Pitagora c’era già, ma qualcuno volutamente non voleva vederlo…

L’argomento “Statua di Pitagora” è un argomento spinoso a Crotone. Solo farne un riassunto è impossibile, vista l’enorme mole di materiale che forse sarebbe più utile alla scrittura di un libro.

Nel celebre consiglio comunale dove si è svolto l’argomento “Statua di Pitagora” vi è stata una clamorosa bocciatura nella discussione tra consiglieri. Con tanto di comunicati a dir poco demenziali, non perché si deve discutere dell’abbellimento di una città, ma forse perché in seno al consiglio si è dimenticato, o fatto finta di non vedere, che già un lavoro esisteva ed era una visione offerta dallo scultore Gaspare Da Brescia che, sbagli permettendo, una visione originale del filosofo Pitagora la stava dando.

Qui alcune foto del prototipo di argilla in sequenza:

Questa sequenza, fotografata dal sottoscritto, è il grande prototipo in argilla presentato in un laboratorio pubblico nel 2012 in Piazza Pitagora, Crotone.

La seguente sequenza, sempre fotografata dal sottoscritto, presenta l’artista mentre opera sulla statua in argilla (da considerare come prototipo, e non come esemplare), per dimostrare la volontà dell’artista stesso a realizzare l’opera. Ed è ovvio che il lavoro e il materiale hanno un costo.

Adesso avrete modo di ammirare l’opera in argilla attraverso un video, sempre realizzato dal sottoscritto, per mostrare in qualche modo la portata dell’opera.

Quello che segue dopo è il cortometraggio “Pythagoras is dead? (Pitagora è morto?)” realizzato un po’ di tempo dopo e che narra la distruzione di un prototipo di cera (prototipo e non esemplare), poiché a Crotone si è più interessati a fare la chiacchiera politicamente volgare piuttosto che portare a compimento un progetto sul quale si doveva almeno iniziare la discussione sull’uso culturale di una piazza. Il cortometraggio è volutamente provocatorio ed è stato realizzato dal sottoscritto con la chiara volontà di lanciare un messaggio chiaro: volete continuare con la devastazione culturale o volete rialzarvi? La distruzione del prototipo è stata, di fatto, un reset per la discussione, Qui sotto potete vedere il corto.

Ora, siccome, custodisco gran parte del materiale fotografico del primo laboratorio Pythagoras, e ne conosco ovviamente la storia, i segreti, i materiali, il vissuto…

Ecco, sapendo che basterebbe attenersi a determinate regole perché il finanziamento per la scultura esiste già, ma non è di questo che voglio parlare qui. Non è compito mio almeno, e non bisogna essere ipocriti nel dire che il lavoro deve avere il suo riconoscimento economico. Ma queste immagini devono far capire che essendo il progetto in sé già imponente, è normale dire che tra realizzazione, promozione, comunicazione, trasporto, messa in posa, racconto, e perciò all’epoca del primo step si era pensato ad un crowdfounding (ovvero raccolta fondi), ma accompagnata da un finanziamento pubblico che avrebbe dovuto coinvolgere anche le istituzioni pubbliche, tra l’altro con tanto di comitato cittadino.

Ecco, ci sarebbe stato già un gruppo di individui che avrebbe lavorato, senza contare che avrebbe riqualificato in meglio una piazza che ha bisogno tuttora di un simbolo che non sia politico, ma culturale, poiché la conformazione stessa di Piazza Pitagora è matematica se la si osserva per bene.

Questo articolo, volutamente video e fotografico, vuole dimostrare che già il cittadino aveva adottato una visione che andava bene per due motivi: la visione classica di un filosofo che sta bene dentro la cornice di una piazza storica e poi perché la percezione stessa era ex novo, ovvero qualcosa di unico e originale. Dimostrazione quest’ultima che avrebbe dato una propria identità e che nel tempo a seguire sarebbe stato un bel biglietto da visita per la città stessa. E soprattutto ci sarebbe stato un meccanismo prezioso, usato per lo più in letteratura, ed è l’autoidentificazione. Nel bene e nel male questa scultura diventerebbe un simbolo della città perché sarebbe stata scritta e realizzata proprio dentro Crotone. Si potrebbe farlo, ma ovviamente con la volontà di farlo non di discuterci solo per chiacchierare e basta,

Testo, fotografie e video di Aurélien Facente. Le foto sono state realizzate nel 2012, mentre il cortometraggio “Pythagoras is dead?” è stato realizzato nel 2016

L’opera Pythagoras è stata iniziata da Gaspare Da Brescia nel 2012.

Dieci foto per raccontare il mio amore per Crotone

Una delle accuse più stupide che mi fanno determinati soggetti è che io offenderei gratuitamente i crotonesi. Bene, a tali soggetti offro loro un album di 10 fotografie in tutto per raccontare che io amo Crotone, e se in questo blog mi permetto di raccontare fatti poco piacevoli oltre che caratteristiche che non vanno è proprio per amore di un posto che uno come me vorrebbe veder crescere.

Perciò buona visione.

Se realmente odiassi la mia città, io non avrei mai fatto queste foto cercandone di raccontare gli attimi più belli, i colori più reali, il rispetto per i colori di un posto che nel bene e nel mare mi ha ispirato. In fondo, faccio sempre parte di Crotone. E questa è la Crotone che mi piace vedere. E che mi piacerebbe scrivere.

Testo e fotografia di Aurélien Facente, gennaio 2020

Crotone tra zone rosse, arancioni e gialle e tra carenze di tanto buonsenso e di cervelli indipendenti…

Sono stato in silenzio per un po’ di tempo. Almeno qui. Ho preferito non scrivere. Tanto non serviva scrivere. Che scrivi a fare in un paese, Crotone, fatto di abitanti che non sanno leggere. Ovvero leggono, ma leggono come parlano, perciò leggono quello che vorrebbero sentirsi leggere.

   Non tutti sono così, ma una maggior parte. Lasciate stare l’introduzione.

   Qualcuno si potrebbe offendere, ma poi quando è il giornale Sole24Ore che stila la classifica annuale del miglior posto d’Italia, ecco che Crotone risulta essere l’ultima, e questa volta è stato sottolineato l’aspetto culturale del posto. E qui nessuno che si scandalizza. Già. È inutile scandalizzarsi. Tanto noi crotonesi siamo ultimi.

   E ve lo meritate, cari concittadini. Non arrabbiatevi. Il dato di fatto è questo. I crotonesi sono ultimi.

   Qualche settimana fa, ho scritto su Facebook: “Sei di Crotone se sei demenziale e pensi di essere il top.” Una cosa del genere. Non vi dico gli attacchi personali. Ovviamente la mia era una semplice provocazione. Crotone è piena di top. Ma ci sono i top dell’eccellenza, i top della demenzialità, i top della mediocrità, i top del peggio.

   Crotone ha i suoi top del meglio e del peggio.

   Ma oggi è il peggio a proliferare.

   E il bello che si pensa di essere i migliori quando tutto il mondo vede il peggio.

   Basta farsi un giro in città e solo vedere il proliferare di cartelli vendesi tra negozi e appartamenti. Una città che non vende i suoi appartamenti non è il top.

   Una città, per essere tale, deve essere un posto dove la voglia di andare a viverci c’è.

   Appartamenti solo in vendita a discapito di quelli in fitto non è un sintomo di salute.

   E appartamenti in vendita vuol dire che molto probabilmente c’è gente che se n’è andata, ed è gente che difficilmente tornerà tranne che per qualche giorno di vacanza.

   Crotone, negli ultimi due mesi, ha vissuto il festival dei colori, passando dal giallo al rosso e ogni tanto intrattenendosi con l’arancione.

   Facebook, la piazza virtuale preferita dai crotonesi, è stato (e continua) a essere un vespaio di minchiate ultragalattiche. Faccio un esempio: postano una foto dove il Corso Via Vittorio Veneto, la zona attigua al palazzo del municipio, è piena di gente.

   Piena come però? Perché essendo un fermo immagine con prospettiva falsata tra l’altro, perché nessuno si rende conto che sono persone che camminano, che vanno per i fatti loro, tutti con le mascherine (tranne due o tre), e soprattutto non stanno fermi proprio per non creare quell’assembramento proibito dal governo e dalla televisione italiana… Bene, ecco che qualcuno posta la foto e tutti a puntare il dito contro, salvo poi capire che qualcuno dei commentatori era presente in quel falso assembramento.

   Non è demenziale scoprire qualcosa del genere. No, i signorini si offendono. E se la prendono pure. Ma solo se tu glielo dici. Poi se è il Sole24Ore a farlo, tutti zitti e muti.

   Da queste piccole cose capisci lo stato di salute mentale della popolazione.

   Nella mia misera attività di scrittore ed ex giornalista, ho avuto la bontà di comprendere che denunciare con ironia un problema non vuol dire offendere, ma far presente che c’è un problema che può essere risolto anche con un po’ di buonsenso e di ironia, quest’ultima che non guasta mai.

   No, tu hai offeso…

   Allora la mia domanda è: se siete tanto preziosi, allora perché Crotone è ultima?

   Ed ecco la scusa del vittimismo perpetuo che detta al contrario nasconde la vera verità: Crotone è ultima perché l’abbiamo voluto e perché ci piace vivere un’eterna favoletta dove ci mettiamo dentro Pitagora e Milone e siamo tutti felici e contenti.

   Voi capite che questa storiella agli occhi di chi ascolta queste motivazioni andrebbero bene per un cartone animato.

   Poi se vai avanti e approfondisci il discorso, ti rendi conto che Crotone è una città diventata paese, dove il cittadino è diventato popolano, e dove il cervello libero viene soffocato da una mandria di esserini convinti di essere il top.

   Non tutti sono così, e lo sottolineo. Conosco gente che si fa il culo a quattro per sopravvivere, e c’è gente che usa il cervello con una certa indipendenza non andando dietro alle chiacchiere dei paesani.

   Crotone è un villaggio mascherato da città, e questo comporta la verità oggettiva dell’essere ultimi.

   Bene, ora che lo sapete fatevene una ragione. Per salire la classifica e trovarsi in posizioni migliori bisogna lavorare molto su se stessi e dimostrare prima di tutto di avere dei forti limiti. E poi pian piano si risale, soprattutto usando tanto olio di gomito. E cervello soprattutto.

   Già, il cervello che è mancato, perché nell’anno del signore 2020 la gente ha preferito puntare il dito contro quello che faceva la spesa, quello che faceva uscire il cane, quello che si faceva soltanto una camminata per respirare, tra l’altro rispettando perfettamente le regole di prevenzione del coronavirus.

   Invece di vedere queste cose, una condanna continua.

   Quando determinati paesani crotonesi avranno la volontà di ammettere la loro personale paura (dovuta non solo al virus), faranno un primo passo di civiltà. E se la smettessero di usare lo smartphone per vedere quello che fanno gli altri, magari mostrando comprensione allora forse comincerà a diventare cittadino.

   Ora come ora Crotone è un posto come un altro, tra pregi e difetti.

   Può essere zona rossa, zona arancione, zona gialla. Ma la sostanza non cambiano.

   Una città la fanno i cittadini. E se Crotone è ultima è perché i cittadini stessi lo hanno voluto. Ci si potrebbe scrivere un libro.

   Comunque, buon anno e che sia un anno di risalita e non di chiacchiere su Facebook.

Aurélien Facente, gennaio 2020

Coronavirus KR – Diario dalla Zona Rossa, giorno 2 e 3

   Giorno 2, sabato mattina.

   Mi sveglio un po’ tardi. Dormo bene. Molto bene. Mi sto riprendendo la forma. La solita routine. Ti lavi e fai colazione. A casa si usa la cucina uno alla volta. Tra poco esco, e poiché in famiglia sono io quello che esce, allora le precauzioni vanno prese al massimo, anche se può costare un bacio o un abbraccio.

   Le notizie dicono che il virus sia in giro, ma ci sono parecchi asintomatici. Il che potrebbe anche essere positivo a pensarci. Ma la paura regna sovrana. Troppa paranoia in giro.

   Apro Facebook. Circola un video preso dalla tv. Un’intervista surreale a un certo generale Cottarelli. Quante condivisioni. Credo che ben presto sarà offerto alla pubblica piazza televisiva. Chissà chi si aggiudicherà l’esclusiva…

   Giorno 2, sabato pomeriggio

   Si legge. Un libro che parla di comunicazione. Non ho mai terminato gli studi, a dire il vero. Io non conosco nulla ancora. Non conosco proprio niente. Ma il mio niente è tanto rispetto al pensiero unico dominante. Non mi si perdona di non provare paura e preoccupazione. Lo so che è un comportamento odiato. Ci si allontana dal singolo per abbracciare il gruppo. Girano voci di un’altra protesta. Vogliamo scommettere che non ci sarà? Crotone non è Cosenza, non è Catanzaro, non è Reggio. Evito di leggere i commenti su Facebook sugli eventi calabresi. C’è un dato di fatto, però: la gente ha cominciato a parlare. Troverà presto la sua dimensione. Benvenuti nella realtà, calabresi.

   Giorno 2, sabato sera

   Mi manca il cinema. Mi manca sedermi sulla poltrona della sala, e stare in silenzio a guardare il film. Mi manca stare in mezzo agli altri in silenzio. Mi resta solo uscire discretamente la sera con il cane. Poi torni a casa. Mangi. Non puoi permetterti di sognare più di tanto. Devi solo badare al sodo. È iniziato il daily direct. Ogni giorno una diretta, per far vedere che sono vivo almeno. La mia sopravvivenza può essere una rassicurazione per qualcun altro.

   Giorno 3, domenica sera

   Tutti incollati allo schermo. Non io. Mi bastano le testimonianze altrui mentre sparlano della tragicommedia del generale. Io non ho mai capito a pieno il giornalismo di Giletti. Un giornalismo che fa la morale e dà ospitalità a qualcuno che tenta di uscirne fuori da qualcosa di bollente. Si vede da lontano che è costretto a trattenersi, e a dare peso alla commedia. La storia delle immediate dimissioni per poi sbarcare alla tv nazionale e darsi in pasto al pubblico può convincere la massa. Una persona sana di mente non lo fa se prima non ha il culo coperto. E nonostante la presenza di Lino Polimeni che si lancia alla ricerca di scuse ipocrite, l’effetto è quello di un brutto film comico. E la gente che ci casca pienamente perché è quello che vuole. Un bel giochino delle apparenze. Con la fabbricazione di un mostro da mettere sullo schermo, la gente dimentica il vero succo della situazione: che al governo centrale non gliene frega un cazzo dei calabresi, e che farà ben poco al momento. E offrendo il mostro in pubblica piazza, il governo si defila e non ti chiede nemmeno scusa. Non so se la gente si preoccupa di quest’elemento. Intanto lo show è solo iniziato.

   Provo a fare una diretta. Ma alla gente non gliene frega di vedere il trucco che gli hanno combinato…

Aurélien Facente, novembre 2020

Coronavirus KR – Diario dalla Zona Rossa, primo giorno

   Giorno 1, mattina.

   Mi sveglio tardi volutamente. Non ho fretta. Conosco bene le regole del lockdown. So già dove si trovano i miei confini. Mi vesto, dopo essermi opportunamente lavato. Colazione. Un saluto a mamma prima di uscire con il cane. Ispeziono la mia personale zona rossa. Ho cambiato casa da un po’. Più centrale, ma meno in vista direi. Più adeguata. Nuovi vicini. Meno confidenza. Paradossalmente più spazio di manovra.

   Ho sempre la mascherina addosso. Pochissime persone in giro. Rispetto delle distanze. Anzi, sembra proprio che la gente voglia proprio non incontrarsi. Ma ci si saluta comunque. Dopo essermi fatto il giro mattutino con il cane, riscendo con la telecamerina e faccio la mia diretta numero 1 della giornata. Ho deciso di apparire in video ogni giorno, in differenti momenti della giornata se necessario. Vale lo stesso detto del lockdown: la mia presenza rappresenta una speranza di sopravvivenza mentale per chiunque, anche se sono antipatico. Perché conferma che il virus si può in qualche modo combattere.

   Giorno 1, tardo pomeriggio.

   A casa mia non c’è la televisione. Lo smartphone e il PC sono le uniche cose che servono da ricettore di notizie. Sono convinto da tempo che il mondo mediatico in genere sia più alla ricerca del sensazionalismo verso l’orrore piuttosto che alla sostanza e alla rassicurazione. A Crotone arriva la notizia della protesta. In zona rossa molte attività restano chiuse. Bisogna prevenire il contagio. In verità è la crisi sanitaria che si vuole prevenire. Ospedali al collasso in Italia. Aumento dei contagiati. Il virus fa paura perché il racconto mediatico è impuntato sull’orrore, ma di virus ce ne stanno a migliaia sulla faccia della Terra. Solo che ogni tanto ne esce uno nuovo, figlio della sua epoca. Il Coronavirus è il perfetto virus del ventunesimo secolo. Un virus metropolitano. Un nemico minuscolo e invisibile. A distanza di qualche mese, la società ne prende inevitabilmente le misure. La scelta mediatica è quella di farne lo strumento perfetto per innalzare la paura nelle persone. La politica ne fa un uso misto. Da una parte la paura fa sempre comodo per tenere il potere in mano, che fa sempre comodo in una democrazia. Eccome se fa comodo. Non c’è mica bisogno della mascherina per affermarlo.

   Però sono sicuro che alla fine sarà sempre l’umanità a prevalere sul virus e sulla paura. Lo ascolto dalla voce di qualche amica, dalla sua voglia di sorridere e di vivere.

   Riprendo a scrivere un diario perché la mia personale testimonianza possa servire a qualcuno. Perché anche questa è una forma di solidarietà.

   Per me la mascherina non è una protezione. Assolutamente no. Per me la mascherina fa parte della corazza che indosso. Sono un cavaliere senza padrone adesso. Un cavaliere senza principessa si può dire. Ho una regina. Mia madre. Avrei voluto una principessa vicino a me. Un sorriso mi avrebbe aiutato. Ma terrò duro. Perché forse un giorno lo troverò. Ma in realtà non posso chiedermelo adesso. Ora devo soltanto pensare di essere degno del nome di mio padre, che prima di morire mi ha affidato il compito di proteggere la donna che lui stesso amava, a modo suo sempre, e che ha cercato di proteggere fino alla fine.

   Perciò non mi posso permettere di soggiogare alla paura degli altri. Perché devo fare in modo che mia madre possa sorridere. E così la mascherina diventa un elmo e il mio corpo una corazza. E devo mettere da parte il mio cuore che si dovrà accontentare di amare in silenzio.

Giorno 1, prima serata

   Un po’ di persone per le strade. L’urlo delle persone che vogliono farsi sentire, persone che vogliono vivere, che non vogliono arrendersi, che vogliono lavorare rispettando le precauzioni. Il contagio c’è. E a loro non fa paura. Sì, perché in natura l’essere umano è dotato di un meccanismo di reazione dovuto all’istinto di sopravvivenza.

   Quando vedi la gente reagire, non lo fa per mostrare la stupidità. Non è una questione di stupidità sopravvivere. È la vita che si esprime in questo modo.

   E sono felice di vedere le persone che reagiscono in questo modo. Perché il loro urlo è un segno chiaro di voler vivere e di prendere misura con la paura.

   La morte è un passaggio inevitabile dell’esistenza.

   La verità è che le persone non vogliono venire a patti con la propria fragilità, e allora puntano il dito contro per non venire a patti con le proprie paure.

   In una società dove si punta al top badando poco alla sostanza e avendo badato solo al superfluo, quando si affaccia la paura tutto viene devastato, a cominciare dall’egoismo con il quale ci ritroviamo a scontrarci.

   La polizia fa il suo mestiere di sorvegliante. Accompagna le persone per la città, facendole esprimere il proprio dissenso. I poliziotti sono esseri umani che hanno scelto di indossare la divisa, e per una volta riesco a vedere bene la loro umanità. Anche loro si unirebbero alla gente per far sentire la loro rabbia. Perché anche loro hanno una famiglia alla quale dare una risposta, una prospettiva.

   Un’epoca complicata questa. E mentre uso la mia voce per stare vicino alle persone, e mentre il mio smartphone riprende parte del racconto, la mia regola da ora in poi non sarà mai condannare qualcuno perché vuole vivere. Io condannerò solo chi vuole che gli altri si rassegnino perché bisogna assecondare la propria paura.

   Non è il periodo per assecondare l’egoismo altrui. Perché è proprio in questo genere di situazioni che lo sciacallo ama muoversi.

   Giorno 1, notte

   La mia pagina Facebook è lo strumento principale del racconto. Faccio un resoconto della giornata sempre. Non sono un giornalista. Sono un narratore. Ho cambiato l’orario del serale. Il coprifuoco è alle 22.

   La paura è presente. La gente che si collega con te a volte vuol sentirsi una favoletta contro la paura che assecondi le sue paure. E se glielo dici, ti condanna pure. Non me la prendo perché, per quanto possa ripeterlo, non è da tutti affrontare la paura a viso aperto. Ci vuole tempo, e bisogna accumulare un’esperienza in poco tempo. Si tratta di una scelta.

   Quando spengo il collegamento, vado sul balcone che affaccia su una via principale. Semafori lampeggianti, luci urbane, e un fottuto silenzio anomalo. E l’impressione di essere incatenato a qualcosa, ma non sai cosa. Provo a dormire.

Aurélien Facente, novembre 2020

Coronavirus KR – Come sopravvivere alla psicosi di un ipotetico secondo lockdown?

Vi faccio l’annuncio. In caso di improbabile lockdown, io mi divertirò. Ho la testa addestrata per farlo. Non ci credete? Ho tutto quello che mi serve per sopravvivere mentalmente, e sarò anche un pochino stronzo nel farlo.

   Ho delle regole preziose, però, se pensate di sopravvivere bene a un nuovo lockdown (che non sarà nazionale stavolta).

   Sono regole di puro suggerimento che potrebbero servirvi in caso doveste arrangiarvi per troppo tempo dentro casa.

   La prima regola è spegnere la TV, o usatela solo per guardare qualche film. I telegiornali sono fatti in modo per trasmettervi angoscia, mentre le trasmissioni di approfondimento sono frustranti. Spegnete e curate la serenità. Se siete soli, dovete contare su voi stessi e basta, perciò eliminate qualsiasi fonte di angoscia. Andate solo sul sito dell’Ansa oppure andate sul sito del ministero della Salute.

   La seconda regola è imparare bene le regole, anzi esercitate la memoria. La regole, nel suo insieme, hanno una flessibilità. Vi danno sempre un’alternativa, anche se non la vedete. Imparare bene le regole vuol dire ripeterle con rispetto a chi fa uso della divisa del poliziotto, che sapendo che le conoscete userà sempre flessibilità e rispetto, perché conoscere a memoria le regole vuol dire anche collaborare e soprattutto non perdere tempo.

   La terza regola è l’educazione. Siate educati e non arrabbiatevi mai. Durante il lockdown, incontrerete tante persone spaventate, a livello di psicosi pure, che non vi daranno mai retta. Essere educati vuol dire saper prendere le informazioni. Il vostro obiettivo di giornata devono essere le informazioni. Ogni notizia può esservi utile. Sapere che nei supermercati non c’è alcol etilico ad esempio vi eviterà di far perdere tempo. Essere educati vuol dire guadagnarsi sempre una risposta. Siate educati sempre con le forze dell’ordine quando vi fermano. Anche loro sono umani e non vogliono perdere tempo perché il loro lavoro è prezioso.

   La quarta regola è affrontare la paura. Potreste vivere l’esperienza dentro un palazzo fatto di vicini psicotici, perché la paura accentua la psicosi. Dovete essere forti e comprendere che ognuno affronta la paura in modo proprio. Fatevi vedere sempre con un buongiorno. Il primo desiderio delle persone è avere una parvenza di normalità che può bastare per raccontare la giornata che passerà inesorabilmente. Anzi, se il vicino vi vede decisi si aprirà e magari sarà proprio lui a raccontarvi quello che vede in tivù. Se poi è una persona anziana, andategli sempre a prendere il latte. Uscite voi e fate il piacere.

   La quinta regola è la microcomunità. Dentro un palazzo abitano tante persone. E tante persone vuol dire avere anche persone fragili. Instaurate un rapporto di stretta collaborazione. Se voi non trovate l’alcol, riferitelo ai vostri vicini. Meno persone escono, meglio è. Ricordatevi che una buona collaborazione vi garantisce la tranquillità e fa capire all’altro che insieme, ognuno nel proprio ruolo, si può uscirne. Abituatevi a prendervi cura di una famiglia in difficoltà e basta. Non più di una, e fatelo fare anche agli altri. I più fragili vanno protetti, ma soprattutto va dato loro forza. La vostra riuscita è uno stimolo per chi accetta di essere preso in cura da voi. Non fatevi mai sensi di colpa se non potete aiutare altre persone. Non potete aiutare tutti, ma di sicuro potete creare una microcomunità funzionale intorno a voi. Il che è già molto in una situazione di confinamento.

   La sesta regola è non temere le critiche. Ci sarà sempre qualcuno che vi criticherà perché andate a fare la spesa o perché andate a prendere informazioni. Vi troverete inevitabilmente dentro una cappa di paura, e solo pochi oseranno capirvi. Dovete sforzarvi a essere immuni, e rispondete in maniera accesa solo lo stretto necessario con una verità indistruttibile: pensa alla tua sopravvivenza che io penso alla mia. Voi dovete seguire voi stessi, e non avete tempo per gli altri, a patto però che non inizino a collaborare e a rispettare il vostro io. C’è gente che prende troppo seriamente il lockdown. Si sentiranno eroi, ma gli eroi sono ben altri. Perché un eroe, con prudenza, affronta. Mica si tappa in casa. Comunque non sentitevi eroi.

   La settima regola è porsi degli obiettivi durante la giornata. Fate poche cose. Non strafate mai. Non abbiate timore di fallire. Essere abili richiede esercizio quotidiano, Ponetevi sempre l’obiettivo di avere informazioni, ed evitate discussioni, soprattutto con le forze dell’ordine. Anzi, siate sempre sinceri e obiettivi. Uno degli obiettivi di giornata è prendere appunti sempre. Vi aiuta a essere rapidi, e soprattutto a non farvi notare. Nei supermercati, ad esempio, dovete essere bravi a sapere dove si trovano le cose. Questo aiuterà gli stessi impiegati a fare meglio il loro lavoro.

   L’ottava regola riguarda voi stessi, soprattutto se siete soli. Non preoccupatevi di sentirvi non capiti. Tutti sono soli in qualche modo e tutti si sentono incompresi. Ci sarà un momento dove potreste sentirvi in colpa e vi verrà voglia di spaccare qualcosa perché vi sentirete inutili. Provate a pensare che c’è gente che sta peggio di voi, che non sa che cosa sia la paura e ne sta facendo una tragedia. Ci sarà un momento in cui avrete bisogno di conforto. Se lo cercate nella religione, sappiate che potete benissimo pregare in casa. Il Signore apprezzerà ugualmente. Oppure potete fare un’altra splendida idea. Scrivere la giornata, sfogare tutto dentro un quaderno. Ciò vi aiuterà a migliorare la resa degli appunti da prendere in ogni caso. Se avete qualcuno, allora date spazio ai sentimenti. Siate sempre in prima linea per ascoltare. Non mettete in primo piano le vostre paure, a patto che non sia chiesto esplicitamente. Ricordate che per il vostro partner dovete essere forti, ma soprattutto dovete essere umani.

   La nona regola riguarda il trasgredire le regole. Se non siete abili, non conviene mai farlo. Se proprio ci tenete a rischiare, allora segnatevi tutti gli orari dei posti di blocco. Muovetevi a piedi, e mai in macchina. Se avete voglia di fare una passeggiata, createvi un percorso a tappe. E soprattutto cambiate sempre supermercato. Lo so. Si tratta di una furberia. Ma se serve, almeno ha una sua funzionalità. Perché magari siete intolleranti al glutine, e allora avete bisogno di alimenti particolari. Trasgredite il giusto, senza esagerare. Non prendete mai le vie principali, ma soprattutto quelle secondarie, perché sono quelle che vi aiuteranno a muovervi più in fretta. Cercate di uscire facendo più tappe, e prendete sempre nota sulle file dei supermercati.

   La decima regola è la più importante. Quanto volete bene a voi stessi? Chiedetevelo, senza pensare di passare per egoista. Si tratta di una questione di serenità interiore. Perché nel lockdown imparerete a confrontarvi con voi stessi. Prendete quest’occasione per provare a migliorare qualcosa di voi. Prendete cura di voi stessi come non mai a casa. Sorridete. Siate positivi. E soprattutto non siate materialisti. Date spazio un po’ al romanticismo, ma non eccessivo. Accendete la fantasia. Scoprite le vostre qualità. Curate la positività. E soprattutto vivete perché tocca a voi vivere. Durante la pandemia muoiono purtroppo delle persone, ma al vostro posto avrebbero voluto una seconda possibilità. Perciò non fatevi problemi a sorridere, e soprattutto non fatevi trascinare dalla psicologia del senso di colpa che altri useranno contro di voi per mettere una mano sul cuore sulle tante vittime del coronavirus. Voi dovete entrare nell’ottica che siete voi stessi i malati e magari ne avete anche uno in casa. Quindi curate la vostra serenità, sempre.

   Con queste dieci regole, sono sopravvissuto mentalmente al lockdown e potrei sopravvivere anche al prossimo lockdown.

   Dimenticavo: sono un appassionato di romanzi di fantascienza oltre che di cinema. In certi momenti mi sembrava di essere Jena Plissken in Fuga da New York. Certo, l’idea è un po’ folle. Ma almeno diverte. Eccome se diverte.

Aurélien Facente, ottobre 2020

Le avventure del professor Vincenzo perseguitato dalle teorie strampalate di Fantapall

Il mio Whatsapp ogni tanto salta. Alcuni mi inviano articoli che sembrano più delle barzellette che pezzi inerenti l’attualità. Una della testate più condivise in città è Fantapol, che io definisco affettuosamente Fantapall.

   Sì, perché a raccontar palle è abbastanza abile. In piena emergenza coronavirus, standosene bene a casa, il giornalista racconta di risse violente nei supermercati, risse mai avvenute. Giusto per fare un esempio.

   Però è divertente, devo ammettere.

   Ogni tanto un sorriso ci vuole, ma poi la cosa è seccante quando si vuol far credere di essere padroni della verità.

   Bene, Fantapall in questo periodo è ossessionata dal denigrare e delegittimare il professor Vincenzo, un noto candidato a sindaco che in questi giorni è impegnato a portare avanti il proprio progetto politico.

   Ora, se io fossi il giornalista di Fantapoll mi preoccuperei di capire perché il professor Vincenzo si presenta, quali sarebbero i suoi candidati, quali sono i programmi che propone, quali obiezioni da fargli sui contenuti che non mi convincerebbero, e magari fargli una critica politica onesta, anche se mi è antipatico. Mi preoccuperei di capire perché tanta gente ha partecipato alla presentazione delle liste. Cercherei di capire perché questo signore è popolare. Senza fare neanche tanti pronostici.

   Ecco, seguire il buon professore dal punto di vista sociale sarebbe un reportage abbastanza interessante, anche perché i lettori vorrebbero capirci di più.

   Io, ad esempio, sono un lettore che ama approfondire. Mi piace farmi un’idea dei candidati, vedere che cosa propongono, capire il loro grado culturale e verificare la loro idea di dimensione di uno spazio cittadino.

   Voi pensate che leggerete tutte queste cose che richiederebbero tra l’altro un lavoro accurato e obiettivo? No.

   Mi mandano un articolo dove il professor Vincenzo è al bar a incontrare qualche conoscente, e magari a questi signori dichiara di candidarsi. E ci sta. Quanti candidati vanno al bar per proporsi agli amici e ai conoscenti? No, secondo Fantapall gli amici son pochi, come se il bar stesso potesse riempirsi di migliaia di persone all’istante così per magia.

   Un articoletto senza logica, ma molto divertente.

   Ieri (29 agosto 2020) la pubblicazione di un altro articoletto divertente. Una macchina parcheggiata all’angolo con tanto di morale sul codice della strada. E indovinate a chi appartiene la macchina? Proprio al professor Vincenzo.

   Ora, prima di scrivere l’articolo, mi chiederei almeno se la macchina non si fosse guastata e per necessità si è parcheggiata lì. No, ci si inventa che la macchina blocca il passaggio alle carrozzine per disabili, che è in divieto di sosta e fermata e quant’altro ancora. E anche se fosse, magari sarebbe utile chiamare qualcuno delle forze dell’ordine prima di scrivere l’articolo. Così, giusto per avere un chiarimento. No, neanche questo.

   E allora via con la pubblicazione.

   E così mi inondano il Whatsapp per leggere questa roba demenziale.

   Ora il professor Vincenzo non ha bisogno della mia difesa. Però adesso ho paura che il professor Vincenzo sarò protagonista di un articolo dove magari vola su un asino volante, oppure un altro articolo dove magari si metterà a parlare con Pinocchio, oppure un altro dove magari si scriverà che vorrà andare a farsi un pellegrinaggio fino a Serra San Bruno.

   Insomma, la demenzialità più pura.

   E così continua la triste narrazione del giornalismo crotonese, che va sempre più giù pur di raccontare barzellette.

   È vero che siamo in regime di par condicio.

   Allora aggiungiamo che Fantapall non è il solo a raccontare felicemente delle palle.

   Mi hanno inviato qualche giorno fa il link di un blog dedicato ai Vichinghi, e poi vedi il blog e vedi tanti articoletti fantasiosi su un noto segretario della Lega, come se quelle pubblicazioni illuminanti acchiappassero lettori.

   Caro professor Vincenzo, come può ben vedere ogni esponente politico è perseguitato da qualcuno che ama raccontare palle. Lei almeno ha Fantapall. Pensi che c’è chi è addirittura stalkerizzato dai Vichinghi…

   E poi dicono che i blogger sono fabbricanti di fake news…

   Detto da chi racconta e pubblica palle tra l’altro sembra addirittura un complimento…

Aurélien Facente, agosto 2020

Coronavirus KR: Respirare un pochino di libertà vuol dire vivere

Il 4 maggio c’è stato un allentamento deciso nella quarantena imposta dallo Stato e dalla Regione per quanto riguarda l’emergenza Coronavirus. Il 4 maggio 2020 è stata una data liberatoria sotto certi aspetti. In fondo, la gente era confinata in casa, limitando la propria autonomia al minimo.

   Tutti pensano che la gente abiti in un appartamento uguale al proprio. È il classico errore di chi punta il dito. Il leggero “Rompete le righe” è diventato l’argomento dei social. Tutti a puntare il dito contro. Gente che s’improvvisa fotografa e pensa di far vedere quanto è stata brava nell’osservare le regole, salvo poi andare sul lungomare e fotografare gli altri, senza capire che la foto da sola può giocare effetti illusori. Chi usa lo smartphone non sempre capisce di prospettiva.

   E allora ecco l’esagerazione. Tanta gente. Sembrava la festa della Madonna.

   Beh, di gente ce n’era.

   Ma quando vedi che la stragrande maggioranza era con la mascherina, con i guanti, e tutti più o meno rispettosi della distanza di sicurezza. Sì, c’è stato qualche ingorgo. Piccoli errori non decisivi, però. Tutto frutto di uno sfogo dovuto alla clausura. Uno sfogo che andava liberato in qualche modo.

   Ed è importante psicologicamente se si vuole ristabilire un equilibrio con sé e con l’altro.

   Assembramenti? Non puoi evitare che le persone che si conoscono si salutino e si scambiano qualche parola. Ci sono state famiglie in giro? Sì, verissimo. Ma mica clan numerosi. Il fatto è che forse ci si è trovati ad impattarsi con una norma che impone l’uso della mascherina e della distanza per potersi rivedere dopo un po’ di tempo.

   E allora il lungomare è stato il luogo del ricominciare a vedersi.

   Ma c’erano anche i fidanzati. Verissimo. Ma con enorme discrezione.

   Uno sfogo di respiro dunque.

   Quand’è iniziata l’emergenza, c’è voluta una settimana buona per la gente ad abituarsi.

   Per capire le regole, bisogna esplorarne in qualche modo i confini. Altrimenti non ci si abitua.

   Si chiama umanità.

   Poi ci sono quelli che puntano il dito. Umani anche loro, ma che dimenticano che c’è gente che magari per 60 giorni circa ha visto solo l’androne di un cortile stretto, o peggio ancora un garage, o quattro mura di un appartamento da 60 metri quadri. Facile puntare il dito e lo smartphone per giudicare la coscienza altrui, quando in verità bisogna guardare la propria.

   I dati ufficiali parlano chiaro.

   Il territorio provinciale di Crotone, capoluogo compreso, ha avuto un numero basso di contagiati da Coronavirus. Certo, le vittime ci sono state. Ma la mortalità è stata nella norma. Per Coronavirus sono state sei. Però l’umanità deve guardare avanti.

   L’umanità vive. Non si ferma. È capace di sacrificarsi per il bene comune. E i crotonesi lo hanno fatto. Perché a livello di sanzioni, i numeri sono stati bassi. Il che vuol dire che la maggior parte ha fatto di tutto per osservare le regole.

   Però poi c’è il desiderio del sole, del colore, del mare, dell’aria, del sapore del mare. Per una città che si affaccia sul mar Ionio, è un elemento vitale almeno respirare quell’odor di mare, anche se si tratta di pochi minuti al giorno.

   Solo e semplice umanità.

   Una piccola esplosione di sentimento del tutto naturale.

   Le persone hanno semplicemente preso dimestichezza con i nuovi confini.

   Tant’è che oggi la circolazione a piedi è diminuita, quindi è ritornato tranquillamente il buonsenso.

   Il Commissario Prefettizio, con tutto il rispetto per la sua figura di responsabilità, avrebbe il dovere di mostrare un po’ più di umanità perché in fondo si è trattato solo di un piccolo respiro.

   Per quelli che puntano il dito. Beh, prima o poi qualcuno vi punterà il dito addosso. E alla fine resterete zitti, perché a quel punto non avrete argomentazioni. Invece del dito, usate il cervello e un po’ di cuore anche.

Aurélien Facente, maggio 2020

Coronavirus KR – Vita da quarantena (Il racconto di Elvira)

Vi propongo una testimonianza scritta dell’esperienza di quarantena dovuta all’emergenza Coronavirus qui a Crotone. Il testo è stato scritto da Elvira Scaccianoce, che ha deciso di condividere la sua personale testimonianza. Mi auguro di poter pubblicare anche altre testimonianze, perché è importante esprimersi in un periodo fatto soprattutto di domande senza risposte e di incertezze, come quelle che stiamo vivendo in piena epoca Coronavirus. Vi rinnovo l’appello. Se avete voglia di condividere le vostre testimonianze, fatelo liberamente. Vi offro volentieri il mio spazio. Scrivetemi in privato sulla pagina Facebook https://www.facebook.com/aurelienfacenteblogger oppure sulla mail aurelienfacente@yahoo.it dove però vi chiedo di essere identificati con nome e cognome. Per un’eventuale pubblicazione sul blog, ovviamente mi atterrò alle vostre volontà qualora mi chiediate l’anonimato. Ora vi lascio al racconto di Elvira.

Vita da quarantena: diario di casa

Prima di scrivere questa mia breve riflessione, ho aspettato molto tempo, cercando di raccogliere i tanti pezzi di vita vissuta in quest’ultimo mese, dove non solo è cambiata la mia vita, ma il modo di vedere me stessa e gli altri. È cambiato tutto il mondo e lo scenario a cui eravamo abituati a vivere… ci siamo lasciati dietro le spalle giorni dove la nostra unica preoccupazione era quella di stare a tempo con gli altri, quel maledetto tempo a ritmo di jive nel quale ci siamo abituati, ovvero correre, correre sempre, senza guardare in faccia nessuno, vivendo come automi tanti giorni pieni di impegni da sbrigare… per poi raggiungere cosa?

   Improvvisamente questo Covid 19, un nemico invisibile di cui se ne parlava da qualche mese in maniera latente cominciò a insidiare le nostre vite come un parente scomodo che incontri il giorno di Natale… quest’essere invisibile proveniente da lontano ha cambiato totalmente le nostra vite. Mai e poi mai avrei pensato che poteva toccare anche a noi.

   I giorni passavano e pensai che il loro problema avrebbe potuto diventare il nostro. Ci siamo accorti troppo tardi che da un momento all’altro quella semplice influenza, come diceva lo stesso medico di famiglia con sorriso sornione o le massime autorità sanitarie davano per scontato… “Tranquilla,” dicevano, “il Covid 19 colpisce la generazione più debole, tipo quella anziana…”

   Mi ripetevano che non poteva stravolgere le nostre vite. Tutto scorre con la mente che è in verità piena di dubbi e in bilico tra realtà e finzione.

Giorno 4 marzo 2020

Sono a casa con il pensiero e la sensazione che qualcosa di più serio stia accadendo invade i miei pensieri.

La scuola del bambino che rimane chiusa, le continue notizie del tg, e il volto dei miei genitori che comincia a cambiare.

   Il focolaio di Codogno, e poi Lodi e Brescia e il famoso paziente zero allarmano tutti. Cerco di mantenere una calma, a dire il vero molto finta.

   Ma con l’edizione straordinaria delle 20 del premier conte confermo la mia non più infondata preoccupazione. Il maledetto ospite venuto da Oriente è diventato pandemia …e la nostra cara Italia, quella narrata dalla Meloni e da Salvini, ovvero dell’eterna lotta tra nord e sud era diventata zona rossa.

   L’ansia comincia a salire…

   I giorni a seguire sono un continuo altalenarsi di emozioni: ansia, sconforto, agitazione, nervosismo, notti insonni, e il caro amico cellulare dove fino a poco tempo fa usavo per scherzare con amici e parenti diventa fonte di continui bollettini di guerra, notizie discordanti, fake news.

   Dove sta la verità?

Giorno 15 marzo 2020

Passano i giorni. Notizie sconfortanti. Il famoso picco sta salendo. Vedo in tv i tanti militari che portano file di bare per essere cremati chissà dove. Cose mai viste se non forse su un qualche libro di storia alle scuole medie. L’incubo continua.

   Tempi duri per chi soffre d’ansia. La gastrite va a nozze con la mente preoccupata. Questa forzatura domiciliare non aiuta. Si cerca di cucinare, lavare, pulire lo stesso ambiente, subire le preoccupazioni degli altri membri di casa, cercando di minimizzare la situazione ormai palese. Mi appresto a fare spesa di continuo come riempire a più non posso di tutto perché non si sa mai quel che può accadere. I supermercati non vengono riforniti, vedo in tv lotte tra gli scaffali, detenuti sui tetti e altro ancora.

   L’incubo continua.

Giorno 21 marzo 2020

   Il famoso picco è arrivato. Non esco di casa da giorni. Sono stanca delle notizie. Cerco di dormire. La mia famiglia che vedevo tutti i giorni ora è su whatsapp. Le videochiamate, le foto, i video non migliorano la situazione.

Giorno 27 marzo 2020

Vedo un uomo solo vestito di bianco in tv. Il Santo Padre da solo sotto la pioggia battente di Roma prega stanco e vacillante è il santo Crocifisso miracoloso, e la Santa Vergine che si rivolge al popolo romano. Dio mio, siamo in mondovisione. Tutti uniti credenti e non a chiedere a Dio un miracolo.

   Mi ritrovo sul divano ormai campo di battaglia con mio marito, in silenzio dentro casa le lacrime scendono da sole.

   Chi siamo e cosa siamo diventati? Castigo divino? Oppure opera dell’uomo? Non lo so. Il flusso delle cattive notizie continua in tv, vedo gente ballare sul balcone e carri funebri che passano in Lombardia. Io rimango una telespettatrice di una tragedia e cerco di restare salda e ferma. Riscopro la fede. Prego. Riscopro i passi del Vangelo. Non può essere la fine del mondo.

   Nel frattempo tutto si ferma. Lavoro, vita, tutto. E scopri veri volti chi ti sta vicino. La forza nasce da te. Penso. Sono una donna. Noi donne diamo la vita tra atroci dolori. Ce la faremo. Spirito ribelle misto a rabbia e ansia sono compagne di questa quarantena forzata.

Giorno 1 aprile 2020

   Tanti medici morti. Penso ai miei 4 nonni morti di diabete qualche anno fa, e vedo in tv che i morti non hanno avuto neanche una funzione religiosa o una degna sepoltura Penso ai miei nonni, attorniati da tutta la famiglia negli ultimi giorni. Forse sono egoista a pensare chi ha avuto una morte migliore.

Giorno 12 aprile 2020

   Il famoso picco è sceso. Una piccola luce in fondo al tunnel. Calano i morti. La curva rallenta, la paura no. Cerco di mantenere i piedi saldi.

   Oggi è Pasqua.

   Ripenso alle feste di qualche mese fa. La nostalgia oggi è tanta, e sono di cattivo umore. Cerco una piccola quotidianità, e provo a informarmi dai social in modo razionale e corretto.

   Crotone sembra la Terra di Mezzo, quella della saga de Il Signore degli Anelli per capirci. Tutto tace. La politica crotonese inesistente. Tutto questo silenzio fa male, e i cittadini che non ricevono una parola di conforto. Dove sono i profeti della Crotone che cambia durante le promesse elettorali?

   Nulla. Mi imbatto tra le tante cavolate di Facebook con dirette di cucina, finti buonismi e balli dal balcone video esagerati. Vedo qualche diretta di un blogger scrittore, un certo Aurélien Facente lì per lì. Ascolto qualche diretta senza commentare.

Letture in quarantena. Chi? Io? Non amo leggere. Lo ammetto e questo si ripercuote sulla mia scrittura, ma ascolto volentieri tutto e tutti. Io sono una popolana e possiedo questo spirito curioso e ho voglia di imparare qualcosa che la tv nasconde o che ti vuol fare credere altro. Cerco di crearmi una nuova quotidianità, per adesso difficile e fatta di social da vivere e vita da vivere in casa.

   Mio figlio è molto piccolo… per fortuna.

   Parecchie emozioni cerco di nasconderle, e a volte mi riesce male, ma si va avanti. I giorni si susseguono come da calendario, anche se confondo il martedì con il mercoledì.

   La curva scende. Questo mi alleggerisce le giornate.

   L’estate, la scuola, gli impegni per ora sono chiusi nel cassetto. Ora devo sopravvivere per me stessa e per chi mi sta intorno. Non vivo di ricordi, ma faccio tesoro delle esperienze passate per proiettarmi sul futuro, come il tramonto che vedo dal balcone di casa mia.

   La fortuna di abitare a Crotone dove mare e monti si incontrano. Cerco di trarne energia positiva, perché come cantavano i famosi Ricchi e Poveri: “Del futuro sarà quel che sarà.”

   Vivo il presente, cercando conforto nelle mani di Dio.

Testo di Scaccianoce Elvira Liberata.