LA BARCA DELLA DISCORDIA E DEL DISSENSO

Vi confesso che non avrei voluto scriverne a proposito di questo atto di vandalismo nei confronti di un’opera che è, di fatto, un lavoro che crea discordia e dissenso. Non avrei voluto scriverne perché sarei tacciato di essere chissà che cosa quando in realtà una formazione artistica la posseggo, e avendo contribuito a mostre e opere d’arte in passato… Beh, una parola ce la potrei mettere.

Facciamo così. Vi propongo una scelta: una pillola rossa e una pillola blu. Se scegliete la pillola rossa, cambiate canale e non andate oltre. Credete che Crotone sia l’unica città al mondo meritevole di considerazione e avete una dimensione favolistica che purtroppo vi rende sensibili. Se è così, prendete la pillola rossa e non andate oltre.

Se invece scegliete la pillola blu, avrete a che fare con la lettura di un pezzo scritto da un blogger spietato, additato come fascista, razzista e quant’altro ancora. Questo è il prezzo che pago volentieri per mantenere lo sguardo dell’oltre, ovvero non fermarmi alla solita apparenza per esprimere chissà quale solidarietà, se prima non si prova a conoscere il male. Non quello che viene raccontato su qualche giornaletto. Si tratta di quel male o malessere tangibile che il più delle volte non viene visto e nemmeno ascoltato. Ora, se scegliete la pillola blu lo fate a vostro rischio e pericolo, ma almeno avrete la possibilità di non sentirvi ipocriti, L’ipocrisia rende ciechi. Invece qui bisogna guardare le cose con chiarezza.

Fermo restando che non ho nulla contro l’attività civica di IO RESTO, associazione che fa del civismo la sua attività principale. Potrei semmai discutere delle scelte artistiche, alquanto kitsch, che puntualmente hanno anche suscitato delle critiche, alcune anche molto ingenerose. Ma se l’arte non suscita dissenso, non suscita emozione. Lo scrisse la scrittrice inglese Jeannette Winterton nel suo bellissimo saggio “L’arte dissente”, oggi introvabile.

Dato che ho citato la Winterton, quindi già questo mi permette di poter dire la umilissima mia opinione, la domanda che mi sorge spontanea è dura ma obbligata: ma che vi credevate?

Partiamo da un presupposto. Qualche notte prima, nello stesso parco Pignera, sono state vandalizzate delle panchine. Gesto compiuto da sconosciuti che prima o poi puntualmente lo avrebbero ripetuto. Cosa avvenuta tra l’altro. Quindi, esiste un problema. E non si risolve con la solidarietà conveniente che si esprime su Facebook il più delle volte,

Partiamo da un altro presupposto storico. La barca in questione non è stata l’unica opera vandalizzata nel tempo. Ce ne sono state altre. Ne cito due: il monumento dedicato alla tragedia delle Foibe, qualche anno fa, ed era stato appena inaugurato. E il monumento dedicato ai caduti italiani in Russia nella Seconda Guerra Mondiale, dopo qualche giorno vandalizzato con scritte oscene.

Gesti compiuti con ovvietà da bulli in una città che in realtà non gli offre grandi aspettative, anche perché ferma mentalmente negli stessi cliché da almeno un buon biennio in maniera ferrea,

Dico bugie? Mi sapete dire quale opera d’arte è stata prodotta in maniera imponente da lasciare un segno nell’immaginazione mondiale? Se escludiamo il Rino Gaetano di Jorit, il resto è zero. Proprio perché si tratta di opere kitsch o di monumenti celebrativi di caduti in guerra che, però, hanno il compito di mettere in risalto i nomi di chi non è potuto tornare a casa, e perciò sono assolti dal dover essere belli per forza.

Ma che Crotone artisticamente parlando esprima del kitsch è fuor di dubbio. Non la prendete come una critica distruttiva. Il kitsch ha anche il suo perché, ma se saputo fare però. Penso al mitico Anton Furst che con un buon uso del kitsch riuscì a rendere uniche le atmosfere del film Batman di Tim Burton nel 1989, tra l’altro campione d’incassi. Ma Furst era Furst. E qui non esiste Furst,

Ora analizziamo l’opera danneggiata dal fuoco.

Un utente straniero si domanderebbe il perché della realizzazione di un’opera del genere. Fermo restando che non discuto l’idea artistica, ma il messaggio che vorrebbe dare.

IN qualche bella giornata un gruppo di persone si è messo all’opera di un lavoro che doveva indurre alla riflessione sui tanti esuli in mare che vogliono arrivare in Europa e che bisogna accoglierli perché qui si vive bene. Io sono d’accordo nel salvare vite umane, ma sarei ancora più felice se nella mia città non ci fosse nemmeno quella bidonville di stranieri che si era rifugiata sotto il cavalcavia Nord (quello che si affaccia ai resti della gloriosa industria di Crotone), oppure mi piacerebbe non trovare gente di notte che non ha un letto dove poter dormire.

Quindi quest’opera nell’immaginario collettivo nasce in un ambiente che è già un controsenso se ci riflettete un po’.

Ma non fermiamoci qui. Andiamo ancora oltre.

Crotone ha un alto tasso di disoccupazione e di precariato lavorativo. Siamo un’isola felice, davvero? La disoccupazione e il precariato eccessivo generano già di per sè una forma di degrado sociale che si chiama povertà, e se imponi un altro tipo di povertà come quella degli esuli, ti raccomando la bomba sociale. La povertà si tollera, scrisse Dominique La Pierre nel suo capolavoro “La Città della Gioia! ambientato in India.

La città si è impoverita, di fatto, e per di più bisogna sopportare un principio di propaganda pseudoeuropeista che incoccia con la realtà di Crotone che è un controsenso continuo.

Quando da appassionato di arte, ho visto l’opera, mi è salito un rigurgito. Non che la disprezzi, ma è il sapore kitsch che non andava. Anche perché, purtroppo per gli altri, avendo studiato all’università i testi di André Gide sul Congo, i testi di Ryzsard Kapuscinski che l’Africa l’ha vista davvero e i testi storici delle colonizzazioni in Africa… Beh, vi lascio immaginare quando ho capito che si trattava del solito film a senso unico su un fenomeno di enorme portata che si riduce al solito chiché per non dirsi di essere… ecco,.. razzisti.

In ultimo c’è un qualcosa che mi disturba artisticamente parlando, ovvero la canonizzazione della disgrazia. In Italia abbiamo la triste mania di canonizzare la disgrazia per autoassolverci di eventi che sono purtroppo capitati. A Crotone si è voluto vivere per forza intensamente un evento tragico come il naufragio di Cutro non affrontando il trauma, ma cercando di autoassolverci come se quel delitto marittimo fosse colpa nostra. E mentre piangevamo, non ci siamo accorti che la città di Crotone ha bisogno di guardare oltre perché troppo prigioniera degli stessi argomenti da un buon quarantennio.

E certo. Perché conviene far vivere un pensiero retrò e restare fermi nel tempo. Come se questo lavasse le coscienze. Nella realtà non è così, altrimenti non si esprimerebbe il dissenso in tal modo. Anche se dà enormemente fastidio.

Ora, rivedendo, l’atto vandalico, non giustificabile, si è venuto a creare un paradosso. Ora l’opera in questione ha il suo sapore di verità. Perché il viaggio nel Mediterraneo, ma anche in altri mari, per la migliore vita non è un viaggio colorato, ma un percorso pieno di insidie e di incognite, e queste persone non arrivano con un transatlantico super attrezzato. Ora l’opera vandalizzata assume la sua reale funzione, e permette di vedere chiaramente il racconto che essa vuole trasmettere.

La tragedia.

Si dice che non tutto il male viene per nuocere.

Ma, qualche volta, capita che un male faccia vedere con chiarezza un altro male.

Anche questa è una verità-

Mi auguro che dopo attenta riflessione si tenga in considerazione di tenere il monumento in questo modo. Ovvero quello di un viaggio difficile e pieno di insidie. Solo così si può far passare il messaggio nella sua verità.

Altrimenti possiamo sempre raccontarci lo stesso film. Un film irritante tra l’altro.

Vi esprimo la mia comprensione perché doverosa. Mi auguro che i colpevoli siano trovati (nutro i miei dubbi qua), e che prima di condannarli a priori si abbia la decenza quantomeno di ascoltarli. Perché a Crotone esiste un folto gruppo di cittadini che non ha ascolto e, cosa più grave, viene denigrato quando solo osa fare una riflessione.

Ma si sa. Capire il dissenso è un argomento troppo difficile qui a Crotone.

Aurelien Facente, 21 maggio 2024

Fuori i veleni di Crotone? Un remake tutto buzz e poco Arisa…

IERI SERA, 17 MAGGIO 2024

10 ANNI FA

Ora chi ha memoria un pochino ci pensa. Ieri 17 maggio si è tenuto un concertone di quelli memorabili con la splendida voce della protagonista dei reality show Arisa, portata in pompa magna dall’agenzia spettacolo capitanata dalla giunta Voce.

Fin qui nulla di male. Siamo alla festa della Madonna di Capo Colonna, ed è giusto puntare sempre più in alto. Al di là dell’ambizione, il risultato finale è demenziale. Non il concerto, ma quella che voleva essere una provocazione, un sussulto di coscienza, uno sforzo combinato perché la gente stia da chi di bonifica ne ha fatto una battaglia vitale, talmente vitale che sarà il principale argomento elettorale nei prossimi due anni, ovvero la bonifica dei siti industriali dismessi di Crotone. Un argomento ormai trentennale che oggi ha il sapore di un remake fatto male, tra l’altro con l’inserimento della Madonna di Capo Colonna che di sicuro attirerà le ire di San Giuseppe.

Guardate la foto seguente:

Uno striscione vistoso che fa effetto solo sulle testate online e sul profilo Facebook di qualche prode condottiero che sembra si sia risvegliato.

M a passiamo alla foto successiva, di almeno dieci anni prima.

Qua siamo in una bella mattinata di dieci o undici anni fa, davanti al Comune di Crotone. Un numero di persone ben più sincero di quello che offre l’illusione ottica di un concertone di piazza. Anche qui si combatteva contro Eni, ma i personaggi di adesso non sono quelli di allora. Oddio, c’erano, ma siccome a capo c’era l’attivista famoso di nome Pietro Infusino (in compagnia di altri prodi guerrieri), quelli di oggi non sembra che amassero farsi vedere in compagnia del soggetto appena nominato. E certo, perché Pierino è scomodo, se ne approfitta, passa da un partito all’altro. Però dalle foto di un decennio fa, la lotta non era la stessa di quella che viene proposta oggi?

Beh, ieri si è invocata la Madonna. Come se la Madonna avesse tempo di guardare lo striscione per lanciare chissà quale benedizione. In altri tempi, un gesto come questo sarebbe stato considerato blasfemo. Non la preghiera per Maria, ma il fatto che in questo remake pasticciato ci siano persone che anni prima denigravano gli Attivisti No Eni, che al primo punto mettevano sempre l’argomento della bonifica come obiettivo principale.

Certo era che dieci anni prima, almeno per decenza e per rispetto, Pietro e gli altri non invocavano il potere della Madonna, ma l’azione di tutte quelle istituzioni che potevano e dovevano fare qualcosa.

Ho preso come esempio Pietro Infusino e gli altri per dimostrare che l’attività di protesta odierna suona come un remake girato male, portato avanti da soggetti che subodorando una campagna elettorale e lunga hanno bisogno di farsi vedere ovunque, senza capire e far capire che razza di proposta, anzi controproposta, porterebbero avanti nei riguardi della multinazionale che, a detta loro, dovrebbe fare la bonifica usando qualche nave interstellare, portando i rifiuti in un’altra dimensione spaziale.

Il problema della bonifica dei siti industriali crotonesi è prima di tutto logistico, parola questa che ovviamente non viene proferita da questi magici combattenti che pregano la Madonna affinché possa intervenire, senza chiedersi se la Madonna stessa abbia il tempo reale di ascoltarli nella loro esibizione molto grottesca.

Anche perché verrebbe da pensare come mai questa azione non fu fatta durante il Capodanno Rai a Piazza Pitagora, quello che con Amadeus per intenderci. Beh, lì l’azione sarebbe stata plateale perché in mondovisione Rai, e allora sì che avrebbe fatto un po’ di rumore.

La verità sapete qual è, cari lettori?

Che lo fanno per opporsi a Voce stesso, che senza dare grandi spiegazioni è passato dal ruolo di urlatore di piazza a diplomatico della città al servizio del dialogo con la multinazionale (dialogo che bisogna pur sempre avere), e solo questo dimostra che sulla bonifica tanti nostri condottieri di palle di ne hanno raccontato a iosa, dimostrando per l’ennesima volta che il processo di bonifica non è la storiella che viene portata avanti con demagogia e chiari scopi elettorali. Altrimenti non durerebbe da una trentina d’anni, non credete?

Gli attivisti No Eni, anche se in maniera confusa, addirittura hanno campeggiato nella vicinanze dell’impianto della multinazionale, e la loro azione si è sciolta nel tempo proprio perché alcune facce che si vedono adesso non hanno voluto unirsi all’epoca, denigrando proprio quel gruppo di persone che aveva comunque il valore della spontaneità. Al di lù di quello che si potrebbe pensare del piccolo leader Infusino, che adesso potrà gioire nel vedere che una decina di anni dopo sono spuntati fuori i suoi cloni dormienti.

Ora aspetto naturalmente la grigliata di pesce davanti all’impianto della multinazionale, e la scampagnata a Capo Colonna post Madonna di Capo Colonna per capire dove si vuole andare a parare.

La bonifica è un argomento troppo complesso per essere un mezzo propulsivo di propaganda elettorale.

Ah, ultimo appunto. So che farà male. Ma non credete che Arisa si sia svegliata stamane pensando di fare da portavoce a una manifestazioncina come quella di ieri.

Il gesto sembra abbastanza eloquente. Ovviamente scherzo, perché quel gesto era rivolto ad altro argomento. Ma per capire come il momento dell’invocazione della Madonna sia stato proprio fuori luogo e molto trash.

Comunque, concerto o non concerto, si è capito il perché dei trent’anni di stallo.

Ma una promessa ve la faccio: se organizzate la grigliata mi faccio vedere. Se non altro perché sarà più insaporita di qualche manifestazione dal carattere orgasmico mentale di quella che ho potuto vedere ieri.

La sola cosa certa è che state realizzando un remake fatto male delle lotte dell’amico Pietro Infusino, che stando lontano da Crotone sta ridendo a crepapelle ricordandosi degli sfottò che gli riservaste negli anni. Sfottò anche molto crudeli tra l’altro.

E con franchezza credo che questo spieghi perché non c’è la partecipazione sincera della gente di tutti i giorni.

Aspettiamo con trepidazione la prossima puntata di questa situation comedy.

  • Aurelien Facente, 18 maggio 2024

A Crotone ci si nutre della demagogia e poi si sbatte contro la bonifica

Sono decenni che si parla di bonificare gli ex siti industriali di Pertusola e Montedison, ora di proprietà ENI. Decenni passati tra processi e petizioni popolari firmate e controfirmate per un qualcosa che a Crotone va comunque fatto.

La bonifica è l’argomento elettorale. La resa dei conti sulla quale la politica locale, tra l’altro frammentata e piena di attori teatranti, si è ormai arenata.

In campagna elettorale si promettono rivoluzioni e cambiamenti mitologici.

Nella realtà di tutti i giorni avviene proprio il contrario.

Perché non si conosce la storia industriale nei particolari, non si sono fatte le dovute analisi storiche e sociali, non si riconosce che ormai quella realtà non esiste più dalla fine del secolo scorso (gli anni 90′), e per decenni si è andati per inerzia. Salvo poi sottoscrivere un accordo (giunta comunale Pugliese) che chiuderebbe la questione.

Ora in tutta la discussione portata avanti da opposizioni sgangherate e maggioranze camaleontiche, il dubbio che si sia arenata la barca è molto presente. Perché tutti, ma proprio tutti, cadono nel lato pratico della questione.

E da qui apriti cielo. Quanta fantascienza fantasiosa viziata dalla propaganda demagogica che ha invaso le menti di coloro che si ergono a rappresentanti della comunità crotonese, tra l’altro ormai sparpagliata e non unita (ma qui le cause sono anche altre).

I nodi arrivano al pettine. E quando l’oggettività della verità arriva, ecco che tutti si fanno male. Le opposizioni un po’ di meno, ma quando erano maggioranza anche loro sbandieravano imprese fantascientifiche. Ora hai il sindaco Voce che si è fatto votare per la questione ambientale, e pochi ricordano che fu il solo a parlare di un termovalorizzatore funzionale ai bisogni della città durante una nota trasmissione televisiva locale, La memoria corta fa brutti scherzi, ma lui stesso paventò la necessitò di un termovalorizzatore, che è quello che si realizzerà di qui a breve. Serviorà per la bonifica? Ma certo che sì, Produrrà un ulteriore danno ambientale? Beh, se resti dell’idea che il mondo è fermo dagli anni 90′, la risposta sarebbe sì. Ma in 30 anni i progressi sono stati fatti, solo che la demagogia politica non la vede.

Ora il dubbio mi sorge. Senza prendere le parti di nessuno in particolare, e senza neanche giudicare l’esito dell’ultimo consiglio comunale, l’impressione è che tutti più o meno si siano presi un ceffone senza precedenti, e che la politica cittadina si sia mostrata molto più politicante che professionale. le favolette raccontate in campagna elettorale sono restate favolette che ormai tutti vedono, e ahimé giustificarsi con degli screenshot su Facebook non è tanto producente. Anzi, porta all’effetto contrario. Perché in questa partita illusoria di voler convincere chissà quali elettori, tutti quanti peccano nel loro più grande difetto, ovvero l’essere padroni di una verità che di fatto è stata solo fuffa fino ad ora. E continuerà ad esserlo, visto che il termovalorizzatore del ventunesimo secolo sarà realtà.

In tutti questi anni, nessuno si è posto la seguente domanda pratica: e se i rifiuti da bonifica, di cui non conosco la quantità reale se non dopo le operazioni di scavo, non se li fila nessuno?

Ed è proprio qui che la demagogia cade nella sua menzogna.

Perché? Facciamo un salto in Giappone. La centrale nucleare di Fukushima. Distrutta a causa di un terremoto di proporzioni spaventose, tale centrale è stata la tragedia del Giappone, nonostante fosse all’avanguardia in tutto. Eppure la catastrofe ci è stata, e le scorie hanno avuto bisogno di un trattamento marittimo. Ma i rifiuti nella sostanza sono rimasti in zona. Così come è avvenuto in altri siti dismessi nel mondo.

A Crotone avverrà la stessa cosa. Lo richiede la logistica, e soprattutto lo richiede un altro fatto politico della quale i nostri si son dimenticati di raccontare. Ve la ricordate la favoletta dell’autonomia del rifiuti tanto decantata in passato durante le campagne elettorali tra Comuni calabresi e Regione Calabria? Che dicevano in sostanza? Ognuno dovrà pensare al suo senza se e senza ma.

Ora si possono convocare consigli di tutti i tipi per parlare della questione, ma servirà molto probabilmente a poco. Perché, alla fine dei conti, questa storia dovrà finire in un modo o nell’altro, e pensare di bloccare ancora tramite tribunali non risolverà il problema. Non ci siete riusciti prima, e non ci riuscirete nei prossimi giorni.

Tanto vale iniziare il tutto con l’accordo del 2019 e chiuderla una buona volta per tutte.

La bonifica non è un argomento di campagna elettorale.

Ma è stata usata a suon di demagogia per troppo tempo.

E si sa che la demagogia è la menzogna politica per eccellenza.

Al prossimo episodio. Fidatevi. Ormai è una telenovelas che batterà il record detenuto dal serial Sentieri. Di questo passo mi procurerò una carrozzina. Sperando però di avere ancora una buona memoria.

Ma voglio restare ottimista. Confido molto nella figura del generale. Sì, quello che è attualmente il commissario alla bonifica. Petizioni permettendo.

  • Aurelien Facente, 15 maggio 2024

La crisi delle Autolinee Romano è una delle conseguenze delle tragiche scelte governative.

Toc! Toc! Ecco qua la crisi delle autolinee Romano che si affaccia con uno sciopero, più che giustificato, dei dipendenti della ditta crotonese, e non si sa quando terminerà perché la crisi è complessa.

Oltre ai tanti problemi documentati da testate più illustri della mia umile scrittura, il dovere di analizzare bene il fenomeno fino in fondo è basilare perché nessun dipendente deve essere strumento di bugie.

Immagino già la rabbia di chi si sveglia sapendo che non avrà lo stipendio.

Ma i governi nazionali passati (Conte bis e Draghi) sapevano che una polveriera prima o poi sarebbe esplosa. Il mondo dei trasporti è stato il più falcidiato da un insieme di norme governative molto ipocondriache durante il Covid. Se uno provasse a leggere il regolamento per i trasporti durante il coronavirus è qualcosa partorito da una mente malata.

Certo, la prevenzione della salute è importante. Ma anche gli stipendi lo sono.

Eppure le norme hanno sacrificato interi settori con la scusa ipocrita del sacrificio e i primi a farne le conseguenze sono le ditte di trasporto pubblico che operano nei piccoli centri prevalentemente, come il caso di Crotone.

Il Covid è stata la scusa per dimezzare sostanzialmente tutto, e le entrate sono state, di fatto, minori e dannose tra l’altro. Un’azienda potrebbe tenere, ma solo se possedesse ingenti capitali. Cosa che a Crotone non è il caso. E poiché le entrate sono state minori, la cassa ne ha sofferto tanto che poi si è arrivati a questa situazione. Senza contare che durante il periodo piùbuio del Covid, gli stessi autisti hanno dovuto fronteggiare tanti e troppi ostacoli. Non è che guidare con la mascherina sia un piacere, senza contare i disagi che comporta un lavoro del genere.

Poi mettiamoci la crisi dell’energia che ha fatto il resto (e anche qui c’è tutta una storia), e così iniziamo a contare le vittime sociali. Questo perché non si è avuti il coraggio e il buonsenso di contrastare una narrazione, quella del coronavirus, che aveva buttato all’aria centinaia di anni di biologia.

Le restrizioni adottate dimostrano, di fatto, che il sacrificio generale non è valso la pena. Perché già la ditta in passato aveva affrontato delle crisi delicate, ma superandole con quello che serviva per mantenere in piedi l’impianto lavorativo. Poi ti arriva l’evento che non ti aspetti, e allora si cerca di seguire il governo, il quale non sa nemmeno darti le migliori risposte. E mentre attua DPCM al limite della comprensione umana (ovviamente scritti così per evitare di pensare al dopo), il gioco al massacro sociale ha cominciato ad avere inizio.

Certo, perché se dimezzi per motivi legati ipocritamente alla salute la clientela, dopo qualche tempo non è che la stessa clientela si ripresenta in massa a prendere l’autobus, Perché due anni sono un periodo lungo dove per la gente è più facile praticare un taglio netto piuttosto che prendere il pullman urbano. Sapete quanta gente è rimasta a piedi perché non poteva salire per motivi legati al distanziamento? E sapete quanti autisti hanno lasciato a malincuore persone che si erano fatte il biglietto per tornare a casa? Inevitabilmente qualcosa si rompe, e così inizia la vera emorragia economica.

E a soccombere sono proprio i piccoli.

Non sempre il sacrificio può valere la pena.

E con il caso delle autolinee si comincia ad accorgersi che l’inverno sarà duro e lungo, perché al segno dell’incertezza, della mancanza di chiarezza, della mancanza di questi governi nazionali pieni di protagonisti incapaci pure di dire grazie a chi il sacrificio lo sta praticando oggi.

Certo, qualcuno mi farebbe notare che ci sono anche altri problemi. Ma è il biennio Covid che li ha soltanto peggiorati.

E a farne le spese sono proprio quei lavoratori che con il freddo e il caldo offrivano un servizio più che necessario in un posto dove il trasporto pubblico dovrebbe essere il primo grande investimento.

Questo caso dimostra come il farsi mangiare dalla paura del virus ha creato più devastazione che opportunità.

Aurélien Facente, 19 ottobre 2022

Breve biografia non autorizzata di Piazza Berlinguer, Crotone

Oggi vi parlo di una piazza a Crotone. Cercherò di essere breve, ma è bene raccontarla questa piazza.

Prima di questa piazza c’era un raccordo stradale con al centro una pompa di benzina. Nella fine degli anni 90′ l’amministrazione comunale di Pasquale Senatore realizzò un’opera colossale che partiva dalla piscina Coni fino ad arrivare al cimitero, ovvero il lungomare di Crotone. Nella riqualificazione, discutibilissima, fu ricavata una piazza, e l’idea di spazio fece ben sperare.

Però era una piazza indisciplinata all’inizio. Bande di giovinastri che usavano le auto perché non sapevano come raggiungere i locali più in dimostrarono che c’era un problema di circolazione. All’epoca, la cosiddetta movida era racchiusa in pochi posti, e i giovanotti dovevano raggiungere quei posti.

Ci hanno messo qualche anno solo per dare un senso di equilibrio nella circolazione.

Poi c’erano delle fontanelle che non si accendevano mai, perché costruite in basso e vittime perenni del vento che soffiava dal mare.

In un impeto di creatività si preferì seppellire le fontanelle (soldi sprecati) e si fece uso di fioriere e piantine che duravano poco tempo tuttavia. Essì, perché ci si passava sopra e non erano curate regolarmente, tranne i primi giorni da volontari che puntualmente si stancavano, perché ogni giorno c’era sempre qualche vandalo o qualche padrone di cane che lasciava il proprio amico defecare con tranquillità.

All’inizio, questa piazza aveva un potenziale inespresso. Ha cominciato in qualche modo ad esprimerlo con le attività ristorative che si sono sviluppate nel tempo, aumentando di riflesso il volume di traffico indisciplinato però.

Già, perché il lungomare di Crotone è sempre stato ibrido. Un po’ pedonale, un po’ veicolare. E con angoli critici.

La piazza insomma veniva spesso struccata.

Poi l’amministrazione Pugliese ha avuto la compiacenza di allargare la zona pedonale arrivando fino a Piazzale Ultras, e questa mossa ha liberato la piazza decisamente valorizzandola nel passeggio ma anche in iniziative di vario tipo come spettacoli e incontri politici. Ma questo poteva durare solo l’estate e le domeniche. I problemi si presentavano sempre.

Vandali e cani passeggiati da padroni distratti erano il guaio principale, e questo struccava molto la piazza. E già, perché gli indisciplinati sono una razza molto caparbia.

E in una piazza come questa è un peccato, perché può essere una bella cartolina di Crotone.

Che cosa succede poi?

Arriva la pandemia che penalizza tutti i locali, e arriva una legge riparatrice dello Stato che concede la possibilità di sfruttare maggiormente il suolo pubblico. Questo come una sorta di risarcimento per il lavoro mancato.

Ma prima di parlare di ciò, arriva la buon volontà di un gruppo di ragazzi, i cosiddetti krotoniati, che prendono in mano la piazza e la cambiano decorandola con una leggera e sobria opera di riqualificazione, con la ciliegia di un piccolo monumento dedicato all’antica Kroton, che nonostante non sia una grande opera d’arte permette alla piazza di truccarsi di nuovo e stavolta con l’occhio vigile di volontari.

Ma anche qui la storia, seppur bella e nobile ha dei limiti. Perché i volontari non sono eterni e prima o poi allentano la presa, anche se il monumento fa la sua minima parte.

E allora arriva il suolo pubblico, diciamo allargato.

Ma solo per la stagione estiva.

Allora nonostante l’ambiente che è stato costruito all’esterno di tale locale risolve un ovvio problema di pulizia, seppur invasivo, arriva la polemica radical chic.

Questa foto suscita il dibattito perché con uno dei lungomari più lunghi e in una piazza dove la pedonalità è garantita intorno sia a visione del mare sia sul lato strada, il problema diventa la passeggiata.

Ora su un problema di regolamento che dovrà essere ovviamente chiarito dagli organi di competenza (con enorme frustrazione di chi il suolo pubblico lo aveva pagato), la mia domanda è perché si rinuncia a vedere il positivo e buttare il negativo dove non c’è?

Il Comune di Crotone non ha personale che si mette pulire la piazza ogni notte.

I volontari, bontà loro, avranno sempre dei limiti (e ovviamente non bisogna sfruttarli sempre e comunque, come qualcuno vorrebbe fare).

C’è poi il problema di cosa dovrebbe diventare Crotone domani. Se vuoi puntare ad un turismo queste operazioni si fanno eccome, anche perché l’obiettivo primario sarebbe rendere ancora di più pulita la piazza e dare un senso alla cartolina che bisognerà prima o poi presentare ad un pubblico futuro. E oggi il compromesso è necessario, in mancanza di risorse per qualcosa di diverso.

Eppure a qualche crotonese non interessa l’obiettivo, ma apparire importante nella sua dubbia moralità.

Poi ho scoperto l’autore della foto (guarda caso un noto radical chic). Un personaggio noto negli ambienti politici. Ha avuto il merito di riqualificare una via del centro storico con la sua attività. ma anche a me sarebbe piaciuto passeggiare senza incocciare qualche tavolo di troppo. Eppure è proprio lui a far la morale.

Ma se quel tavolo di troppo serve a rendere pulito il posto, per me ben venga.

Altrimenti si continua a degradare e a ricominciare daccapo.

Questa è la storia di Piazza Berlinguer a Crotone.

Aurelien Facente, 14 luglio 2022

L’acqua, le cucuzze e il culo del cucuzzaro

A Crotone siamo vittima di un gioco malsano. Bene che si sappia, perché qui siamo davanti a violazioni di diritti umani e di diritti di chiarezza, e questi ultimi si sono andati a fare benedire da un bel po’ di tempo.

A Crotone e provincia (parte) in un giorno d’estate, la signora Sorical appare e raziona l’acqua. Il perché è presto detto. La giustificazione arriva puntuale sui giornali locali, e arriva la denuncia del megadebito della signora Congesi, un consorzio uscito dopo la chiusura di Soakro, altro pasticciaccio della politica lungimirante crotonese. Ma neanche Sorical è da meno in quanto pasticciaccio, solo che lei è figlia della Regione Calabria.

Questa simpatica (ma tragica e rompiscatole) storiella avviene puntualmente ogni anno d’estate, e puntualmente ogni anno scopriamo che ci sono milioni di euro in ballo, senza mai capire perché chi paga la bolletta dell’acqua debba essere penalizzato in questa guerra tra enti, che ovviamente giocano al cucuzzaro. Loro sono le cucuzze, e i cittadini il cucuzzaro.

Sono andato nell’orto e ho trovato tre cucuzze. E perché tre? E allora quanto? Tutto in culo al cucuzzaro.

Sintesi perfetta di questa situazione che dura da parecchi anni.

E cosa succederà? Arriveranno i sindaci con le loro ordinanze e riapriranno l’acqua.

In un gioco eternamente singolare per la pazienza del cucuzzaro, ovvero il popolo.

E questa storia va avanti da anni, in barba ad ogni diritto sancito su un referendum che definisce l’acqua come bene pubblico, ma gestito come se fosse qualcosa di privato. La prova sta nel fatto che si stringe il rubinetto, senza però chiedere parere al popolo.

Ora, a distanza di anni, qualche domanda sorgerebbe spontanea. Eccome se sorge.

La prima è perché non si va in tribunale a risolvere definitivamente la faccenda.

La seconda è perché a distanza di anni ancora non si è voluto raggiungere un accordo di ripianamento debito su più anni, vista la scarsezza economica che vige nelle casse dei comuni coinvolti, e perché non si è fatto un accordo.

Terza domanda è una risposta velata: ci piace dare spettacolo.

Ora, a discapito di qualsiasi ironia, l’argomento acqua non è da prendere alla leggera. Ed è giusto che il servizio vada pagato, soprattutto se c’è una continua manutenzione. Ma non prendiamoci in giro con questi giochetti di forza per dimostrare chissà che cosa.

Negli ultimi tre anni un accordo si poteva trovare benissimo, e nelle ultime settimane, vista la riacquisizione della Sorical da parte della Regione Calabria sarebbe stato ancora più motivante farlo. Anche perché adesso, in un forte periodo di ristrettezze economiche, non è plausibile cacciare il grosso assegno come se fosse un gioco di prestigio. Perché è evidente che ora il denaro serve a tutti in un periodo di povertà.

In Calabria l’acqua è un argomento molto importante. Oltre che abusato nel tempo. Ogni provincia in Calabria ha una sua storia con tutte le sue complicanze perché non c’è mai stata una progettazione comune atta a rendere il servizio quantomeno civile. Ci sono piccoli progressi tecnici, ma Sorical non può nascondere, così come altri consorzi calabresi, che la gestione dell’acqua è stata un deficit economico perché oggetto da usare in campagna elettorale, e che alla base di questa visione ha ovviamente portato l’ente a farsi la guerra con altri enti. Una guerra mai risolta dove i cittadini di tutti i giorni ne patiscono gli effetti. Senza contare l’immagine che si dà alla Calabria in termini di servizio ed efficienza.

Una storia del genere, l’anno passato, ha fatto deviare parecchie persone dal tornare in Calabria, e non stiamo parlando di guasti, ma di questa guerra dell’assurdo che si poteva benissimo risolvere con la ridefinizione di un accordo.

Ora abbiamo un Presidente della Regione, Roberto Occhiuto, che un’operazione intelligente è riuscita a portarla in porto. Rendere la Regione Calabria come solo proprietario di Sorical, il che già questo permetterebbe un po’ di ordine. Ma di lavoro ce n’è da fare tantissimo a dire il vero, e proprio in virtù di questo cambiamento era auspicabile la definizione di un nuovo accordo senza che i cittadini della provincia di Crotone ne potessero risentire.

Ma sapete com’è? Qua si preferisce giocare al cucuzzaro. Solo che dalle mie parti, il culo del cucuzzaro cambia cucuzzaro. Perché anche alle cucuzze tocca fare il cucuzzaro. Come la ruota che gira insomma. Io so già chi sarà il nuovo cucuzzaro. Ma non lo dico. Si tratta pur sempre di uno spoiler.

Aurélien Facente, 4 luglio 2022

Fabrizio Corona e la verità che ci fa vedere… ma che non vogliamo ammettere

Preciso. Non sono un fan di Fabrizio Corona, ma lo rispetto. Perché lui è quello che non vogliamo vedere realmente, ovvero la rappresentazione di quello che il male della società italiana si è trascinato negli ultimi anni.

Ho avuto modo di visionare alcuni filmati di Corona che, qualche giorno addietro, ha presenziato l’inaugurazione di un negozio di vestiario in centro a Crotone, e badate che non è la prima volta che si fa vedere nella città di Pitagora.

Ebbi modo di notarne la presenza in un noto ristorante sul lungomare crotonese anni fa. Era il periodo dei primi problemi giudiziari mediatici che il personaggio viveva. Non entro nel privato e non entro nei dettagli, ma mi meravigliò un dettaglio. Aveva terminato di cenare, e si è prestato con estrema gentilezza a farsi dei selfie con il personale del ristorante. In maniera serena e tranquilla. La cosa mi stupì molto (ma fa parte del mestiere, mi dirà qualcuno), e in qualche modo ci rimuginai un po’ su. Non seguo la televisione e francamente sono molto contrario a un certo modo di mostrarsi. Ma questo lato umano del Corona mi aveva in qualche modo frastornato.

Qualche giorno fa, lo rivedo. Ero passato in lontananza e avevo visto la gente che entrava in questo nuovo negozio di vestiario sotto i portici. Non sono un amante delle inaugurazioni, soprattutto quando c’è folla. E, in effetti, la risposta non tarda ad arrivare, anche perché i filmati su Facebook e WhatsApp girano.

Anche in questa occasione mi stupisce, non tanto la voglia di vip di tanti crotonesi, la disarmante disponibilità del Corona a farsi immortalare con le persone. Qualcuno mi dirà che è il suo mestiere. Appunto, ma non lo fai solo perché è il tuo mestiere.

Corona oggi è quello che l’Italia rifiuta di vedere.

Un artista come Andy Warhol lo avrebbe applaudito, perché l’arte di Corona sta nel vendere la sua celebrità.

Proviene dal mondo dei paparazzi, la cui funzione è smerciare merce fotografica. Lui ne è maestro, e glielo riconosco, anche se eticamente può sembrare sbagliato. Ma il mestiere di paparazzo non lo fa chiunque, e devi essere molto scavezzacollo per praticarlo e venderlo. E questo ovviamente dà molto fastidio, soprattutto se becchi con certezza i bersagli dei tuoi scoop. Poi commetti l’errore e…

Corona ha saputo trasformare l’errore fatale in un’opportunità.

Lui è per l’immaginario collettivo una persona discutibilmente folle, eppure le sue inaugurazioni sono zeppe di persone. Te lo dipingono come un cattivo, ma lui si mostra disponibile (secondo me, se ci sai parlare, è pure simpatico) e amichevole. Lui ha commesso tante di quelle cavolate che avrebbe dovuto almeno restare chiuso per decenni in una comunità di recupero, ma lui è lì. Non me ne volere, Fabrizio. Ma il perché me lo sono chiesto, e sono arrivato ad una conclusione.

In Italia Fabrizio Corona è definito nel peggiore dei modi come star del trash.

Invece la commercializzazione del suo personaggio è solo l’opportunità di mostrare la deriva nazionale di un sistema politico e mediatico dell’Italia. Lui sarebbe benissimo un personaggio dei fumetti stile Diabolik o Kriminal, ma le sue avventure, vere o presunte, le leggiamo sui giornali.

Leggiamo la sua apparenza, ma dentro di lui non riusciamo a scorgere nulla, tranne quello che la tivù ci fa vedere.

Andy Warhol avrebbe ammirato questa estremizzazione delle sue teorie artistiche.

In verità, o quasi, il mutamento del Corona avviene nello stesso momento in cui il giornalismo comincia a decadere. Le riviste del pettegolezzo chiudono una dopo l’altra, tranne le storiche. Fare giornalismo in Italia è obiettivamente rischioso dal punto di vista economico. E oggi, effettivamente, un Fabrizio Corona paparazzo non renderebbe in Italia. E lui ha giocato di anticipo, mostrando quello che i media vogliono far vedere: uno spettacolo dove la gente si inorridisce, ma che nello stesso tempo ne rimane affascinata.

Lo scrittore J.G. Ballard lo avrebbe incluso volentieri nel suo romanzo sperimentale di fantascienza “La Mostra delle Atrocità”, perché di questo si tratta: della mostra di un’atrocità mediatica.

E davanti all’atrocità mediatica si sviluppa il concetto del dissenso.

Che se ne possa parlare bene o male, il Corona continuerà a vendere finché lo potrà fare. Perché è così che qualcuno ha voluto, e lui ha solo colto l’occasione di trasformare l’odio per lui in una macchina economica. Non tutti ci sarebbero riusciti, ma in una società che si appresta a glorificare la mostra delle atrocità è ben permesso e accettato.

Alla fine Corona, paradossalmente, diventa utile. Perché ti fa vedere quello che gli altri fanno finta di non vedere perché preferiscono l’illusione dell’apparenza.

Perciò ho trovato il dibattito crotonese avvilente. Perché tutti sono cascati nel gioco dell’apparenza. E per tale motivo non posso purtroppo nascondere un rispetto per Corona. Mi fa rivivere il romando di Ballard, che tra l’altro è tra i miei autori preferiti.

Aurélien Facente, 3 luglio 2022

L’omicidio del voto rappresentato dai referendum sulla giustizia

Che cos’è il voto oggi? Si tratta realmente di un simbolo di libertà di pensiero oppure è un atto di sottomissione? E se è un atto di sottomissione, chi ci sta?

L’ultimo referendum sulla giustizia con 5 domande (di cui almeno due importanti) meritava la riflessione, la discussione, la promozione. Tranne qualche faccia nota, la indifferenza istituzionale prima e quella mediatica dopo hanno influito molto sull’andamento della indifferenza al voto, sancendo ancora di più la separazione tra la politica e il pubblico, inteso come gente.

Non arrivare al 20% solo nella storia elettorale della città di Crotone, posto dove vivo, è sintomo ormai di una frattura multi scomposta che ormai sarà difficile risanare, se non tramite una lunga terapia di franchezza e chiarezza, cosa difficilissima per la generazione politica che ama il sotterfugio e la codardia, usando anche maschere di destra e di sinistra che non appartengono loro minimamente. E quelli che dovevano rompere il sistema, come Lega e Cinquestelle, danno il colpo del KO definitivo proprio con l’anomalia del governo Draghi che tutto è tranne il governo che serviva all’Italia, con buona pace del Presidente Mattarella cui forse (anzi è probabile) il bis non giova per nulla.

Non prendiamoci in giro. Ormai, vista anche l’affluenza alle comunali, la gente non crede più a questa generazione politica. Vota chi ci crede e chi s’illude di crederci. Il resto no. Un dato di fatto ormai incontestabile.

Si tira troppo la corda? Inevitabile che si spezzi se la corda è mal curata. Sembra un esempio banale, ma in Italia e a Crotone è accaduto proprio questo. Si pensa che la leggerezza e la propaganda tenessero lontana la pesantezza dell’esistenza. Non è così.

Ora capire le ragioni di questo massacro elettorale è lungo e complicato perché le origini partono da lontano, e la malattia è conclamata su tutti i livelli.

Una malattia di marcio che viene percepita proprio attraverso i media, che preferiscono raccontare verità assurde pur di non andare al centro del problema. Ci sono sacche numerose di persone che non credono più alla politica. Li hanno chiamati in tutti i modi: populisti, fascisti, no vax, putiniani.

Hanno puntato il dito contro senza mezza misura e senza mezzo ascolto.

Le élite politiche hanno preferito questo gioco di elevazione sulla testa delle persone, condannandole anche nel non aver avuto l’opportunità di avere un percorso di studi sufficiente.

Un comportamento disgustoso. E ovviamente recepito in silenzio dal pubblico, che poco alla volta si allontana. Un pubblico che non recuperi più. Perché semplicemente non ti crede, e non trova l’utilità nel voto. Perché il voto è un credo, e il credere si basa sulla fiducia. Se tradisci la mia fiducia, io non ti voto.

E il referendum, seppur tecnico e complesso, è stata la prova del fuoco.

Ci troviamo inevitabilmente in una deriva senza precedenti. I giornaloni possono prendere in giro chi vogliono, ma le redazioni farebbero bene a farsi un’altra domanda: perché la gente non vota?

Sempre colpa dei fascisti, populisti, no vax, putiniani e quanto altro ancora?

O mera incapacità di una politica generale che non guarda più ai cittadini, ma solo a propri interessi di chissà quale natura?

La pandemia e la guerra in Ucraina, con le loro narrazioni esageratissime, sono state usate chiaramente da una politica non coraggiosa e non sincera per mantenersi alto, e i media hanno appoggiato l’idea di un governo eroico, che in realtà sulle scelte non fatte c’è da scriverci un libro.

Il tempo, poi, fa il resto.

Viviamo un’epoca che Andy Warhol sarebbe felice di vivere, perché è l’apparenza dell’immagine a dominare, e non la sostanza dell’individuo.

Questa generazione politica (e il fenomeno è molto più europeo di quel che si pensi) ha preferito l’immagine alla sostanza. Anzi, al fermoimmagine. Allo screenshot.

Quello deve essere e basta. Chi contesta è solo da mettere in pubblica piazza in pubblica esecuzione e pubblica umiliazione. Un comportamento da bullo sostanzialmente.

E nel frattempo lasciamo perdere i referendum, e stiamo nella macchina della giustizia sempre più burocratica che costa e produce pochi effetti giusti.

Questo ormai la popolazione lo recepisce. Perché è dalla giustizia che passa il senso dell’uguaglianza sociale, cosa che ovviamente è stata calpestata negli anni. Con buona complicità di un sistema che secondo Costituzione prevedrebbe la separazione dei poteri, ma in realtà sappiamo che non è così al 100%.

E poi c’è la mia Crotone. Affluenza bassissima. Ma in un posto dove non sono stati nemmeno affissi i manifesti del referendum, cosa si poteva credere?

Diciamoci la verità. Il referendum è stata la vittoria a supercazzola di un certo potere e ne gioisce.

Peccato che non si rendano conto che un piede nella fossa ce lo stanno mettendo proprio loro. E lo scopriranno nel 2023, sempre che si vada a votare. Perché qui, mi dispiace dirlo, sono abbastanza scettico.

Anche io non credo a questa generazione politica.

Aurelien Facente, 13 giugno 2022

Anche i partiti invecchiano (e male pure)

Comunque vada oggi nelle spiegazioni di qualche politicante molto rampante alla conferenza stampa dentro le stanze del Comune di Crotone, ormai Forza Italia è un partito vecchio e decrepito. I partiti invecchiano come le persone, e possono invecchiare male. Altroché.

Negli anni 90′ e nei primi 2000 Forza Italia era un partito rampante, forte di un leader che, purtroppo per lui, ha preferito circondarsi di tanti Yes Men e di tante belle Ochette Giulive. Non ha voluto eredi ideali, e dopo la batosta giudiziaria è iniziato il declino.

Sì, perché lui, forte comunque di un cervello intelligente, non ha pensato a qualcuno che potesse prenderne il posto. Tra Yes Men e Ochette Giulive non trovi il fenomeno capace di mantenere alto il ritmo. Lo Yes Man per natura è il personaggetto che dice sempre sì, e mai no.

E qui iniziano gli acciacchi dell’anzianità.

Qualcuno potrebbe invecchiare bene grazie al dono della saggezza. Ma poi ascolti qualche Oca Giuliva che raglia come un ciuccio in televisione, e ti rendi conto che ormai la pensione è più d’invalidità mentale che di vecchiaia. Il brutto è c’è chi appoggia questo tremendo gioco, a discapito della bellezza della democrazia e del buon senso.

Forza Italia negli anni 90′ aveva un suo fascino indiscusso. Rappresentava un punto di rottura con la vecchia politica. Aveva un’ambizione mondiale. Berlusconi è stato storicamente un politico abile, con tante ombre però. Ma era un capo, e voleva attorno a sé impiegati e basta, molto simili a Fantozzi ma vestiti bene.

C’è voluta una strana legge per non permettergli di tornare a fare il capetto nel parlamento italiano. Ma al suo posto c’erano i Fantozzi che si era scelto. E come buon capo anziano, nel momento dell’allontanamento, ha preferito conservare lo spirito, ma non di migliorare la sua squadra di impiegati. Un caso anomalo, si direbbe, se raffrontato ai suoi tanti successi sportivi con il Milan prima e il Monza adesso.

Oggi Forza Italia è un partito superato e vecchio. Non propone contenuti, ma sopravvivenza tra gli scranni del potere. Prima osavano dare bastonate un po’ a tutti con quell’energia televisiva che ce li faceva vedere olimpionici, con vette di voto che superavano il 40% da soli. Oggi fanno da stampella. Con un misero 6% stando i sondaggi (ma la realtà è ben più drammatica).

La storia di Forza Italia a Crotone segue lo stesso percorso italiano. Non si smentisce. Negli anni 90′ ebbe una sua forza propulsiva che poi nel tempo si è dispersa. Grazie ad un onorevole entrato nel secondo tempo della legislatura, ha riacceso una fiammella. Ma ahimé, come il buon Silvio, anche lui ha plasmato secondo la concezione di Yes Men la sede crotonese. Eppure ‘è stato un momento dove io stesso stavo vedendo che c’era la voglia di farlo frequentare di nuovo, ma quelli che avevano una personalità dignitosa… beh, non sono dei Fantozzi. E così successe che l’onorevole si adagiò sulle macchine da voto che si era portato nel partito. Macchine da voto che erano in dote ad altri. Prendono voti e basta. Poi, scusatemi, il nulla cosmico. Tranne qualche sede qua e là, e qualche letterina molto carina pubblicata sui giornali. Senza dimenticare le apparizioni televisive dei più noti.

Lo so. Sono cattivo, cari signori. Ma Forza Italia era molto forte negli anni 90′ perché era giovane. Poi è invecchiata, come io sto invecchiando. Ma mentre accetto con serenità la vecchiaia che arriverà con alti e bassi, e questo mi permette di stare in piedi pure bene a dir il vero, io assisto alla vostra vecchiaia. Una cattiva vecchiaia. Dal bastone verso l’alto alla stampella verso il basso.

Questo la gente lo ha visto e oggi se ne rende conto. Non è un caso che Forza Italia non guadagna iscritti, ma li perde. Non è il solo partito che li perde. Ma mentre gli altri si sforzano, Forza Italia vive di ricordi nostalgici restando ferma in un passato che non c’è più, e un futuro buio visto che ormai il malato è in stato di coma.

A me dispiace, sia chiaro. Non è bello parlare in questi termini.

Ma per quello che ho visto, ho l’impressione che il trapasso sia inevitabile. Perché nella sabbia del tempo c’è un vortice forte e violento, e quando si è risucchiati nel vortice gli appigli sono casuali e rari. E molti non riescono ad afferrarli. Così il vortice risucchia, e poi silenzio.

Era un bel partito Forza Italia. Lo era una volta.

Oggi aspettiamo solo che la spina si stacchi.

Aurelien Facente, 9 giugno 2022

PS: Ai vivi si deve rispetto, ai morti solo verità. Lo scrisse Voltaire. Passo e chiudo.

La brutta stagione degli incendi a Crotone

Io ormai non riesco più a scandalizzarmi di quello che succede nella mia città, soprattutto in materia di incendi. Capitano in ogni città, vuoi per mano criminale, vuoi per casualità, vuoi per guasto a qualche impianto, vuoi per degrado.

L’ultimo weekend è stato pirotecnico.

Due incendi diversi e accomunati dal degrado istituzionale.

Il primo a Parco Pignera al confine stadio.

Un piccolo incendio che per professionalità dei pompieri è stato domato in fretta e con ottima organizzazione. Già, perché a Crotone c’è un’ottima squadra di pompieri. Non lo dice mai nessuno. Però hanno saputo affrontare al confine del parco qualcosa che poteva allargarsi, diciamolo chiaramente.

Poi c’è stato il giorno dopo un altro incendio, in una vecchia struttura dell’Asp quando era Asl a Corso Messina. Sopra vedete la foto. Una struttura volutamente abbandonata tra vari duelli istituzionali e che era ormai ridotta ad un vecchio rudere nel centro crotonese. Prima o poi qualcosa capita sempre.

Essendoci indagini in corso, attendendone l’esito, la sola cosa che mi scandalizza è il dito puntato contro.

Come se la stagione degli incendi a Crotone non ci fosse mai stata.

Ora si usano le seguenti parole: criminali, vigliacchi, seminatori d’odio.

Senza aspettare l’esisto delle indagini. Che sarebbe saggio, dopo aver smaltito una giusta prima rabbia. Siamo umani. Sacrosanto indignarsi. Ma poi lasciare che la giustizia lavori,, e sarà un lavoro difficile.

Perché a Crotone, si sa, l’omertà è una seconda religione.

Ora si urla un po’ di più, ma poi ci sarà il silenzio. E resterà un brutto ricordo da dimenticare.

Ma non spegnerà la stagione degli incendi che non hanno limiti nello spazio e nel tempo.

Crotone è abituata agli incendi.

Mi limito a ricordare i primi anni 2000. C’è stato un anno dove piromani professionisti muniti di veicolo appiccavano incendi, usando come bersaglio automobili di privati cittadini. Questa storia è andata avanti per un anno almeno. Non c’era notte che il bollettino delle auto bruciate non fosse aggiornato. Nel quartiere Tufolo, in una piazzetta adibita a parcheggio, andarono a fuoco ben otto veicoli con fiamme che arrivavano molto alto.

A Crotone le macchine bruciavano.

Ma anche qualche attività è finita in fiamme.

E non sembra che la politica fosse presente a commentare e a condannare e a prendere le distanze. E neanche a discuterne all’interno di qualche consiglio comunale e o provinciale. Meglio stare zitti sul mostro. Lasciamo la cronaca lavorare e la giustizia pure, nel più completo silenzio.

Ma la vicinanza a quei cittadini che hanno perso la loro macchina o la loro attività non era mai stata espressa.

Io ricordo. Magari ci sarà stata della solidarietà nel silenzio, il che sarebbe anche un bene. Ma il silenzio nell’omertà suona spesso come una beffa. Anzi, è una beffa.

Potrei raccontarvi di centinaia di attentati dolosi (e incidenti) accaduti negli anni.

Quello che non va alimentato è l’accanimento moralistico su episodi, indubbiamente gravi, che però vanno contestualizzati e ragionati. Non puoi parlare di attentato se non hai le prove materiali, non puoi parlare di odio se non sai che cosa è pur esprimendolo, e non puoi parlare di innocenza a priori quando magari i potrebbe essere più colpevoli di quel che si pensa.

Io ero presente quando è divampato l’incendio a Parco Pignera. Ero andato a vedere il concerto della Rino Gaetano Band al quartiere dei 300 alloggi. Ho visto partire i pompieri, confidando nella loro professionalità. Ho visto anche le fiamme, ma ho visto anche il più basso istinto moralistico in diretta.

Sono uscite delle storie. Sono usciti anche degli attacchi verso determinate persone. Il processo non si è fatto attendere.

E nel frattempo il vero mostro si è dileguato, perché magari ha ottenuto quello che voleva.

Crotone ha prodotto dei mostri. Certo. Non è complottismo. Si tratta del malessere che si crea all’interno di una società che non vuole armonizzarsi, e che passa da un estremo all’altro. Quando si stava bene, era comodo il silenzio. Ma quando si comincia a star male, il silenzio non va più bene. E in questo frangente nascono nuove forme di mostruosità invisibili. E nel medesimo lasso temporale non si accorge di essere ancora ciechi.

Non ho scritto questo articolo per condannare a priori. Scrivo per comprendere. Perché se voglio trovare il mostro, devo provare a comprenderlo. Non giustificarlo, ma comprenderlo.

In tutto questo urlare al colpevole, è sfuggito un elemento al quale dovremmo un po’ tutti guardare al meglio. Non ci sono stati feriti, e nemmeno vittime. Soprattutto all’incendio di Corso Messina, visto che il palazzo in questione è ubicato vicino ad altre abitazioni.

I pompieri hanno spento le fiamme.

Da altre parti qualcuno dovrebbe spegnere il nero della propria anima.

E ammettere che la stagione degli incendi non ha una sua stagionalità.

Il mondo è cattivo finché voi lo vorrete. In fondo Crotone ha una sua anima cattiva, e questo perché ha voluto tralasciare quella piccola fiamma di bene che andava alimentata. Crotone è piena di problemi. Ma è anche piena di difetti. Il più delle volte non si guarda oltre al proprio orticello. Non si accende la mente e non si accende il cuore.

In un contesto come questo si accende qualche altro tipo di fiamma. Inevitabilmente, soprattutto se in questo posto si sopravvive più che vivere. E in tal contesto l’odio si alimenta facilmente come una fiamma che brucia un foglio di carta che poi diventerà cenere.

Forse è per questo che sarebbe meglio provare a comprendere piuttosto che puntare il dito. Perché Crotone ha una malattia che dura da troppo tempo. E si fa poco per curarla con dovizia. E di certo non la curi con il dito accusatorio assommato alla demagogia.

Aurélien Facente, 30 maggio 2022