italiano ci è arrivato.

Questo accade perché ovviamente i ragazzi appena maggiorenni devono costruirsi una vita e poi perché non incontrano un punto di continuità che li porta per qualche anno e di conseguenza a non essere presenti nelle elezioni del 2016.

Ritornano nel 2020 trovando una dimensione consona in una coalizione di liste civiche con Vincenzo Voce, e in effetti la scelta premia, ma è Voce a vincere le elezioni. Non la coalizione. Sì, perché Voce prende e guadagna consenso molto con il voto disgiunto. E nella coalizione Stanchi dei Soliti è la lista che raccoglie meno, pur avendo rinforzato i ranghi, e pur avendo più storia politica delle altre liste di coalizione.

Attualmente, e gli va dato atto, sono l’alleato più fedele del sindaco (ovviamente per la cosiddetta ragione del loro stato). ma nello stesso tempo sono la lista più criticata, anche perché le altre liste di coalizione non hanno storia politica passata e nemmeno si sa se esistono o meno. Perciò si beccano le critiche e le osservazioni, a volte anche legittime, della gente di tutti i giorni. Non tengo conto delle critiche degli avversari politici perché in questo articolo non fanno testo per motivi di propaganda.

Però questo non mi vieta di elencare i nemici politici più o meno ufficiali: tutto il centrodestra, il PD (o quasi, anche perché qualche piccolo punto in comune ce l’hanno nel pensiero), i Cinquestelle (perché sono cugini di protesta), i vecchi partiti di sinistra, ma non i nuovi. Infatti, hanno punti in comune con il neo progetto di Luigi De Magistris (che ha una sua consigliera nella maggioranza che governa il comune di Crotone).

Pregio: c’è da dire che la volontà non gli manca. Hanno un programma politico tutto loro, sono caparbi nel difendere le loro idee (anche se alcune di esse sono molto alla moda), e finora hanno mostrato fedeltà al sindaco, pur digrignando i denti per questioni non legate al Comune di Crotone.

Difetti: tanti, ma proprio tanti. La permalosità eccessiva prima di tutto. Mal sopportano il dissenso, a tal punto di voler dare qualche lezione di moralità a chicchessia. Confondono l’onestà (che è una virtù) con la bravura (che è più una capacità). E credono di essere sempre nel giusto, anche quando sbagliano. Soprattutto.

Il loro punto debole è ovviamente la comunicazione.

Hanno scelto di non avere un rapporto sereno con i media, tanto da avere un blog tutto loro, che considerano come un contenitore di verità assoluta. Ma non lo fanno con cattiveria. Purtroppo sono convinti di quello che fanno. E questo gli gioca spesso contro. Soprattutto quando si esprimono su Facebook (che usano come canale di preferenza), dove tra l’altro prendono vita dibattiti molto accesi.

Non solo sono convinti di essere sempre dalla parte del giusto, ma si autoalimentano con metodi molto propagandistici inopportuni. Complicando il messaggio, piuttosto che renderlo comprensibile.

Cadono nell’errore quando si entra nel dettaglio della questione.

Faccio un esempio, capitato proprio a me per non coinvolgere altri.

A Crotone, qualche settimana fa, c’è stato il circo. I circhi sono da qualche anno oggetto di dibattito per quanto riguarda il trattamento sugli animali. Intorno a questo argomento delicato ci sono partiti che ci hanno fatto campagne elettorali. Ma nel frattempo non si può negare che comunque le attività circensi hanno, in buona parte, voluto migliorare quello che si doveva migliorare.

Alla venuta del circo, Stanchi dei Soliti pubblica un post, dichiarando di essere contro il circo e invitando ovviamente a boicottare. Lo fa in maniera generale, ma ovviamente causando disturbo proprio al circo che Crotone ospitava (e che dal quale il Comune comunque incassa una cifra per il suolo pubblico)

Il post recitava così: “Dal 16 aprile al 2 maggio a Crotone si terrà il circo degli animali. Uno spettacolo del dolore in quanto vedrà l’esibizione di animali sottratti al loro habitat naturale per finalità di lucro.
Le iniziative promosse dai Comuni per impedire l’organizzazione degli eventi circensi hanno trovato gli ostacoli del TAR che puntualmente ha annullato le ordinanze dei sindaci o i provvedimenti dei consigli comunali.
Il caso del comune di Ladispoli è uno dei tanti esempi: il TAR del Lazio ha annullato il regolamento comunale che prevedeva il divieto degli spettacoli circensi, previsti e (addirittura) tutelati dalla Legge numero 377 del 1968. Anche il Comune di Milano ci ha provato, ma finché il Legislatore non introdurrà una normativa più tutelante i circhi potranno tenersi e i Comuni che li vietano dovranno risarcire gli organizzatori. Probabilmente la recente inclusione della tutela degli animali in Costituzione potrà favorire un’ interpretazione delle norme più tutelante ma, nel concreto, siamo ancora distanti da questo obiettivo. Cosa possiamo fare? Decidere da liberi cittadini di non andare al circo. Scegliere di opporci, con il nostro piccolo contributo che può fare la differenza. Firmato da Stanchi dei Soliti.”

Come vedete, l’accusa è lampante.

A quel punto io domando: “Avete le prove che questo circo in particolare maltratta gli animali?” Domanda legittima, perché un’accusa deve sempre avere delle prove, soprattutto quando si tratta di un caso specifico. Generalizzare può avere una logica quando si parla di un male in generale, ma quando si va nel dettaglio è sempre bene essere chiari.

La loro risposta: “Sottrarre gli animali al loro habitat naturale per finalità di lucro significa maltrattare gli animali.”

Risposta che a me non soddisfa perché confacente ad un proprio pensiero, e non a una verità oggettiva.

Allorché domando: “Rispondi solo alla domanda posta in maniera non demagogica. Hai le prove che questo circo in particolare maltratti gli animali? Hai un dossier che fotografa quello che c’è in questo circo realmente? Hai avvisato l’Asl veterinaria per verificare la fondatezza dei sospetti? Qualche domandina non difficile, anche perché il circo non è fatto solo dagli animali.”

La risposta è geniale nella sua assurdità: “Sì, abbiamo le prove, fondate sulla nostra soggettiva percezione di cosa si intenda per maltrattamento: sottrarre un animale al suo habitat naturale per finalità di lucro. Per quanto riguarda l’avviso all’ASL, non ravvisiamo alcuna potenziale violazione della Legge in quanto la nostra soggettiva percezione di maltrattamenti (vedi sopra) è addirittura legittima. Saluti.”

Quindi la loro supposizione è verità, e messi alle strette non hanno di che rispondere con serietà dinanzi ad un tema delicato. Ovvero, hanno accusato giusto per accusare, e pur avendo la prova che loro non avevano prove materiali la loro accusa infondata deve essere vista come verità. Perché lo hanno percepito, e non verificato.

Questo ovviamente è un grosso punto a sfavore. Un autogol che vale almeno tre gol contro: presunzione, supponenza e la consapevolezza di aver in parte mentito.

Ma questo può essere figlio della propria idea di essere animalista nel programma politico dedicato alla tutela degli animali. Si potrebbe perdonare, ma solo a patto di aver prodotto prove reali e non immaginarie.

Arriviamo all’ultimo esempio di propaganda culturale. Non me ne voglia Jorit, ma è solo uno degli ultimi esempi di come esagerano nel difendere e nel proporre.

L’arrivo di Jorit con relativa pubblicazione del suo ingaggio crea ovviamente un dibattito, anche perché i comunicati che sono girati hanno peccato di chiarezza, tanto da alimentare, a torto o a ragione, le basi del dissenso.

I singoli facenti parte di Stanchi dei Soliti iniziano una battaglia personale contro il dissenso, con una tecnica tutta particolare.

Loro sono bravi e onesti. Più dei predecessori, e perciò lo fanno per l’amore per Crotone (sul quale non ho dubbi). Ma loro hanno ingaggiato Jorit perché è unico e noi cittadini che critichiamo a vanvera non capiamo. Cioè loro sono bravi e puri e noi siamo i cattivi e ci dobbiamo sentire in colpa perché non abbiamo capito il senso dell’iniziativa. E così si dà il via al circolo vizioso del dibattito, alimentando il veleno e dimenticando la cosa necessaria da fare.

Spiegare magari che si tratta di un primo atto di riqualificazione urbana, al quale sopraggiungeranno altri che verranno proposti a breve. Invece no.

Certo, magari non sanno che l’Ufficio Stampa del Comune di Crotone ha qualche criticità sulla comunicazione, ma loro, senza volerlo, ci mettono e aggiungono il carico. Suscitando irritazione, e non capendo che sarebbe stato il lavoro dell’artista a fare la differenza. E che magari sarebbe bene, invece di trasmettere l’ansia da prestazione, perdere un po’ più di tempo a essere maggiormente chiari ed essere consapevoli che il dissenso, seppur poco piacevole, è legittimo, soprattutto se i dubbi posti hanno bisogno di trovare risposta.

E questo conferma proprio il loro peggior limite.

Personalmente non ho nulla contro la Lista di Stanchi dei Soliti. Fanno parte di una coalizione che legittimamente ha vinto le elezioni, e per cinque anni governeranno la città. Far cadere un sindaco è il compito difficile dell’opposizione e dei dissidenti della maggioranza.

Quindi, per me che sono rilassato, tale problema non si pone.

Ma ho un’intelligenza (e anche una certa età), perciò alla luce di un biennio posso dire che il bilancio, finora, è fatto di demagogia, supponenza, tante chiacchiere inutili e pochi fatti, nonostante oggettive difficoltà storiche.

E soprattutto una scommessa per diventare certezza deve essere vinta. Altrimenti sempre di scommessa si tratta. E in politica, di questi tempi, la parola scommessa è già un azzardo. Tanto che…

Riusciranno questi eroi ad entrare nel bello della Storia di Crotone? Lo sapremo fra tre anni. Non prima. Anche perché, oggettivamente parlando, non s’intravede un orizzonte diverso.

Al giovane leader di Stanchi dei Soliti preferisco dedicare il finale di questo simpatico articolo critico.

Giusto un detto napoletano per concludere in bellezza.

Non sò fesso, aggia fà ò fesso, pecché facenno ò fesso, te faccio fesso.

Aurélien Facente, 9 maggio 2022

NB: qualcuno mi ha fatto notare con gentilezza che gli Stanchi dei Soliti son ragazzi. Nel 2011 lo erano. Ora sono tutti adulti e vaccinati, e siamo nel 2022. I ragazzi sono stati messi da parte un bel po’ di anni fa ormai.

Psicoantropologia del consigliere comunale crotonese durante la realizzazione di un’opera d’arte

Opera di Jorit

Solitamente questo blog non torna sullo stesso argomento in pochi giorni. Ma non posso fare a meno di raccontare qualche storia curiosa intorno alla venuta di Jorit, artista campano, che sta realizzando su commissione comunale un enorme murales dedicato alla figura di Rino Gaetano in uno dei quartieri popolari, i 300 alloggi, con obiettivi molteplici e ambiziosi.

Non sto a fare l’elenco di questi obiettivi. Intanto, mentre il lavoro procede a gonfie vele, ho passato a raccogliere diverse impressioni e soprattutto mi sono divertito nel constatare che non è l’artista a vivere la pressione di una scommessa chiamata “opera d’arte”, bensì qualche consigliere di maggioranza in compagnia di qualche assessore che non vedono l’ora di farsi notare in tutto.

Ora, prendendomi alcuni passaggi dell’opera (ancora in fase di realizzazione al momento in cui scrivo), mi sono divertito nel verificare che tali soggetti della maggioranza soffrono di una sorta di protagonismo isterico.

Era comprensibile che il sindaco Voce e qualche altro, nel momento in cui partiva il cosiddetto ok, si facessero qualche foto di rito. Fa parte del gioco. E ci sta.

Quello che viene dopo è stato curiosamente folle.

Tolti i curiosi, il che è già di buon auspicio visto che l’opera risulta già essere efficace, mi ha preoccupato la fame di protagonismo con conseguente accettazione forzata di un’impresa nella quale i nostri consiglieri, addirittura, avvertono più pressione dell’artista stesso.

Pubblicano foto. Fanno vedere che sono partecipi. Hanno iniziato una propaganda all’unisono (soprattutto quelli della lista Stanchi dei Soliti, ma non solo) perché l’evento deve essere visto, saggiato, digerito, approvato. Come dei sacerdoti di chissà quale religione che vi bussano alla porta di casa per convertirvi.

Addirittura vogliono e pretendono che gli altri siano felici ed eccitati come loro, e se non si approva la loro felicità allora si è cattivi, non si ama la città e altre palle del genere.

Cioé, in breve, documentano fino all’inverosimile pur di fare una guerra immaginaria in un contesto dove non c’è mica bisogno di farsi la guerra (perché sono loro che la fanno, o provano a farla). E quando la fanno, piagnucolano. Già, perché il loro scopo è avere tanta visibilità con tanto di approvazione annessa.

Peccato, però, che non sono loro che svolgono il lavoro di Jorit, che già nelle immagini già presenti su Facebook dimostra che l’opera sta conquistando proprio perché la gente comune ama scoprire da sola in questi casi, e non perché si mette di mezzo qualche consigliere (e qualche maritino di troppo) per fare la morale, scema tra l’altro perché si cerca di… Bah, non perdo tempo ad esprimermi.

In poche parole che cosa succede?

Che l’opera nello svolgersi comincia a conquistare il proprio consenso. Come era abbastanza prevedibile. Tra l’altro senza l’aiuto e il selfie di qualche personalità di troppo. Il lavoro, quando viene visto nella sua applicazione, conquista sempre il rispetto. Lo sanno anche i bambini. Certi consiglieri no. Perché hanno fame di consenso popolare con approvazione perpetua, e quando non ce l’hanno ovviamente li avvelena e fa loro usare termini invasivi ed equivoci. Un comportamento adolescenziale molto ormonale che, ovviamente, suscita antipatia perché vorremmo che i consiglieri fossero più adulti e meno adolescenti. Ma si sa che la maturità è un concetto abbastanza soggettivo.

Come scriveva la scrittrice inglese Jeanette Winterson, l’arte ha l’incredibile potere di mettere a nudo tutto.

In questo caso, l’opera di Jorit (che è iniziata il 4 maggio nella realizzazione) batte un record invidiabile a livello antropologico. Ci fa vedere chiaramente lo stato psicofisico di alcuni consiglieri e /o assessori che proprio non ce la fanno a rilassarsi e a godersi la realizzazione con calma. Proprio non ce la fanno, e allora è come se nell’atto masturbatorio (mi scuso per il termine usato) avessero proprio bisogno di provare l’orgasmo. Cioè soffrono di ansia da prestazione.

Il mio umile suggerimento sarebbe: lasciate respirare l’opera mentre nasce, e lasciatela libera di conquistare.

Però non credo che questo concetto possa entrargli in testa.

Cercasi sessuologo per curare i nostri consiglieri.

Non me ne voglia l’artista Jorit, ma francamente non mi aspettavo di assistere ad un’invasione di psicopatologie sessuali, tra l’altro trasmesse su Facebook, con tanto di discussioni molto perditempo e nevrotiche.

Resto in ogni caso sicuro che quest’opera comunque lascerà un gran bel ricordo qui a Crotone. E non è poco in un periodo complicato come l’attuale.

Aurélien Facente, 5 maggio 2022