Media pornografici e sadomasochisti in offerta agli spettatori spaventati dal Covid-19

Ammetto di non vedere la tv da almeno sei mesi. Ma in realtà non la vedo da oltre un anno, tranne quando c’è qualche buon film o qualche buon documentario. Prima la spegnevo, ma da quando ho cambiato abitazione non mi è venuto nemmeno la voglia di comprarla. Se voglio vedere un film, mi basta il PC. Cuffia, davanti allo schermo e via.

   Però, per motivi “istruttivi”, devo vedere lo stato dei media italiani, giornali e tv in primis. E mi rendo conto del peggioramento.

   In Italia la situazione mediatica è degenerata a livelli pornografici mai visti. Neanche le più agguerrite pornostar arrivano a tal punto. Anzi, adesso vedere un film osé è più utile che vedere tanti talk show buoni solo a urlare, urlare e fare stupida morale.

   Guardate lo scandalo in Calabria. Un commissario alla sanità che si dimette perché non fa il commissario alla sanità. Una serie di giustificazioni scritte qua e là, e il commissario (che annuncia le dimissioni, presentandole) va in televisione senza nemmeno provare vergogna e si offre in pasto al pubblico televisivo. E con che storia poi, addirittura stupefacente.

  Non parliamo poi del seguito.

  Cotticelli è il classico mostro da prima pagina da mettere al patibolo.

  Ma se uno accetta, se vogliamo affidarci al senso logico, allora vuol dire che la sa lunga. Talmente lunga che tra qualche giorno finirà nel dimenticatoio e si godrà una bella pensione (oltre alle partecipazioni televisive future) che gli permetterà di vivere bene, in faccia a chi lo ha insultato su Facebook e spernacchiato.

   Un mostro offerto così per far parlare gli altri.

   Ma nessuno si chiede se nel frattempo si sono presi provvedimenti, nel senso che magari viene messo a punto quello che manca.

   No, ai poveri spettatori (poveri non tanto, ma scemi sì perché cascano nello sfogo social) che sono tanto spaventati da questo Covid-19 che viene visto come il Virus dell’Apocalisse (e chissà perché questo virus apocalittico ci riserva giornalmente tanti guariti, che tra l’altro dovrebbero infondere fiducia proprio perché si guarisce).

   Il 2020 è un anno tragico. Gente che si ammala. Molti muoiono, ma tanti guariscono. E nel frattempo una nuova arena romana è offerta al pubblico. Panem et circenses, direbbe qualche celebre antico romano. Penem et circenses sarebbe il titolo più esaustivo.

   Sì, perché i limiti sono ovviamente superati alla grande.

   In Tv si condanna la gente perché si ammala, i politici condannano i cittadini che si infettano, trovano il fannullone di turno e lo mettono in pubblica piazza ma poi le cose, se si faranno, avanzano con lentezza. E poi sempre la stessa storia, poi soprattutto qui in Calabria con la sanità ridotta ai minimi termini assistenziali.

   Vi offriamo il commissario Cotticelli in televisione, ma poi continuerete a parlare e sparlare. E nel frattempo i responsabili si defilano e si nascondono. Sì, perché quel signore fa parte di un sistema collaudato e mai riparato, proprio perché non si voleva riparare.

   Non dare la colpa al governo. No, do la colpa a chi ha voluto questa situazione, favorendola proprio nascondendosi perché è sicuro del suo nascondiglio.

   E poi ci sono loro. Uomini e donne dei media. La Barbara che t’insegna come mettere la mascherina e ti fa le interviste al politico come se quel politico non avesse nessun tipo di responsabilità, oppure vai dal Giletti e tutti gridano e ti fanno la morale.

   In un paese normale, uno col grado di generale che si sarebbe fatto i comodi suoi sarebbe stato immediatamente arrestato e processato con l’accusa di alto tradimento, con tanto di condanna a carico. E con lui tutti i responsabili dello schifo.

   Ma intanto vanno in televisione e prendono le prime pagine, diventando divi del pubblico televisivo affamato del mostro.

   Mi ricordo che negli anni 80’ c’era una commissione per l’infanzia che ci deliziò della censura a danni di Devilman e di Ken il Guerriero, accusati di ispirare i giovani a fare i criminali.

   Oggi la commissione non interviene perché non le conviene, e poi non si tratta di Ken o Devilman, creature irreali che però poi ti parlano di onore, amicizia, rispetto paradossalmente, e nonostante la violenza mostrata fanno di tutto per porvi fine.

   Però si tratta di mettere in mostra persone che ti dicono spudoratamente che sono state lì a fregarsi lo stipendio, pagato bene dallo Stato, a sua volta pagato bene dai cittadini, che guardano ipocritamente il programmino televisivo per poi scandalizzarsi successivamente sui social.

   E nel frattempo arriva il comico che prende appunti e ne fa le imitazioni.

   E tutti a consolarci stando nel peggio, senza aver risolto nulla.

   Capisco di far parte di un mondo lontano dalla tv della merdiocrità (badate bene, ho scritto merdiocrità), e che nutre bene il popolo che si fa fregare perché attirato dalla pornografia televisiva spacciata per informazione. Un’informazione nichilista che non offre la via del ravvedimento, della seconda possibilità, della voglia del riscatto.

   Che cocktail tragico!

   Poi ti dicono che lo fanno per arrivare primi alla notizia. Conosco gente che arriva prima pure per raccontare stronzate o farle addirittura.

   E il popolo televisivo accetta lo schifo intessendo un rapporto sadomaso vero e proprio.

   Andando avanti, la gente spegnerà e non crederà più.

   L’overdose di coronavirus ha già fatto il suo.

   Io ho spento la tivù e non voglio riaccenderla e nemmeno acquistarla. Sono un essere umano e pretendo rispetto. Da chi mi governa in primis. Ma anche da chi mi offre la merda.

   Volete un amichevole consiglio: spegnetela anche voi.

Avete diritto a una dignità. Quindi, per favore, andatela a riprendere

Aurélien Facente, novembre 2020

Politica social e le psicosi dell’elettore su Facebook

Politica strana quella di oggi. Oggettivamente non è la politica degli anni 80’, dove comunque c’era una politica che si occupava che l’Italia facesse la sua figura agli occhi del mondo. Al tempo delle elezioni, i politici ci mettevano la faccia e chiedevano personalmente il voto.

   Poi nel 1992 Tangentopoli.

   Arrivò il Berlusconismo che segnò la politica fino al 2010 più o meno. Silvio c’è ancora, ma ora è la zampa azzoppata del centrodestra. La sua storia caratterizzò molto l’Italia. Nello stesso tempo, i suoi avversari di sinistra furono tanti, ma mai così consistenti da farsi amare oggi.

   E nel frattempo i mezzi di comunicazione sono cambiati.

   Ma anche la politica è cambiata.

   E ciò ha influenzato la gente, e di parecchio.

   Un tempo, le elezioni erano un appuntamento atteso. C’era il dibattito tra le persone anche dentro un bar. C’era il culto della libera opinione. Ci si avversava, ma alla fine si sapeva che era il voto a fare la differenza. Nel bene e nel male.

   Oggi il voto passa attraverso i social. Ognuno si fa la sua paginetta Facebook, il suo profilo Facebook, su Twitter (per chi lo sa usare), e su Instagram (per chi lo sa usare). C’è anche chi si fa il canale YouTube personalizzato (molto utile a dire il vero). Tutti hanno il sito internet personalizzato.

   Ma tutti, più o meno, ti chiedono l’amicizia su Facebook o di mettere Mi Piace alle loro paginette elettorali.

   I candidati passano al virtuale e alla stupida legge del gradimento.

   Metti mi piace così sei figo anche tu.

   Ma se provi a criticare, allora non va bene.

   Certo, la critica va saputa scrivere. Non tutti possono criticare. Ma nella democrazia, quella che tutti predicano, è ipocrita chiudere la bocca.

   Siamo in una società strana.

   Oggi viviamo un eccesso di democrazia come non era mai avvenuto negli anni precedenti. Usiamo la parola con il commento. Scriviamo come parliamo. E veniamo fraintesi. E invece di essere noi stessi, facciamo in modo di piacerci. Oppure ci offendiamo, perché ognuno di noi pensa, sbagliando, di dover piacere per forza a tutti. E censuriamo se c’è qualcosa che non ci piace.

   Siamo dentro il mondo virtuale, dimenticandoci che il vero dialogo si fa fuori il PC.

   Non ci rendiamo conto, ma nel calderone Facebook ci mostriamo come tifosi e basta. Un eterno sfottò contro l’avversario. E ci scandalizziamo quando determinati comportamenti escono. Nei social diamo peso all’istinto, e non alla ragione. Anzi, se c’è qualcuno di più intelligente (e ragionevole) lo allontaniamo. Lo definiamo pesante. Non mette in foto le vrasciole (carne macinata fritta e impanata, secondo la classica ricetta crotonese, che in ogni famiglia è cucinata con i propri usi e tradizioni), perciò non è uno di noi. Salvo poi, magari, fare un passo indietro e fermarsi un po’ a osservarne i contenuti.

   Già, i contenuti. Quelli che fanno la differenza. Contenuto. Una parola troppo pesantuccia da capire oggi. Meglio la leggerezza. Tutto deve essere leggero. Guai a parlare di profondità. Guai a parlare di differenza. Qui devi essere figo e positivo. Sei su Facebook.

   E anche la politica, così, preferisce avere i like. E così tutto naviga nel leggero, nel superficiale, nel tragicomico.

   Un tragicomico che ha fatto molto male agli italiani.

   Non c’è nulla di male se andiamo dietro a una moda.

   Ma andando dietro la moda dell’uniformarsi all’interno dei social abbiamo scoperto che non ci amiamo proprio in realtà. Facciamo uno sforzo enorme a capire l’altro oggi, e allora preferiamo allontanarci.

   Quando arriva il periodo elettorale però, ecco che esce il tifoso cattivo dentro di noi. I politici sono tutti uguali. Ladri e delinquenti. Egoisti e ignoranti. In questo aggiungeteci lo scontro tra fascisti e comunisti, con l’inadeguatezza dei cinquestelle. Poi magari ti accorgi che c’è qualche persona molto brava, ma non sai se votarla. Non sai nemmeno se ci vai a votare, perché poi hai degli amici che non votano, perché votare non serve a niente. Già, non esprimersi non serve più a niente. Meglio la leggerezza, meglio continuare a essere fighi e simpatici su Facebook. Meglio questo. Almeno qui non ti attacca nessuno. Però poi scopri che vivi male, che non stai bene, e non sai nemmeno come dirlo.

   Oddio, sono diventato negativo. Come oso riflettere in questo panorama digitale? Beh, lo faccio e basta. Anzi, lo scrivo pure e non me ne pento. Proprio perché esprimo il mio pensiero, voglio farti capire che puoi farlo anche tu. E se non piaci, pazienza. Ma meglio essere se stessi e non piacere. Perché dall’altra parte sapranno che c’è una persona e non un misero like.

   La politica è social ormai. Fa tutto per piacersi.

   Ma l’elettorato si esprime in maniera psicotico. Ci odiamo perché vorremmo un mondo migliore, ma non lo abbiamo perché ci preoccupiamo dell’essere positivi su Facebook. Quello conta.

   Già. Ma poi?

   Lo sapete che un giorno avrete bisogno di altro, e che per averlo bisognerà saper andare ben oltre le superfici?

Aurélien Facente, 2019