Top Gun: il sogno segreto di mio papà

Papà adorava gli aerei. Papà era un patito. Quando ero piccolo, il professor Alfredo Facente mi portava nelle manifestazioni aeree che si tenevano in Francia, tra l’aeroporto di Roanne e di Lapalisse. Papà mi portò a vedere la pattuglia acrobatica italiana all’aeroporto Sant’Anna, e quando vedeva i jet volare e fare le coreografie ritornava bambino. Papà, in cuor suo, voleva volare.

Ma, ahimé, la vista non glielo permetteva. Ha dovuto “accontentarsi” di restare un uomo d’acqua, vista la sua grande passione per il nuoto.

Nel 1986 sbarcò nei cinema il film “Top Gun” diretto da Tony Scott, con un Tom Cruise proiettato verso il successo.

Papà andò a vederlo al cinema Ariston nell’ottobre 1986. Ci andò da solo. Voleva portarmici, ma purtroppo mi prese la rosolia, una malattia dell’infanzia. E se ne fece una colpa. Perché vedere Top Gun al cinema gli permise di entrare nell’abitacolo dell’F-14 americano.

Al ritorno dal cinema, era mosso dalla meraviglia di un bambino. Spoilerava il film, adorava Tom Cruise, e soprattutto descriveva il valore di amicizia tra Maverick e Goose. Ma per lui era il volo che contava.

“Top Gun” fu trasmesso in tv per la prima volta da Canale 5. Ho dovuto accontentarmi dello schermo televisivo di un vecchio Grundig nel tardo 1988 per vedere le prodezze di Maverick.

Papà era sempre il bambino che amava volare. Io, a dire il vero, ero più affascinato dalla colonna sonora più che dagli aerei.

Però guardavamo le repliche, almeno una l’anno.

Passarono gli anni, e papà mi disse: “Guarda che vogliono fare il seguito. Dobbiamo vederlo quando uscirà. Dobbiamo vederlo al cinema perché voglio che tu abbia la stesa voglia di volare che ho io.”

E rimase in attesa di questo Top Gun che non arrivava, nonostante cercasse notizie sull’inizio della produzione. Si era pure messo in testa di scrivere una lettera diretta a Tom Cruise, dicendogli di sbrigarsi. Perché voleva semplicemente vederlo con me.

Gli anni sono passati.

Papà morì nel 2019. Una malattia tremenda. Però Top Gun lo teneva legato a me. Nei giorni lunghi del suo letto, mi chiedeva se avevano iniziato le riprese. Gli avevo dato la notizia che il film era entrato in produzione nel 2018 e che Tom Cruise sarebbe tornato a recitare nel ruolo di Maverick.

Papà, prima della sua dipartita, mi fece promettere che sarei andato al cinema con lui appena si fosse ripreso. Perché voleva volare con me.

Purtroppo per il prof. Alfredo Facente la chiamata in cielo fu anticipata.

Ieri 26 maggio sono andato a vedere il secondo Top Gun con Tom Cruise.

Ore 21.27 pago il biglietto del cinema Apollo.

Ore 21.30 inizia il film.

Mi siedo da solo, nel posto che papà ed io sceglievamo quando andammo a guardare altri film in passato. Mi sono messo nella posizione abituale, lasciandogli la poltrona alla mia sinistra. E ho guardato il film. L’ho guardato come lo avrebbe voluto vedere papà. Gli avevo promesso che avrei pagato il biglietto per vederlo.

E in qualche modo, mia impressione, era come se fosse stato accanto a me. Nelle scene di volo avrei visto i suoi occhi brillare, e poi magari si sarebbe voltato verso di me per assicurarsi che lo spettacolo mi piacesse.

Il film termina.

Le luci in sala si accendono.

E papà se n’è andato.

Esco con una piccola lacrima.

Arrivederci, papà. In qualche modo lo abbiamo visto insieme.

Grazie, Tom Cruise. Alfredo Facente in qualche modo è riuscito a volare di nuovo, con me nella cabina di pilotaggio.

Aurélien Facente, 27 maggio 2022

Rino Gaetano è un patrimonio di tutti, non un’esclusiva di sinistra.

Ho studiato e vissuto il mito di Rino Gaetano negli anni della mia gioventù crotonese. In merito ad un celebre concerto tenutosi a Crotone nel 1978 fu costruita una polemica feroce che ne offuscò il mito e la grandezza fino agli anni 90′. Rino Gaetano fu un artista geniale e scomodo. La riscoperta non fu mai stata merito della politica. Chi ha alimentato la giusta valorizzazione passa da un’altra strada.

Rino Gaetano ebbe un destino tragico, ma era riuscito a conquistare il cuore di parecchi. Innanzi tutto i suoi fan che ne hanno tenuto vivo sempre il ricordo. Poi i tifosi di calcio. Già, perché le sue canzoni sono cantate spesso in alcuni stadi di calcio (vedi Crotone e Sampdoria). Negli anni 90′ è avvenuta la riscoperta intellettuale che è avvenuta non solo per merito dei famigliari, ma di un mondo intellettuale che si è espresso anche in televisione, e tramite la televisione Rino Gaetano fu riportato a Crotone.

Poi c’è stata la questione politica. Non parlo di quello che è stato fatto e di quello che non è stato fatto. Dal 1997 in poi si può dire che la popolazione crotonese adesso è fiera di Rino Gaetano, perché il processo di pacificazione è stato portato avanti da soggetti in primis che ci credevano in lui.

La politica semmai se n’è impossessata per fini elettorali. Vogliamo ricordare che a Crotone, durante le campagne elettorali, tanti candidati di sinistra e di destra hanno usato le automobili elettorali con in sottofondo tutto quello che si poteva usare come canzoni dello stesso Rino? Non hanno usato le canzoni di Rino per “apparire simpatici” e votabili? Vogliamo negare questa verità elettorale?

Possiamo anche ricordare la paradossale e controversa storia dell’ukulele durata un ventennio almeno prima di essere messo a visione del pubblico, della quale non voglio nemmeno ricordarne i dettagli.

Purtroppo in tutto questo c’è chi crede che Rino Gaetano fosse comunista o quasi.

Vi piacerebbe, eh?

Peccato che sia una storia tutta crotonese e non dimostrabile, perché frutto di una fantasia politicamente “scorretta”.

Qualche giorno fa, Jorit, un noto artista dei murales, ha realizzato nel quartiere dei 300 alloggi a Crotone un ritratto dedicato al mito di Rino Gaetano. Devo ammettere che il lavoro è notevole e meritorio, ma è stato accompagnato da una campagna Facebook senza precedenti, a tratti anche fastidiosamente retorica.

Tralasciando la fotografia dei curiosi e dei passanti, è venuta fuori immancabilmente la retorica “sinistra” del fatto che Rino Gaetano fosse per forza di sinistra. E sapete perché? Guardate la foto in basso.

Basta una scritta di troppo e già si autoalimenta la leggenda immaginaria dell’artista comunista.

Rino Gaetano è stato scomodo un po’ a tutti negli anni della sua vita perché è sì un eterno ribelle, ma non attaccato al guinzaglio di qualcuno. Parlava di vita nelle sue canzoni e non aveva obiettivamente paura di chicchessia. E la sua musica fu talmente rivolta verso tanto pubblico che non ha avuto bisogno del partito di sinistra per essere l’icona culturale che è oggi. Tanto che la riscoperta appartiene a chi lo ha amato, non a chi lo ha usato. E a Crotone c’è chi lo ha amato e difeso a spada tratta, andando anche contro quella politica che lo ha usato per secondi fini.

E, come era prevedibile, il dibattito sui simboli (davvero ridicolo) è un festival del trash (ed è un complimento).

Quando un artista muore, la sua arte sopravvive a lui. E quando viene cantata da molti (come nel caso di Rino) non abbraccia nessuna bandiera politica perché mette insieme la gente. Quindi è giusto dire che Rino Gaetano appartiene a tutti, ma non è di tutti. Appartiene a chi lo ama, e non ad una bandiera rossa. Perché così deve essere e perché la storia, che molti sanno ma fanno finta che, è molto diversa dalla manipolazione politica che qualcuno continua a tentare di fare, senza sapere che la cosa gli si rivolta contro.

E, in effetti, succede che… guardate la foto in basso.

Cancellati i simboli da parte di qualche buontempone che viene spacciato per un atto di censura fascista dai comunisti, che però dimenticano e/o ignorano che Rino Gaetano non cantava per compiacere un’idea di partito ma per raccontare alla gente la vita.

Ovviamente la masturbazione politica che si fa di questa storia, a volte, assume dei toni che rasentano la follia più pura.

Invece di farvi le masturbazioni mentali sulla questione politica, godetevi l’opera di Jorit e se proprio volete fare un favore a Rino Gaetano prendete un suo cd e cantate con lui le sue canzoni.

Rino Gaetano è qualcosa che va oltre la politica della demagogia di sinistra.

Rino Gaetano appartiene a tutti, ma non è di tutti.

Aurélien Facente, 12 maggio 2022

Quando la street art a Crotone non era ancora street art (ovvero un ricordo di Pino Attivissimo)

Ha fatto parlare i social crotonesi l’opera di Jorit dedicata a Rino Gaetano, ormai consegnata alla città di Crotone. Non si discute la qualità di Jorit, che ha fatto obiettivamente un’opera meritoria.

Ma la propaganda culturale che qualche “nano pseudoculturale” ha scritto e fatto, come se la street art proposta in questi giorni dalla attuale giunta comunale fosse “La Novità” a Crotone.

Oggi racconterò di un signore che, ahimé, non ho conosciuto di persona. Ma sono cresciuto con i racconti delle sue imprese e mi ritengo fortunato di aver potuto vedere alcune opere sue, di cui una molto particolare che si troverebbe nella pinacoteca comunale di Bastione Toledo, però ormai custodita chissà dove visto che la struttura è chiusa da anni ormai.

Per alcuni è una leggenda, per altri è un personaggio controverso, e per tutti è deceduto troppo presto. Il suo talento era profondo, geniale, anticipatore. Sì, perché Attivissimo si potrebbe definire come il “primo artista mediatico” della storia di Crotone, soprattutto nei concetti visivi che riuscì a esprimere in gran parte della sua produzione.

Pino Attivissimo fu un artista molto attivo a Crotone (ma non solo). Un punto di rottura con un certo classico che albergava nell’arte crotonese, fatta di ritratti e paesaggi e miti. In realtà, Attivissimo fu un esponente culturale che abbracciò vari tipi di arte visiva, dalla pop art alla street art, ma sempre avendo uno stile tutto suo, molto innovativo per i standard dell’epoca.

Fu addirittura capace, una volta, di realizzare una mostra di dipinti in mezzo al mercato ortofrutticolo di Crotone, portando le sue opere in uno dei posti più frequentati dalla gente in mezzo alla strada, usando come cornice dei suoi dipinti pezzi di cartone. Una forma di “arte popolare” per stare in mezzo alla gente. Un concetto che lo avvicinò in quel frangente proprio alla concezione del più celebre Keith Haring, che concepì a sua volta il concetto di avvicinamento dell’Arte verso la sensibilità della gente più comune. E la strada era proprio il mezzo da usare. Strada intesa come piazza, quartiere, mercato o anche luoghi come i bar o i ristoranti. L’artista doveva avvicinarsi alla gente più comune perché anche le persone di tutti i giorni avevano il sacrosanto diritto di godersi l’arte da vicino senza passare da una galleria o da un museo. Un modo per far sentire le persone parte di qualcosa che potrebbe rendere la visione della vita in modo più positivo.

Attivissimo all’opera con un esperimento artistico in mezzo alla strada, il cosiddetto Manifesto

Pino Attivissimo ha prodotto tanti contenuti nella sua breve vita. Ma quello che ha prodotto è un’evoluzione del linguaggio dell’arte. Più che l’estetica, era un esploratore del contenuto.

Il suo street art più celebre fu proprio il Manifesto. Un giorno attaccò al muro della carta da manifesto bianca e coinvolse la gente di tutti i giorni a scrivere e disegnare nella massima libertà.

Erano gli anni 80′ a Crotone. Era una Crotone operaia del profondo meridione calabro. Era una Crotone ibrida, fatta di abitanti figli di tradizione e figli pronti a sfidare il passato. Dentro il Manifesto c’era la scrittura, ma c’era il pensiero comune di voler raccontare il presente. Un racconto visivo scritto con la testa delle persone in mezzo ad una strada.

Un gesto artistico che pochi ricordano, ma che poi sarà ripreso sotto altre forme.

La voglia di provocare come concetto artistico e oggi mediatico.

Non ho avuto la fortuna di conoscere Pino Attivissimo di persona. Ho potuto conoscerlo solo cercando le sue opere e le poche testimonianze. Ho conosciuto alcuni suoi amici, e ho conosciuto chi lo ha ospitato. Ho avuto modo quindi di conoscerne il concetto artistico, all’epoca molto anticipatore e forse per questo oggi un po’ dimenticato.

Di certo, Pino Attivissimo ruppe le regole del gioco.

Oggi sarebbe da ricordare.

Anni fa, al castello Carlo V, ci fu una mostra dedicata alla sua memoria.

Ma Pino Attivissimo, perdonatemi, non è un artista che si vede in una sala mostra. Attivissimo fu un artista che usava gli ambienti per raccontare una storia. Il concetto del Manifesto è solo un esempio. Così come la mostra al mercato ortofrutticolo. Così come altre piccole grandi imprese, molte sul fare arte in mezzo alla gente. Che è poi lo stesso concetto che Jorit ha espresso attraverso il ritratto di Rino Gaetano.

All’epoca di Attivissimo non c’erano le telecamere compatte degli smartphone, così come non c’erano Facebook e Instagram, e molto probabilmente sarebbero stati strumenti funzionali per quello che lo stesso Attivissimo concepiva.

Io sono un blogger che ha il dovere di ricordare quello che altri ignorano o peggio hanno voluto dimenticare. E qui a Crotone, città dove vivo, spesso dimenticano.

Quindi ecco qui la conclusione della mia storia.

A Crotone c’era una volta un artista che si firmava Pino Attivissimo. Un giorno scese tra le strade di Crotone, e fece l’attacchino. Sui muri apparvero dei manifesti bianchi, e diede modo ad altri di esprimere quello che volevano, senza nessuna censura.

Erano gli anni 80′ di una Crotone industriale e operaia, di una Crotone con abitanti molto inclini alla tradizione che si trovarono con la possibilità di esprimere con la scrittura un pensiero, e per la prima volta potevano esprimerlo senza reprimersi. Bastava usare una penna e scriverlo su un manifesto attaccato al muro.

Anche questa è street art.

Aurelien Facente, 11 maggio 2022

Il reality show di Stanchi dei Soliti, che volevan far la rivoluzione con la demagogia…

A Crotone esiste una lista che fa parte della maggioranza che governa il consiglio comunale. Questa lista civica (o movimento o partito) nasce ufficialmente nel 2010 proponendo nell’anno seguente un giovane candidato a sindaco, Andrea Arcuri, che però non raggiunge l’obiettivo di entrare nel consiglio, poi conquista (con lista civica, però) nel comune di Scandale un sindaco, Iginio Pingitore (oggi consigliere comunale di maggioranza nel Comune di Crotone), nell’Anno Domini 2013, e resta in sordina nelle elezioni comunali di Crotone nel 2016. Ritornerà ufficialmente in competizione nel 2020, appoggiando l’attuale sindaco Vincenzo Voce. Non ha partecipato a nessuna competizione provinciale, regionale e nazionale a livello ufficiale.

Stanchi dei Soliti ha accumulato già quindi qualche esperienza politica attiva. Nasce come movimento d’opposizione contro il sistema dei partiti classici, quasi parallelamente con la salita dei Cinquestelle. Erano in prevalenza ragazzi allora (oggi sono adulti) che avevano il nobile obiettivo di migliorare la città di Crotone nelle cose più essenziali. Entrano nel cuore del popolo crotonese nel 2011, pur non esprimendo un vincente, perché esprimono candidati giovani e tutti cittadini. Il nome risulta essere prorompente per gli standard dell’epoca, ma l’incostanza negli anni non permette di crescere con costanza. A differenza del cugino nazionale Cinquestelle, che comunque al governo italiano ci è arrivato.

Questo accade perché ovviamente i ragazzi appena maggiorenni devono costruirsi una vita e poi perché non incontrano un punto di continuità che li porta per qualche anno e di conseguenza a non essere presenti nelle elezioni del 2016.

Ritornano nel 2020 trovando una dimensione consona in una coalizione di liste civiche con Vincenzo Voce, e in effetti la scelta premia, ma è Voce a vincere le elezioni. Non la coalizione. Sì, perché Voce prende e guadagna consenso molto con il voto disgiunto. E nella coalizione Stanchi dei Soliti è la lista che raccoglie meno, pur avendo rinforzato i ranghi, e pur avendo più storia politica delle altre liste di coalizione.

Attualmente, e gli va dato atto, sono l’alleato più fedele del sindaco (ovviamente per la cosiddetta ragione del loro stato). ma nello stesso tempo sono la lista più criticata, anche perché le altre liste di coalizione non hanno storia politica passata e nemmeno si sa se esistono o meno. Perciò si beccano le critiche e le osservazioni, a volte anche legittime, della gente di tutti i giorni. Non tengo conto delle critiche degli avversari politici perché in questo articolo non fanno testo per motivi di propaganda.

Però questo non mi vieta di elencare i nemici politici più o meno ufficiali: tutto il centrodestra, il PD (o quasi, anche perché qualche piccolo punto in comune ce l’hanno nel pensiero), i Cinquestelle (perché sono cugini di protesta), i vecchi partiti di sinistra, ma non i nuovi. Infatti, hanno punti in comune con il neo progetto di Luigi De Magistris (che ha una sua consigliera nella maggioranza che governa il comune di Crotone).

Pregio: c’è da dire che la volontà non gli manca. Hanno un programma politico tutto loro, sono caparbi nel difendere le loro idee (anche se alcune di esse sono molto alla moda), e finora hanno mostrato fedeltà al sindaco, pur digrignando i denti per questioni non legate al Comune di Crotone.

Difetti: tanti, ma proprio tanti. La permalosità eccessiva prima di tutto. Mal sopportano il dissenso, a tal punto di voler dare qualche lezione di moralità a chicchessia. Confondono l’onestà (che è una virtù) con la bravura (che è più una capacità). E credono di essere sempre nel giusto, anche quando sbagliano. Soprattutto.

Il loro punto debole è ovviamente la comunicazione.

Hanno scelto di non avere un rapporto sereno con i media, tanto da avere un blog tutto loro, che considerano come un contenitore di verità assoluta. Ma non lo fanno con cattiveria. Purtroppo sono convinti di quello che fanno. E questo gli gioca spesso contro. Soprattutto quando si esprimono su Facebook (che usano come canale di preferenza), dove tra l’altro prendono vita dibattiti molto accesi.

Non solo sono convinti di essere sempre dalla parte del giusto, ma si autoalimentano con metodi molto propagandistici inopportuni. Complicando il messaggio, piuttosto che renderlo comprensibile.

Cadono nell’errore quando si entra nel dettaglio della questione.

Faccio un esempio, capitato proprio a me per non coinvolgere altri.

A Crotone, qualche settimana fa, c’è stato il circo. I circhi sono da qualche anno oggetto di dibattito per quanto riguarda il trattamento sugli animali. Intorno a questo argomento delicato ci sono partiti che ci hanno fatto campagne elettorali. Ma nel frattempo non si può negare che comunque le attività circensi hanno, in buona parte, voluto migliorare quello che si doveva migliorare.

Alla venuta del circo, Stanchi dei Soliti pubblica un post, dichiarando di essere contro il circo e invitando ovviamente a boicottare. Lo fa in maniera generale, ma ovviamente causando disturbo proprio al circo che Crotone ospitava (e che dal quale il Comune comunque incassa una cifra per il suolo pubblico)

Il post recitava così: “Dal 16 aprile al 2 maggio a Crotone si terrà il circo degli animali. Uno spettacolo del dolore in quanto vedrà l’esibizione di animali sottratti al loro habitat naturale per finalità di lucro.
Le iniziative promosse dai Comuni per impedire l’organizzazione degli eventi circensi hanno trovato gli ostacoli del TAR che puntualmente ha annullato le ordinanze dei sindaci o i provvedimenti dei consigli comunali.
Il caso del comune di Ladispoli è uno dei tanti esempi: il TAR del Lazio ha annullato il regolamento comunale che prevedeva il divieto degli spettacoli circensi, previsti e (addirittura) tutelati dalla Legge numero 377 del 1968. Anche il Comune di Milano ci ha provato, ma finché il Legislatore non introdurrà una normativa più tutelante i circhi potranno tenersi e i Comuni che li vietano dovranno risarcire gli organizzatori. Probabilmente la recente inclusione della tutela degli animali in Costituzione potrà favorire un’ interpretazione delle norme più tutelante ma, nel concreto, siamo ancora distanti da questo obiettivo. Cosa possiamo fare? Decidere da liberi cittadini di non andare al circo. Scegliere di opporci, con il nostro piccolo contributo che può fare la differenza. Firmato da Stanchi dei Soliti.”

Come vedete, l’accusa è lampante.

A quel punto io domando: “Avete le prove che questo circo in particolare maltratta gli animali?” Domanda legittima, perché un’accusa deve sempre avere delle prove, soprattutto quando si tratta di un caso specifico. Generalizzare può avere una logica quando si parla di un male in generale, ma quando si va nel dettaglio è sempre bene essere chiari.

La loro risposta: “Sottrarre gli animali al loro habitat naturale per finalità di lucro significa maltrattare gli animali.”

Risposta che a me non soddisfa perché confacente ad un proprio pensiero, e non a una verità oggettiva.

Allorché domando: “Rispondi solo alla domanda posta in maniera non demagogica. Hai le prove che questo circo in particolare maltratti gli animali? Hai un dossier che fotografa quello che c’è in questo circo realmente? Hai avvisato l’Asl veterinaria per verificare la fondatezza dei sospetti? Qualche domandina non difficile, anche perché il circo non è fatto solo dagli animali.”

La risposta è geniale nella sua assurdità: “Sì, abbiamo le prove, fondate sulla nostra soggettiva percezione di cosa si intenda per maltrattamento: sottrarre un animale al suo habitat naturale per finalità di lucro. Per quanto riguarda l’avviso all’ASL, non ravvisiamo alcuna potenziale violazione della Legge in quanto la nostra soggettiva percezione di maltrattamenti (vedi sopra) è addirittura legittima. Saluti.”

Quindi la loro supposizione è verità, e messi alle strette non hanno di che rispondere con serietà dinanzi ad un tema delicato. Ovvero, hanno accusato giusto per accusare, e pur avendo la prova che loro non avevano prove materiali la loro accusa infondata deve essere vista come verità. Perché lo hanno percepito, e non verificato.

Questo ovviamente è un grosso punto a sfavore. Un autogol che vale almeno tre gol contro: presunzione, supponenza e la consapevolezza di aver in parte mentito.

Ma questo può essere figlio della propria idea di essere animalista nel programma politico dedicato alla tutela degli animali. Si potrebbe perdonare, ma solo a patto di aver prodotto prove reali e non immaginarie.

Arriviamo all’ultimo esempio di propaganda culturale. Non me ne voglia Jorit, ma è solo uno degli ultimi esempi di come esagerano nel difendere e nel proporre.

L’arrivo di Jorit con relativa pubblicazione del suo ingaggio crea ovviamente un dibattito, anche perché i comunicati che sono girati hanno peccato di chiarezza, tanto da alimentare, a torto o a ragione, le basi del dissenso.

I singoli facenti parte di Stanchi dei Soliti iniziano una battaglia personale contro il dissenso, con una tecnica tutta particolare.

Loro sono bravi e onesti. Più dei predecessori, e perciò lo fanno per l’amore per Crotone (sul quale non ho dubbi). Ma loro hanno ingaggiato Jorit perché è unico e noi cittadini che critichiamo a vanvera non capiamo. Cioè loro sono bravi e puri e noi siamo i cattivi e ci dobbiamo sentire in colpa perché non abbiamo capito il senso dell’iniziativa. E così si dà il via al circolo vizioso del dibattito, alimentando il veleno e dimenticando la cosa necessaria da fare.

Spiegare magari che si tratta di un primo atto di riqualificazione urbana, al quale sopraggiungeranno altri che verranno proposti a breve. Invece no.

Certo, magari non sanno che l’Ufficio Stampa del Comune di Crotone ha qualche criticità sulla comunicazione, ma loro, senza volerlo, ci mettono e aggiungono il carico. Suscitando irritazione, e non capendo che sarebbe stato il lavoro dell’artista a fare la differenza. E che magari sarebbe bene, invece di trasmettere l’ansia da prestazione, perdere un po’ più di tempo a essere maggiormente chiari ed essere consapevoli che il dissenso, seppur poco piacevole, è legittimo, soprattutto se i dubbi posti hanno bisogno di trovare risposta.

E questo conferma proprio il loro peggior limite.

Personalmente non ho nulla contro la Lista di Stanchi dei Soliti. Fanno parte di una coalizione che legittimamente ha vinto le elezioni, e per cinque anni governeranno la città. Far cadere un sindaco è il compito difficile dell’opposizione e dei dissidenti della maggioranza.

Quindi, per me che sono rilassato, tale problema non si pone.

Ma ho un’intelligenza (e anche una certa età), perciò alla luce di un biennio posso dire che il bilancio, finora, è fatto di demagogia, supponenza, tante chiacchiere inutili e pochi fatti, nonostante oggettive difficoltà storiche.

E soprattutto una scommessa per diventare certezza deve essere vinta. Altrimenti sempre di scommessa si tratta. E in politica, di questi tempi, la parola scommessa è già un azzardo. Tanto che…

Riusciranno questi eroi ad entrare nel bello della Storia di Crotone? Lo sapremo fra tre anni. Non prima. Anche perché, oggettivamente parlando, non s’intravede un orizzonte diverso.

Al giovane leader di Stanchi dei Soliti preferisco dedicare il finale di questo simpatico articolo critico.

Giusto un detto napoletano per concludere in bellezza.

Non sò fesso, aggia fà ò fesso, pecché facenno ò fesso, te faccio fesso.

Aurélien Facente, 9 maggio 2022

NB: qualcuno mi ha fatto notare con gentilezza che gli Stanchi dei Soliti son ragazzi. Nel 2011 lo erano. Ora sono tutti adulti e vaccinati, e siamo nel 2022. I ragazzi sono stati messi da parte un bel po’ di anni fa ormai.

Psicoantropologia del consigliere comunale crotonese durante la realizzazione di un’opera d’arte

Opera di Jorit

Solitamente questo blog non torna sullo stesso argomento in pochi giorni. Ma non posso fare a meno di raccontare qualche storia curiosa intorno alla venuta di Jorit, artista campano, che sta realizzando su commissione comunale un enorme murales dedicato alla figura di Rino Gaetano in uno dei quartieri popolari, i 300 alloggi, con obiettivi molteplici e ambiziosi.

Non sto a fare l’elenco di questi obiettivi. Intanto, mentre il lavoro procede a gonfie vele, ho passato a raccogliere diverse impressioni e soprattutto mi sono divertito nel constatare che non è l’artista a vivere la pressione di una scommessa chiamata “opera d’arte”, bensì qualche consigliere di maggioranza in compagnia di qualche assessore che non vedono l’ora di farsi notare in tutto.

Ora, prendendomi alcuni passaggi dell’opera (ancora in fase di realizzazione al momento in cui scrivo), mi sono divertito nel verificare che tali soggetti della maggioranza soffrono di una sorta di protagonismo isterico.

Era comprensibile che il sindaco Voce e qualche altro, nel momento in cui partiva il cosiddetto ok, si facessero qualche foto di rito. Fa parte del gioco. E ci sta.

Quello che viene dopo è stato curiosamente folle.

Tolti i curiosi, il che è già di buon auspicio visto che l’opera risulta già essere efficace, mi ha preoccupato la fame di protagonismo con conseguente accettazione forzata di un’impresa nella quale i nostri consiglieri, addirittura, avvertono più pressione dell’artista stesso.

Pubblicano foto. Fanno vedere che sono partecipi. Hanno iniziato una propaganda all’unisono (soprattutto quelli della lista Stanchi dei Soliti, ma non solo) perché l’evento deve essere visto, saggiato, digerito, approvato. Come dei sacerdoti di chissà quale religione che vi bussano alla porta di casa per convertirvi.

Addirittura vogliono e pretendono che gli altri siano felici ed eccitati come loro, e se non si approva la loro felicità allora si è cattivi, non si ama la città e altre palle del genere.

Cioé, in breve, documentano fino all’inverosimile pur di fare una guerra immaginaria in un contesto dove non c’è mica bisogno di farsi la guerra (perché sono loro che la fanno, o provano a farla). E quando la fanno, piagnucolano. Già, perché il loro scopo è avere tanta visibilità con tanto di approvazione annessa.

Peccato, però, che non sono loro che svolgono il lavoro di Jorit, che già nelle immagini già presenti su Facebook dimostra che l’opera sta conquistando proprio perché la gente comune ama scoprire da sola in questi casi, e non perché si mette di mezzo qualche consigliere (e qualche maritino di troppo) per fare la morale, scema tra l’altro perché si cerca di… Bah, non perdo tempo ad esprimermi.

In poche parole che cosa succede?

Che l’opera nello svolgersi comincia a conquistare il proprio consenso. Come era abbastanza prevedibile. Tra l’altro senza l’aiuto e il selfie di qualche personalità di troppo. Il lavoro, quando viene visto nella sua applicazione, conquista sempre il rispetto. Lo sanno anche i bambini. Certi consiglieri no. Perché hanno fame di consenso popolare con approvazione perpetua, e quando non ce l’hanno ovviamente li avvelena e fa loro usare termini invasivi ed equivoci. Un comportamento adolescenziale molto ormonale che, ovviamente, suscita antipatia perché vorremmo che i consiglieri fossero più adulti e meno adolescenti. Ma si sa che la maturità è un concetto abbastanza soggettivo.

Come scriveva la scrittrice inglese Jeanette Winterson, l’arte ha l’incredibile potere di mettere a nudo tutto.

In questo caso, l’opera di Jorit (che è iniziata il 4 maggio nella realizzazione) batte un record invidiabile a livello antropologico. Ci fa vedere chiaramente lo stato psicofisico di alcuni consiglieri e /o assessori che proprio non ce la fanno a rilassarsi e a godersi la realizzazione con calma. Proprio non ce la fanno, e allora è come se nell’atto masturbatorio (mi scuso per il termine usato) avessero proprio bisogno di provare l’orgasmo. Cioè soffrono di ansia da prestazione.

Il mio umile suggerimento sarebbe: lasciate respirare l’opera mentre nasce, e lasciatela libera di conquistare.

Però non credo che questo concetto possa entrargli in testa.

Cercasi sessuologo per curare i nostri consiglieri.

Non me ne voglia l’artista Jorit, ma francamente non mi aspettavo di assistere ad un’invasione di psicopatologie sessuali, tra l’altro trasmesse su Facebook, con tanto di discussioni molto perditempo e nevrotiche.

Resto in ogni caso sicuro che quest’opera comunque lascerà un gran bel ricordo qui a Crotone. E non è poco in un periodo complicato come l’attuale.

Aurélien Facente, 5 maggio 2022

Jorit a Crotone: operazione culturale o specchietto per le allodole?

Didascalia comunale per l’annuncio di Jorit a Crotone

Io non conosco personalmente l’artista dei murales conosciuto come Jorit. Conosco alcuni suoi lavori, visti per lo più attraverso le foto di alcuni miei amici campani, che ne hanno potuto ammirare il lavoro dal vivo.

Artista notevole, bisogna ammetterlo. Sui soggetti possiamo anche discuterne per ore, ma alla fine un artista produce quello che ritiene opportuno, e se può lo vende anche al miglior offerente.

C’è anche un altro aspetto, molto sociale. L’Arte, quella con la A maiuscola, non conosce le barriere. Riunisce le persone inevitabilmente. Crea anche dibattito e dissenso, e ciò dimostra quanto un contatto con l’Arte sia quantomeno necessario nell’animo di ognuno di noi, anche di quelli che credono di non vederla.

Ebbene, notizia del 29 aprile 2022, un artista conosciuto con il nome d’arte Jorit realizzerà un murales dedicato a Rino Gaetano in uno dei quartieri popolari (i 300 Alloggi) e problematici nella città di Crotone.

C’è ovviamente un costo che sembra alto, perché a Crotone ci sarebbero altre urgenze più impellenti. Il che è vero. E già qualcuno dei consiglieri di maggioranza ci fa propaganda, parlandone come di un segno di cambiamento.

Inevitabilmente Jorit diventa oggetto di dibattito e di critica.

Opera di Jorit

Ognuno può dire la sua.

Anche sul costo dell’operazione.

Ma sarebbe inutile. Io non credo che il lavoro di Jorit, quando sarà realizzato, potrà cambiare il volto della città di Crotone per darle la rinascita che merita. Ci vuole anche altro, soprattutto altro. E non dovrebbe essere un lavoro isolato tra l’altro.

Perché nell’immediato, Jorit realizzerà la sua opera in maniera professionale. Solo il fatto di vederlo all’opera permetterà di sicuro la visione di un’esperienza artistica di cui il quartiere un po’ ne guadagnerà a livello d’immagine. Ma poi ci sarà il resto da fare. Già, il resto.

Altrimenti si avrà l’impressione di avere un gioiello in mezzo al deserto.

Io considero, per quel che concerne l’operazione, l’arrivo di Jorit a Crotone un esame importante, che però va visto in un’ottica non immediata. Bisogna spingere lo sguardo ben oltre. Il che, conoscendo l’antropologia crotonese, pone ovviamente qualche dubbio (non sulla capacità dell’artista che resta sempre di alto livello) sull’operazione.

La polemica che si è innescata su Jorit riguarda il costo dell’operazione. Questa deformità del costo è la trappola mentale alla quale i partiti italiani ci hanno abituato con la classica (loro) idea del risparmio a discapito dell’investimento.

Perché un’opera d’arte, qualunque essa sia, è un investimento che frutta nel tempo, soprattutto se parliamo di turismo o di antropologia di quartiere, e nel caso specifico parliamo di murales.

Prima o poi Crotone dovrà iniziare a vendere la sua immagine, incoraggiando proprio il confronto e avvalendosi del servizio della visione esterna. Purtroppo è abbastanza risaputo che alcuni nostri artisti locali da soli non bastano (questa è una storia lunga e complessa), e già mi aspetto che anche i locali diranno la loro sulla sempreverde domandina: perché lui e io no?

Il che potrebbe esserci anche una buona ragione dietro, proprio per la facilità in cui è stata trasmessa la notizia. Jorit sarà un caso isolato, oppure si proseguirà con altre opere di riqualificazione urbana artistica magari coinvolgendo anche artisti nostrani? Domanda lecita, ma potrebbe esserci la trappolina economica dietro. Una cosa che verrà chiarita, spero. Perché molti artisti locali hanno speso energia a Crotone senza ricavarci il giusto. E questo è uno dei problemi mai risolti a Crotone perché i patti chiari non sempre sono amicizie lunghe…

Opera di Jorit

Io sono convinto dell’idea che Jorit sia un’opzione necessaria. Non posso dire se sarà vincente o no, ma necessaria. Perché la città di Crotone deve essere raccontata non attraverso i crotonesi, ma tramite le esperienze di chi viene a operare.

Un artista le racconta meglio certe cose. Fidatevi. Ed è questo che serve. Altrimenti continueremo a vivere in un’isoletta sempre da soli per la gioia di chi la realtà non la vuole nemmeno guardare in faccia.

E infine una prospettiva nel mondo bisogna pur darsela. Crotone fa parte del mondo oppure no?

Ecco perché non starei a guardare il costo dell’operazione, ma piuttosto la qualità di ciò che sarò realizzato.

A patto che non sia oggetto della classica propaganda politica che ha inquinato gli ultimi anni di Crotone.

Vorrei concludere con una foto provocatoria. Che è la seguente:

Opera anonima

Ecco, la mia domanda è questa: volete un po’ di buona e sana bellezza a Crotone, anche se ha un costo, oppure volete continuare ad assistere a situazioni degradanti come questa che vedete? Volete un po’ di sano colore nelle zone grigie della città o volete che la stessa rappresentazione imbratti il muro sotto casa vostra? Volete combattere il degrado con qualche esempio di bellezza o volete che qualche artistoide nostrano continui nella sua opera di “cattiva immagine” ai danni di una città che deve provare a ripartire?

Per finire: il capitolo “cultura ed estetica cittadina” fanno parte della spesa di una città. C’è anche un obbligo legislativo su questo, per chi non lo sapesse. Il problema è da dove provengono i soldi? Io sostengo che bisogna spendere quando si può, perché il trucco del risparmio politico è sempre lo stesso: risparmiare per non investire.

E questo ovviamente non ce lo possiamo più permettere eticamente.

Un in bocca al lupo a Jorit ovviamente.

Aurélien Facente, 30 aprile 2022

La Madonna, i fuochi e la guerra

Il decennio tra il 2020 e il 2030 sarà ricordato nella storia come il decennio dell’ipocrisia travestita da perbenismo. Non credo che ci possano essere altre conclusioni per quello che si sta vivendo. Inutile nascondersi dietro facciate immaginarie, usando tra l’altro la scusa di una guerra, tragica, che non è l’oggetto del contendere.

Il dibattito sarebbe stupido, direbbe qualcuno con superficialità.

Tutto si basa dalla notizia che a Crotone, per il ritorno di una festa sentita come quella della Madonna di Capo Colonna, non ci sarà il rito dei fuochi d’artificio che erano il simbolo dell’arrivo di Maria dal mare (o dalla terra trainata dai buoi, che avviene ogni sette anni).

La scusa ufficiale: la guerra in Ucraina perché a Crotone ci sono profughi che non vorrebbero ascoltare il suono dei fuochi.

Sui fuochi d’artificio si sono fatti dibattiti anche in nome della difesa degli animali, ma non è questo il succo dell’argomento.

C’è un discorso d’insieme. La domenica della Madonna di Capo Colonna è la sera dove tutta la città si sente tutt’una. Il lungomare strapieno è un’occasione per stare insieme. I fuochi d’artificio sono la scusa per rivedersi. Al di là del materialismo, è un momento dove nessuno è nemico e tutti aspettano con gioia l’arrivo della Madonna.

C’è il discorso economico pure. Certo, perché negli anni pandemici l’economia è stata parecchio frenata. La vita stessa è stata frenata.

La Madonna è la figura cristiana che celebra la nascita, la vita.

Festeggiarla nel migliore dei modi possibile avrebbe di sicuro guarito una comunità che in questi due anni si è tremendamente ferita. Quanto odio è passato per i social nei due anni pandemici, dove conterranei si accusavano l’uno contro l’altro, anche con epiteti violenti, solo perché dovevano fare la spesa? E chi ha pensato a tutte quelle attività che sono rimaste aperte al minimo, perché lo Stato Italiano s’era inventato con il CTS una serie di norme limitative che andavano anche contro la logica del virus stesso? E chi ha pensato a tutte quelle persone che sono state buttate dentro casa con un’estrema violenza ad aspettare nell’angoscia che quell’incubo in qualche modo finisse?

Ed ecco che quando la normalità di una festa sentita diventa il desiderio di una speranza cercata, arriva un qualcosa che ovviamente fa rizzare le antenne.

A Crotone non ci sarà il festeggiamento previsto con i fuochi. Meglio una festa più spirituale all’insegna del pensiero per quei poveri ucraini che combattono la guerra contro i russi, e per quei profughi che sono qui che potrebbero risentirne.

Niente di più falso e ipocrita.

Chi fugge dalla guerra, lo fa per vivere. Chi fugge dalla guerra ha piacere a vivere qualche sprazzo di normalità. Figuriamoci se poi si trova dentro una città che si riaccende tra i colori. Magari potrà provare un po’ di risentimento per via della lontananza. Ma chi fugge dalla guerra ha bisogno di speranza, non di essere la scusa che la vita non deve continuare, soprattutto per i padroni di casa che lo ospitano.

La pace è simboleggiata dal colore.

La morte dal silenzio.

E la festa della Madonna di Capo Colonna è una festa che celebra la vita, ovvero il miglior messaggio della Pace.

Puoi accettare il discorso spirituale, ma non la menzogna. Anche se sembra una scusa apparentemente plausibile.

Perché poi qualcuno si pone delle domande. E magari scopre che nei paesi vicini i festeggiamenti ci stanno eccome. I paesi limitrofi a Crotone sì e la città capoluogo no? Che contraddizione!

La verità dove sta?

Non parliamo di verità, ma di oggettività.

La Chiesa, si sa, non si è opposta alla politica italiana durante la fase pandemica. Ma anche la stessa ha dovuto fare i conti con i budget. Perché anche per loro non è circolato il denaro abituale. Meno messe, meno matrimoni, meno funerali, meno momenti di carità, meno momenti di donazione. Anche la Chiesa ha subìto gli effetti del governo italiano. Quindi si trova in ristrettezze economiche, e allora deve fare delle scelte obbligate. Tutto qui.

Un problema di budget annuale.

Non la guerra in Ucraina.

Una bugia di comodo usata pensando che questo non alimentasse un dibattito. Niente di più sbagliato.

Sì, perché la gente ha preso più consapevolezza dopo il trauma delle chiusure. Forse non arriverà ad ammettere a se stessa alcune cose, ma alla speranza non può rinunciare. La fede senza la speranza non è fede. E la speranza è rappresentata anche da simboli rumorosi come i fuochi d’artificio, ma oggi esistono anche le alternativi, come i droni o anche i palloncini da lanciare in aria. E poiché esistono alternative che non vengono considerate, allora ecco la verità logica: non c’è il budget e si devono fare delle scelte che chiameranno sacrifici.

Però dietro il sacrificio ci deve essere la speranza, altrimenti il sacrificio non vale la pena.

Vale per tutto.

Io sono d’accordo se per una volta si deve accettare la scelta di un’organizzazione. Sono d’accordo nel provarla a viverla più spiritualmente. Sono d’accordo a vedere ristretta ulteriormente una festa.

Ma di sicuro non sono d’accordo di vivere una festa annunciata con l’ipocrisia di una menzogna.

La Festa della Madonna di Capo Colonna è una festa di pace e di vita. E solo per questo sarebbe bene essere sinceri una buona per tutte. Perché la sincerità è la vera chiave della fede. Quella vera, s’intende.

Aurélien Facente, 27 aprile 2022

E così accadde che i crotonesi si svegliarono in una città buia e malandata…

Ho preferito prendere una lunga pausa dal blog. Per due anni ho provato a dare una continuità, ma l’italiano medio non legge. Poi in epoca Covid questa caratteristica è aumentata. Per un biennio bello e buono non sono riuscito, proprio per motivi di scarsa attenzione, di raccontare bene quello che andava raccontato.

Vivo e abito a Crotone, una piccola città sul Mar Ionio, e come ogni luogo ci sono pregi e difetti. Uno dei maggiori difetti del crotonese è la profonda fede in mamma televisione. Quindi quando la tragedia Covid è cominciata, immaginate l’attaccamento alla televisione, con il suo nutrito esercito di narratori dell’apocalisse.

Ho passato due anni nella città più ipocondriaca del mondo. Raccontarne l’esperienza è come vivere un film di fantascienza vero e proprio. Immaginate un posto dove gli abitanti si credono di vivere per forza in un’isola felice lontano dagli eventi del mondo, e immaginate quando gli eventi del mondo bussano alla porta.

Uno degli effetti più balordi di questa situazione è l’effetto psicosi, tra l’altro realizzato ad arte proprio dall’infodemia nazionale.

Qualsiasi autore/blogger/scrittore avrebbe delle serie difficoltà a raccontare anche una bella favola.

E così il sottoscritto ha rinunciato fino ad un certo punto, mantenendo giusto qualche finestra narrativa, ma non continuativa come un blogger dovrebbe fare.

Crotone è la città ultima d’Italia in tutto. Lo dice la classifica economica del Sole 24Ore, che tiene conto di tutti gli aspetti. Ma non importa. Stiamo chiusi e lontani da tutti. C’è il contagio e condanniamo gli altri.

Sulla paura non discuto, ma sono abituato a leggere la Storia e a fare indagini. Esperienza vuole che quando vedi una massa che punta lo sguardo verso una direzione, ogni tanto è meglio guardare altrove. Chissà che non ci trovi qualche sciacallo che ti ruba dentro casa e tu non te ne accorgi. L’eccessiva convinzione della prudenza è credere di essere prudenti. Ed è su questo che giocano gli sciacalli.

La paura paralizza. Non hai tempo per pensare. Anzi, ti è proibito pure pensare. E ovviamente la mascherina anticontagio ti permette di mascherare bene questa situazione.

E intanto tutti a guardare la tv, da Sanremo al talk show dove al posto di esseri umani trovi un pollaio dove non si capisce niente e non si conclude niente.

E nel frattempo, tutti convinti che questi grandi eroi che si vedono in tivù saranno capaci di salvare la situazione. Tanto stiamo chiusi in casa. Meglio. E se qualcuno parla del contrario, allora è un coglione sovversivo.

Peccato che il coglione sovversivo, conoscendo la razza umana, è abituato a prendere appunti e a tenere la barca sempre direzionata nonostante le tempeste della cattiveria. Il che non vuol dire vincere, ma tenersi pronto alle brutte evenienze che possono presentarsi. Il che vuol dire già godere di un vantaggio.

Quando conosci gli sciacalli e gli avvoltoi, sai benissimo che se ci hai a che fare rischi seriamente di non avere più nulla il giorno successivo. E quando accade, ti dannerai solo per te stesso. Perché tu li hai lasciati entrare e hai guardato dall’altra parte.

La paura è normale. Ma non affrontarla no.

E poi un giorno ti svegli. E scopri che la tua città non è il paradiso fiorente di due anni fa. Povertà aumentata, disoccupazione aumentata a dismisura, incertezza e sapere che il governo se ne fotte tranquillamente della città di Crotone, tra l’altro amministrata da una compagine politica che non si rende conto nemmeno di come ha vinto e perché ha vinto, frutto di una convinzione che è più un’illusione mitologica del proprio essere o non essere politico. Ma qui il discorso merita un racconto a parte. Un brusco risveglio dove ti accorgi che Crotone (come altre città italiane) non è più il paradiso raccontato.

Lo dico subito. Non adoro questa situazione. Crotone non merita tutto questo male. Ma un pochino se l’è cercata, tra l’altro in anni pre pandemia. Il Covid ha solo scoperchiato la fragilità del sistema Crotone. E lo ha scoperchiato con estrema violenza tra l’altro. Direi anche in maniera raffinata, visto che la distrazione di massa basata sulla paura ha permesso agli sciacalli di nascondersi per bene sotto la maschera di un certo perbenismo.

Lo so che ho scritto un articolo cattivo.

Ma i fatti parlano abbastanza chiaramente nel tempo.

La situazione era precaria già prima. Se a questa ci aggiungiamo la cappa della supponenza, quella della presunzione, e infine quella della paura, allora il mix è micidiale. E la ragione si perde in questo mix salvo poi svegliarsi e accorgersi che forse il cervello andava usato ben prima.

Non offendetevi, cari cittadini. Io, nel mio piccolo, l’avevo detto che bisognava stare molto attenti. Molto, ma molto attenti. Perché uno sguardo intorno andava sempre fatto. Fermarsi a riflettere sarebbe stata una cosa già di per sé obbligata.

Ora vi ritrovate in questa piccola città buia, silenziosa, dove la gente non vivepiù con il sorriso, dove la parola futuro ormai è diventata un delitto solo pensarla, e dove nessuno ha il coraggio di prendere per mano i giovani che saranno gli adulti di domani. Già, perché ormai è meglio star fermi piuttosto che ammettere che la deriva è conclamata sotto ogni punto di vista.

In fondo al tunnel c’è sempre una luce che si avvicina man mano che si cammina.

Bisogna solo camminare.

Altrimenti dentro il tunnel ci si rimane eccome.

Io ve l’avevo detto. Ora si può solo camminare, sempre che non si voglia stare fermi per paura del contagio.

Di Covid si muore mi dirà qualcuno.

Si muore anche di fame, di mancanza di lavoro, di mancanza di prospettiva.

Alla fine, si è svegli e ci si accorge di essere in un tunnel dove la luce da raggiungere è lontana. Ma non irragiungibile.

Aurélien Facente, 8 febbraio 2022

Sul perché il sindaco di Crotone si chiama Vincenzo Voce

Se l’articolo precedente parlava dell’ossessione social e mediatica intorno al sindaco di Crotone Vincenzo Voce, qui ci concentreremo sui perché questa persona è riuscita tramite elezioni a occupare il posto di sindaco dopo un anno di commissariamento.

   Si sono fatte le analisi elettorali in tutte le maniere, ma non si sono fatte  le analisi storiche e sociali, che hanno influito maggiormente rispetto a quelle elettorali, che sembrano contassero di più.

   Analizziamo lo scenario in cui si svolsero le elezioni comunali nel 2020. Città, Crotone. Stato attuale: città maglia nera in termini di qualità della vita, ovvero un posto che nel tempo ha perso tante prospettive di vita vera e propria. Nella Crotone maglia nera bisogna tenere conto che gli indicatori sociali e redditizi sono bassi, e ogni attività, soprattutto politica, ne viene pienamente coinvolta. La città di Crotone ha perso negli ultimi anni almeno qualche migliaio di abitanti, e alcuni di essi mantengono residenza per motivi fiscali e/o lavorativi. Non è un caso che le case in vendita superino la disponibilità di case in fitto. Più di diecimila abitanti in meno vuol dire ovviamente meno economia e molto meno lavoro. Per affermarsi, il dato di fatto è andare via, e difficilmente si torna a Crotone.

   Questo stato di cose è figlio di politiche scellerate che non hanno tenuto conto del cambiamento della città che doveva fare alla chiusura delle fabbriche che erano l’indotto principale della città stessa.

   L’elenco delle problematiche è lungo inoltre.

   Principale problema oltre alla disoccupazione e alla dismissione dei servizi resta la cattiva cultura.

   Questo è lo scenario. Aggiungeteci il resto voi.

   Nel 2020 inizia l’era Covid-19, qualche settimana dopo le dimissioni del sindaco precedente e della venuta di un commissario cittadino. Si era appena votato alla Regione.

   Le dimissioni di Ugo Pugliese, sindaco precedente, sono state causate da un provvedimento giudiziario che è stato oggetto di discussione molto mediatica. Prima di Ugo Pugliese ci sono stati i dieci anni di Peppino Vallone, sindaco portato dal PD e dal centrosinistra, che per dieci lunghi anni hanno fatto il bello e il cattivo tempo.

   Nei dieci anni del PD crotonese sono state chiuse o tenute chiuse strutture che potevano in qualche modo rianimare la città nel post industriale. Al quale si deve aggiungere una mancata seconda rivoluzione industriale, che non è avvenuta e che si preferisce non parlarne, tranne quando si tocca il problema inquinamento.

   In questa premessa, nelle regionali calabresi di inizio 2020, il candidato al consiglio regionale Vincenzo Voce risulta essere il più votato in città (non in provincia, badate bene) e per un soffio (causa legge elettorale regionale molto stronza) non viene eletto in consiglio. Resta il candidato più votato in città, e su questa premessa annuncia la sua candidatura a sindaco in largo anticipo sui tempi.

   Anticipo che gli andrà comodo perché arriva il Covid-19 e praticamente il lockdown chiude tutte le persone in casa.

   In una situazione inedita, il candidato Voce si fa sentire. Spesso in video ospite di un organo d’informazione locale, Voce conversa con altri ospiti. E nel frattempo fa restare costante la sua popolarità. In fondo, non ha nulla da perdere e solo da guadagnare. Di fatto è il solo politico che si esprime in video, e questo diventa fondamentale. Perché quelli di centrosinistra e di centrodestra e 5stelle stanno solo a guardare.

   Ma c’è un pubblico che guarda questo dettaglio. In un clima di paura e di incertezza si forma una sorta di sindrome di Stoccolma (ovvero un innamoramento del proprio carceriere in quanto le speranza di vita si aggrappano proprio a chi ci tiene chiusi), che vive anche il Presidente Giuseppe Conte. Tutti a casa ad aspettare, e ci rendiamo conto che sono quelle persone che coinvolgono la nostra vita. Solo che Giuseppe Conte era il premier, mentre Vincenzo Voce è il solo candidato a sindaco che parla della città chiusa dal lockdown. Questo influisce e di parecchio.

   In estate ci si libera un po’ e le campagne elettorali iniziano. All’inizio si prospettavano almeno 7 candidati a sindaco. Ne resteranno soltanto 4, perché uno di questi confluisce subito nel centrodestra, mentre gli altri due si ritirano.

   In questo scenario, si assiste alla tragedia del PD commissariato, che ovviamente influenzerà a suo modo le elezioni.

   Vincenzo Voce si presenta con tutto il cosiddetto mondo civico. Con quattro liste e tutti candidati quasi alle prime armi.

   Gli specialisti delle tendenze politiche non vedono in lui il vincitore, ma una corsa a tre.

   Tra un centrosinistra molto misto con il candidato Arcuri, un centrodestra corazzata (10 liste per 30000 elettori circa) con candidato Manica, e infine Voce con le sue liste. Molto staccato il Movimento Cinquestelle, che nella sua tragedia assomiglia molto al PD (e non credo che sia un caso che poi erano insieme allo stesso governo nazionale).

   La campagna elettorale è combattuta. Ha i suoi toni accesi. Ma lo stato psicologico della collettività votate, aspetto non volutamente tenuto in conto, decreta una gran voglia di sbattere la porta e cambiare.

   Voce è sulla bocca di tutti. Non si voterà Voce perché è un grande politico con un programma dettagliato e fattibile. Si voterà Voce perché è Voce e basta. Non appartiene a quella politica là, e tanto basta,

   Arrivano le votazioni al primo round. La corsa considerata a tre diventa in verità una corsa a due. Sia Voce che Manica superano i 10000 voti, mentre Arcuri è più staccato. Movimento 5stelle non pervenuto.

   Ballottaggio stravinto da Voce, che in questa occasione risveglia un bel po’ di sinistra. Non sia mai che quei fascistoni della Lega vadano al potere del Comune della città di Crotone. E ci fermiamo qui per quanto riguarda la storia in breve.

   Che cos’è accaduto in sostanza?

   Tutto normale all’apparenza. Solo che lo scenario psicologico è totalmente cambiato.

   Per la prima volta a Crotone non si votava il sindaco secondo tradizione, come nel caso di Vallone, e non si votava per programma elettorale, come avvenne per Pasquale Senatore, sindaco di destra tra i più ricordati d’Italia.

   Si è votato Voce senza chiedersi troppo il perché, e senza neanche guardare con chiarezza chi lo accompagnava in questo progetto. Non è un caso che, sempre in termini di popolarità, Voce supera tutta la giunta e gran parte del consiglio comunale.

   Se la campagna elettorale fosse durata di più, molto probabilmente il risultato sarebbe stato diverso.

   Se non ci fosse stato il lockdown e l’assenza di politici che avrebbero quantomeno dovuto rincuorare i cittadini in una situazione odiosa per tutti.

 

  Voce ha vinto con un risultato gigante proprio per demerito (e assenza) degli altri. Non è un caso che lui ha preso tanti voti, addirittura di quasi tre volte sopra rispetto alle liste che lo accompagnavano. Tanto che se Voce stesso non fosse stato votato nel disgiunto, il centrodestra con quel 49.9% avrebbe potuto vincere. Ma, ahimé, tra fan della sinistra, una coalizione da corazzata Potemkin (quella fantozziana per intenderci) e la sottovalutazione della questione psicologica non si poteva vincere. Tanto che la gente ha visto i cocci e ha preferito un vaso intero. Non bello, ma intero. Quindi si può dire che il demerito degli altri è stato l’ultimo alleato di Voce.

   E grazie a questa storia, si può spiegare perché Voce è diventato sindaco per democrazia di voto sì, ma con una responsabilità di cancellare la “vecchia politica”. Solo che per farlo occorre possedere un’educazione culturale molto grossa. Fattore purtroppo non presente nella compagine politica del sindaco. Una rivoluzione che ha avuto il sapore di una meteora.

   Oggi ci stanno molti pentiti tra quelli che hanno sostenuto Voce. Tra questi anche ex alleati (ma qui merita un discorso tutto a parte) e gente che lo ha votato, salvo poi pentirsene. Ma se questi elettori lo hanno votato, evidentemente gli altri non sono stati capaci di farlo.

   Alle elezioni alla fine ne resta solo uno. E ogni volta dobbiamo dirci: “Che Dio ce la mandi buona!”

   Già, ma mi sa che Dio ha più di qualche conto aperto alla fine dei conti.

   Alla fine ogni popolo ha il governo che si merita, proprio perché lo ha votato.

   Ora sapete in breve la storia.

Aurélien Facente, 17 novembre 2021

L’insostenibile pesantezza del sindaco Voce mediatico

C’è un curioso fenomeno mediatico nella città di Crotone. Si chiama Vincenzo Voce, e di professione fa il sindaco da almeno un anno buono. Questo simpatico signore ha deciso di avventurarsi in un’avventura scapestrata e complicata, e non c’è giorno che non se ne parli. Mi trovo costretto il più delle volte a parlarne anche io nei miei “live” perché almeno non mi annoia.

   Ma a volte bisogna fermarsi. La tua vita non può sempre passare dal parlare giorno e notte del sindaco della città maglia nera d’Italia. Mi piacerebbe parlare di altro a volte. Ci provo. Ma in una cittadina come Crotone dove la pandemia ha chiuso teatri, cinema e qualche museo (ma qui non è stata la pandemia) e dove la disoccupazione dilaga che è una bellezza, si è portati a concentrare il discorso sull’unico argomento che tiene viva la comunità: il sindaco Voce.

   Ci sarebbe il calcio, ma attualmente il Crotone Calcio non sembra di poter ammazzare il campionato. E siccome una squadra che non va bene non è argomento di entusiasmo, ecco che il principale argomento resta il sindaco con tutta la sua ciurma tra giunta e consiglio comunale.

   In questo articolo non darò un giudizio politico su Voce (anche se in un anno non è che mi sono tanto annoiato), ma proverò a capire lo strano fenomeno mediatico che si chiama Voce.

   Finisce sui giornali (è il sindaco) un giorno sì e un giorno no. Poi diventa oggetto di opinioni anche piuttosto accese. Se togliamo gli oppositori diretti (politici e mediatici), quello che lo fa diventare popolare è ovviamente la gente di tutti i giorni. Quella stessa gente che lo votò un anno senza neanche capire tanto il perché, poiché adesso ci pensa.

   Devo ammettere che a me questo tipo di fenomeno mediatico non piace assai. Perché da fenomeno mediatico diventa poi fenomeno sui social, al quale i suoi stessi alleati di governo non si sottraggono. E allora, come il 13 novembre 2021, rischi di passare un pomeriggio e una serata a trovarti immerso in una storia senza né capo e né coda, senza nessun nesso logico, e dove francamente è difficile prendere una posizione perché l’argomento è talmente basso culturalmente che fai fatica solo a dargli un senso.

   L’oggetto del contendere è una candidatura di Vincenzo Voce alla presidenza della Provincia di Crotone, un ente che serve giusto per servire. Un ente al quale è stato tolto qualsiasi coinvolgimento di voto popolare, e questo ha portato l’ente a essere uno scaricabarile. Può essere eletto anche un consigliere di misera opposizione come Presidente della Provincia. E da quando quel fenomeno politico dell’ex ministro Del Rio ci ha lasciato questo ente ridotto a colabrodo a causa di una schiforma azzardata, al suddetto ente hanno eletto (consiglieri e sindaci) sempre il sindaco della città capoluogo, così come è stato testimoniato dalle elezioni degli ex sindaci Peppino e Ugo.

   Ora toccherà a Vincenzo Voce confrontarsi, e sembra che ad accompagnarlo ci sarà il PD, un partito molto schizofrenico in questo momento storico, tanto schizofrenico che alle scorse comunali non era nemmeno presente. E il sindaco fu eletto proprio perché era distaccato, quasi, da questo partito in crisi d’identità.

   Esce la notizia di questa, quasi, improbabile alleanza. E si scatena il finimondo.

   Ieri, 13 novembre, si è raggiunta l’apoteosi dell’aspetto più trash della vicenda.

   E già la settimana era stata trash.

   Commenti su commenti, colpi di scena, comunicati stampa che arrivavano uno dietro l’altro, prese di posizione non richieste, minacce di denunce in tribunale.

   Non c’era motivo proprio di annoiarsi.

   Ma d’infastidirsi parecchio sì.

   Non prendo le difese di nessuno, tranne che del singolo utente.

   Va bene la satira, va bene approfondire la notizia, va bene la discussione da calciomercato. Ma l’ossessionarsi no. O almeno immergersi in questo mare acido su un’elezione che non coinvolge nemmeno la gente di tutti i giorni non è meritevole di dibattito pubblico.

   Vincenzo Voce, come tutti i politici al centro dell’attenzione, suscita dissenso. Ovvio. Ma mai avrei immaginato che diventasse un soggetto mediatico di immani proporzioni. Un’insostenibile pesantezza mediatica molto irritante.

   Io non me la prendo con Vincenzo Voce per questo. Ha tutta la mia comprensione umana (non politica, badate bene). Ho la seria impressione che a Crotone, dal punto di vista storico, stiamo vivendo qualcosa di inedito e che va osservato con una certa attenzione, senza farsi coinvolgere troppo dal lato emotivo.

   In una città piccola come Crotone ormai il sindaco è diventato il VIP d’eccezione. Non abbiamo altro VIP all’infuori di lui. Questo va al di là di qualsiasi discorso politico elettorale. Vincenzo Voce è riuscito in un’impresa mediatica, senza volerlo tra l’altro, che forse è riuscita solo a Silvio Berlusconi. Essere sempre sulla bocca di tanti.

   Di sicuro c’è una cosa: è grazie a questo genere di fenomeno mediatico che capisci perché Crotone è in fondo alla classifica delle città vivibili.

   Con tutto il rispetto che si può avere delle opinioni più contrastanti. Ovviamente.

Aurélien Facente, 14 novembre 2021

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