La devastazione del silenzio (Gres 2000)

Dovreste farvi un bel giro all’interno della zona del Passovecchio, la zona industriale di Crotone, attraversata dalla strada statale 106. Imboccate una via che vi porta all’interno della zona industriale. Prendete la direzione verso il mare. Andate in fondo. Dovete andate in fondo. Arrivate vicino la defunta Gres 2000 e fermatevi.

   E ascoltate prima di guardare.

   Ascoltate il silenzio di qualcosa che non c’è più.

   Se avvertite un brivido o una sorta di disgusto, non provate nemmeno a contrastare quella sensazione. Meglio conoscerla.

   Poi aprite gli occhi. Guardate quell’enorme manufatto industriale, completamente silente e tutto vuoto. Ascoltate quel vuoto. Fatelo e basta.

   Poi guardatevi intorno. Troverete capannoni industriali attivi, ma troverete anche capannoni mai finiti di costruire oppure lasciati all’abbandono.

   Nessuno parla della Gres 2000 oggi. Una fabbrica di mattonelle che doveva rappresentare una prima reindustrializzazione. Una storia finita male.

   Oggi c’è il silenzio.

   Il silenzio del cadavere ormai devastato. Adesso c’è solo il tempo che infierisce sulla struttura. Solo il tempo.

   Ci sono andato ieri mattina, e potrei tornarci.

   Mi ha fatto impressione.

   Un’enorme struttura lasciata all’abbandono.

   Nessuno la vuole prendere e provare a farne qualcos’altro. E intorno ci sono altri posti vuoti.

   Solo una foto e basta per oggi.

   Voglio soltanto ascoltare il silenzio.

   Il silenzio di un lavoro che non c’è più. E non ci sarà più…

Aurélien Facente, febbraio 2020

La lunga corsa riparte da Crotone, ovvero la sfida di Tansi e di Voce

La Calabria, al termine delle elezioni regionali, non aveva riservato grosse sorprese. Tutto come previsto, come si legge dai sondaggi nazionali. Il centrodestra vince. Il centrosinistra all’opposizione. Gli altri fuori dalla Regione Calabria.

  Tra gli altri, c’era un certo signor Carlo Tansi, che ha avuto tra i suoi candidati l’ingegnere Vincenzo Voce.

   Nove anni fa, l’ingegnere Vincenzo Voce (era primavera) si candidò a sindaco con un piccolo movimento. Salì sul palco di fronte al Comune di Crotone ed esplicò un proprio programma, molto rispettoso dell’ambiente, davanti ad un pubblico poco numeroso.

   Il movimento scomparve, ma lui è rimasto a lottare.

   Anno dopo anno, mese dopo mese, giorno dopo giorno. Tra tante difficoltà, la costanza lo ha premiato. Le sue continue denunce e il suo progetto lo hanno premiato, entrando nei cuori delle persone, tanto da poter permettersi, giustamente, di camminare a testa alta tra la gente e per le vie di Crotone.

   In questo inizio anno si è candidato per le regionali a supporto dell’altro, quel signor Carlo Tansi che ha dimostrato costanza nel proprio progetto regionale. Se non fosse stato per l’alto astensionismo, forse sarebbe entrato in consiglio regionale.

   In verità, il signor Tansi ha pagato lo scotto del debuttante, così come nove anni fa lo aveva pagato l’ingegnere Voce.

   Non me ne vogliano i signori. Un piccolo riassunto è d’obbligo per capire il discorso che il sottoscritto vuole portare avanti.

   In Calabria ho visto tante liste scomparire nel dimenticatoio, pur avendo avuto qualche risultato interessante. La costanza è un valore raro in Calabria, molto raro. Non voglio parlare di coerenza, ma di costanza, che forse è oggi il valore più importante.

   L’ingegnere Vincenzo Voce è stato il candidato a consigliere più votato a Crotone (ma non nella circoscrizione intera). Segnale che indica che c’è una parte di cittadini che vuole cambiare proprio pagina, e l’ingegnere lo sa bene.

   Stamane, domenica 2.2.2020, s’è scritta una bella pagina di democrazia e di politica.

   È una bella pagina perché è molto raro vedere una lista rimettersi in piedi dopo qualcosa che altri vogliono vedere come una sonora sconfitta (anche se la vera sconfitta è l’astensionismo calabrese).

   Che Vincenzo Voce stesse pensando di rigiocarsi la candidatura a sindaco di Crotone in questo momento storico della città era un’ipotesi prevedibile, oltre che una possibilità da cogliere al volo. Che lo facesse con Carlo Tansi era un’ipotesi azzardata, che oggi è fattivamente realtà. Bello vedere che il signor Tansi, l’altro, abbia deciso di ripartire proprio da Crotone, e di candidarsi al consiglio comunale proprio per sostenere l’ingegnere Voce, e farlo davanti ad un pubblico di cittadini che si è riunito in una piazza della città, a pochi passi dal mare.

   Io, personalmente, non ci sono stato. Non potevo esserci. Preferisco essere il blogger a debita distanza di osservazione. Però in cuor mio speravo in una soluzione del genere, perché in passato ho assistito a tante storie interrotte. Posso testimoniare tutte le persone che si sono sentite umiliate dopo aver fatto il possibile per realizzare un progetto politico all’interno dell’ente, per provare a realizzare qualcosa di diversamente onesto. La Calabria, come Crotone tra l’altro, è una terra difficile, dove ormai l’astensionismo è una regola di chi ha assistito a tanta decadenza. Una terra dove è facile abbandonare piuttosto che restare in sella. Ho visto tanta gente andare via dopo che i progetti politici erano stati umiliati. Ho visto persone che non volevano ricandidarsi dopo aver visto solo il bicchiere mezzo pieno. Sono pochissime le persone rimaste a voler combattere per un qualcosa di diverso, di un qualcosa che vada oltre la classica immagine della Calabria delle salsicce e soppressate che si vuol far continuare a far vedere al resto dell’Italia.

  Perciò speravo che Carlo Tansi ripartisse proprio da Crotone, la città abbandonata da tutta la politica che conta. Speravo che il dato politico di Vincenzo Voce non si fermasse a quei 3187 voti (meritati), simbolo proprio di quel lavoro costante che negli anni ha svolto a Crotone, tra tutte le titaniche difficoltà che l’ingegnere ha sempre prontamente denunciato e raccontato.

   E oggi Carlo Tansi e Vincenzo Voce hanno scritto una bella pagina di politica dentro una piazza di tanti cittadini normali che hanno bisogno di voltare pagina.

   Sono piccole pagine che vanno scritte e ricordate, al di là se si possa sostenere il progetto politico o no.

   Perché alla fine questa terra chiamata Crotone, al di là dei problemi ambientali e strutturali, ha prima bisogno di avere dentro di sé persone che possano dimostrare prima di tutto costanza.

   Già. La costanza. Un valore di cui si parla sempre troppo poco.

Aurélien Facente, 2 febbraio 2020

Il dolce scherzo di Frog

C’è un artista che si firma Frog, Sta lasciando in giro per la città di Crotone una serie di opere disegnate e attaccate come poster nei muri degradati della città. Di notte Frog installa e come per magia il mattino dopo il muro degradato s’incanta di bellezza e contenuti.

   Un gesto puramente artistico e semplice.

   Almeno per chi è abituato a vivere con concetti d’arte.

   Sono tanti gli artisti che hanno usato i muri per esprimere la propria arte.

   Pittori che hanno dipinti affreschi, i writers dei muri in giro per il mondo, e adesso la cosiddetta poster art.

   In Calabria abbiamo un nobile predecessore di Frog. Un certo signor Mimmo Rotella di Catanzaro. Anche lui si è occupato di abbellire i muri della sua Catanzaro tantissimi anni fa.

   Erano anni dove la strada era il principale mezzo di comunicazione dell’arte. Un concetto che oggi Frog ripresenta a modo suo.

   A Crotone impazza la Frog mania.

   Tutti a chiedersi chi è, perché lo fa, perché proprio a Crotone. La notizia rimbalza tra i social attraverso le varie testate, tanto che ti fa capire che forse il giornalismo crotonese in primis ha bisogno proprio di contenuti.

   Poi ci sono le persone. Certo, qualcuno s’è trovato l’opera sotto casa. L’ha fotografata e postata su Facebook. Tutti a ringraziarlo.

   C’è un estremo bisogno di bellezza a Crotone, così come c’è un estremo bisogno di ascoltare una favola, di viverla.

   Crotone, la città che si fa tanto vanto del suo lontano e glorioso passato, eppure ha bisogno di vivere il presente con colori vivaci, visto che oggi è una cittadina molto grigia, rassegnata, lasciata all’abbandono dalle stesse anime che la popolano.

   Non offendetevi, cari crotonesi.

   Perché in fondo sapete che questa città vive un degrado continuo con colpe molto condivise. Una città dove è più facile chiudere un posto piuttosto che aprirlo.

   Frog è un artista contemporaneo, testimone del suo tempo.

   Ovviamente che vive a Crotone e in Calabria.

   Lascia le sue opere in giro, attaccate a muri ben scelti.

   Pezzi di carta attaccati come manifesti, e disegni molto comics.

   Il bisogno di bellezza nelle strade rifiorisce nei cuori dei cittadini.

   Me ne sono occupato in video un po’ di tempo fa.

   Ho studiato il suo profilo artistico, tenendo conto che alla fine Frog ha iniziato un giorno artistico.

   Non c’è da seguire la sua vera identità. Non al momento. Perché è lui/lei che troverà il momento di farsi vedere, sempre che voglia farlo. Non è uscito allo scoperto quando quel genio dell’ex vicesindaco di Crotone addirittura voleva affidargli tutto un muro, come se Frog si manifestasse per assecondare un gioco abbastanza volgare da parte della politica, che poteva e doveva tener conto già di altri artisti esistenti.

   Frog non imbratta i muri.

   Attacca le sue opere, raccontando i suoi stati d’animo del momento. Ogni lavoro è un indizio sulla sua anima, sensibile e attenta.

   Opere semplici e mirate.

   Opere di carta che affrontano gli imprevisti del quotidiano. Un disgraziato che strappa un pezzo di disegno per portarselo a casa, un giorno di pioggia che inumidisce il muro che non può tenere il disegno (già, l’umidità dà molto fastidio alla colla), poi magari scopri che è un bambino a strappare e non te la puoi prendere, oppure scopri che su quel muro dovevano farci una nuova colorazione, e allora si sbarazzano dell’opera, che è già concepita per essere sbarazzata.

   E la gente parla.

   Il deturpamento fa parte del giorno, anche se voi non lo volete.

   Frog è quel tipo di artista che gioca con il dissenso, e di certo non piange se qualcuno o qualcosa deturpa l’opera. Per lui è più importante il messaggio piuttosto che l’opera in sé. Perché Frog concepisce un concetto di arte che ha più bisogno del contenuto piuttosto che della forma. L’arte è rivolta a tutti e deve essere in qualche modo fruibile a tutti. Un concetto simile pensato da Keith Haring, l’artista concettuale che aveva capito il bisogno di arte nelle persone più semplici. Perché tutti hanno bisogno della bellezza. Almeno sotto casa, perché oggi la gente difficilmente compra un dipinto, o una fotografia, o un disegno.

   L’arte in strada stimola la persona normale. L’arte crea dissenso. Guai se non fosse così. Frog funziona perché crea dissenso. Il dissenso è importante perché è alla base della libertà del pensiero che si muove.

   E il pensiero che si muove è il primo atto per il miglioramento di tutto ciò che è intorno a noi.

   Frog ha di recente realizzato un ritratto del procuratore Gratteri.

   Un lavoro abbastanza semplice.

   Notizia sui giornali.

   L’opera viene deturpata.

   Notizia sui giornali.

   Dissenso generale.

   Frog si nasconde tra le ombre di una città grigia, e tutti s’indignano per un deturpare che già faceva parte del gioco.

   L’importante è il dissenso, il sapere di avere una coscienza pensante.

   Lo seguo nei suoi percorsi. Ma non mi ossessiono a capire chi è. Capisco il suo progetto. Lo rispetto. Ne parlo come se fosse un ragazzo.

   Frog è un’idea, e tale resterà per il momento.

   Sarà lui/lei a rivelarsi un giorno.

   Però, intanto, aspettate con pazienza.

   E giocate anche voi a questo dolce scherzo.

Aurélien Facente, gennaio 2019

Quel fenomeno di Matteo Salvini che molti si ostinano a non capire e a non vedere…

Da oltre un anno, chiuso nel mio antro, mi capita di vedere e ascoltare spesso Matteo Salvini, soprattutto nei video che fa e nelle interviste che rilascia. Osservo i suoi movimenti, ascolto il suo modo di parlare, sono un mezzo meridionale (la mia altra metà è francese) e non mi lascio trascinare dalle offese del passato.

   Conosco le provocazioni leghiste da quando andavo alle elementari. Pensate un po’. La maestra ne parlò apertamente una volta, definendo la Lega (che allora si chiamava Lega Lombarda) come pericolosamente razzista. Ne parlammo in quinta elementare, e correva l’anno 1989. Ma a dieci anni non ne capisci di politica.

   Poi negli anni 90’ fu Umberto Bossi il nemico da abbattere. Divenne protagonista antipatico del primo governo Berlusconi, e poi negli anni ne abbiamo viste di tutte, tra cui la celebrazione secessionista con tanto di bandiere nel Nord Italia.

   Poi, in pieni anni duemila, il terremoto giudiziario che di fatto distrusse il partito, riducendolo ai minimi termini. E infine iniziò l’era di Matteo Salvini.

   Un breve sunto di un soggetto che oggi fa pianta stabile in maniera preponderante del panorama politico italiano.

   Chi mi ha fatto guardare con occhi diversi Matteo Salvini è lo scrittore Mauro Corona, che occupa ogni martedì uno spazio televisivo nel salotto del programma “Carta Bianca” condotto da Bianca Berlinguer. Il buon Corona, noto per essere un uomo di montagna e un artista abbastanza poliedrico (non scrive solo libri, ha il suo pensiero da intellettuale tendente a sinistra, ma molto più indipendente. Ascoltare Mauro Corona è indicativo, anche perché è l’unico scrittore che dialoga con Salvini. E quando si accende il dialogo tra i due, ecco che la strategia del politico Salvini lascia spazio all’uomo.

   Sostanzialmente, in questa fase, è più utile ascoltare questo dialogo piuttosto che andare ad ascoltare o leggere uno come Saviano, che con Salvini vive una guerra mediatica che sa più di altro, ottenendo l’effetto che Salvini si è prefissato, ovvero maggior consenso.

   Ascolto Salvini, così come ascolto tanti altri figuri della politica contemporanea. Ascolto, osservo, imparo, e soprattutto non mi lascio condizionare dal pettegolezzo del web. Io ho amici che odiano Salvini. Lo scrivono su Facebook ogni santissimo giorno (neanche a Natale prendono una pausa). Al Sud Salvini è diventato un’ossessione.

   Ed è qui che Salvini gioca la sua partita.

   Se fosse un allenatore di calcio, Salvini entrerebbe di diritto nella storia dello sport.

   Il paragone sembra azzardato, ma l’esempio è chiaro.

   Ha preso un partito ridotto allo zero, spaccato, maltrattato. In pochissimi anni è diventato il primo partito del cosiddetto centrodestra. Anche Berlusconi ha dovuto mollare la presa (stiamo parlando di quel Silvio che in politica amava primeggiare a costo di far fuori i suoi migliori alleati).

   Se al posto della parola “partito” mettete l’espressione “squadra di calcio”, si capirebbe che sarebbe un allenatore di ottimo livello.

   Quindi, attenzione a definirlo “ignorante” o altro. È la tipica persona che sa incassare ogni genere d’insulto. Non si lascia impressionare. Anzi, addirittura risponde a tono. Nelle interviste, soprattutto quando l’avversario lo provoca, lui risponde a tono e nella maniera più democratica possibile. Anzi, a volte è pure fastidiosamente ironico. Però, centra il bersaglio. Lui forse non offre idee, ma gli altri nemmeno ne offrono di migliori. I suoi avversari più accesi usano lo scontro verbale con parole come “fascista”, “razzista”, “ladro” e altri epiteti, cadendo nella trappola. Sì, perché Salvini (con tutta la sua squadra) usa il web come non mai. Parla alla gente usando un linguaggio rassicurante. Usa spesso la parola “lavoro”. E soprattutto mantiene davanti al video sempre il controllo.

   Gli avversari lo denigrano, ma alla fine sono loro che devono rincorrere il primo in classifica.

   Ma nessuno risponde alla domanda? Come ha fatto la Lega a essere il primo partito del centrodestra in così poco tempo?

   La Lega nasce con un intento di realizzare un sistema federale all’interno dell’Italia, e nel passato non ha avuto paura di parlare di secessionismo federale. Ma questo poteva funzionare all’interno dell’Italia stessa.

   Quando l’Italia entra a far parte dell’Europa, lo scenario cambia totalmente.

   L’Europa è un insieme di Stati, ma non è una federazione. Questa caratterista è il vero limite dell’Europa. I primi a capirlo sono i leghisti, seguiti anche dai 5stelle (in Italia) quando erano all’opposizione del governo italiano. Tutto questo antieuropeismo nasce da come viene trattata la Grecia (altra situazione complicata), e da un blocco inglese che non le manda a dire (tanto che adesso c’è la Brexit).

   Quindi la Lega Nord diventa Lega perché per staccarsi da questa Europa e riportare l’indipendenza all’Italia, l’unica strada è proporre proprio il federalismo europeo (proposta interessante, a dire il vero) e per farlo bisogna prendere i voti dal nord al sud, e andare di persona a prendersi questi tanti voti.

   E cosa fa Matteo, eletto segretario generale della Lega?

   Inizia a viaggiare, e prende nota. Trasmette tutto sulla sua pagina Facebook e sugli altri canali social.

   All’inizio lo sottovalutavano, ma lui predica e ostenta pazienza (quella che non hanno i suoi avversari, e forse nemmeno i suoi alleati). Lui insegue la strada del consenso, e usa internet per farlo, tenendo conto che anche la televisione gioca un ruolo importante. Va in tutti i programmi televisivi e immaginabili, anche quelli dove Berlusconi (che un tempo era il primo riferimento del centrodestra) non andrebbe.

   Incassa, incassa, incassa. Ma non si abbatte. Anzi, addirittura la sfida è stimolante. E soprattutto dialoga. Eccome se dialoga. Non perde mai il controllo, anche quando lo scontro si accende.

   È come colpire un campione di boxe. Per essere campioni di boxe, non bisogna saper soltanto colpire, ma bisogna anche saper incassare. E il buon Matteo sa incassare. Anzi, lui si fa vedere mentre incassa gli insulti, e così facendo inizia la sua scalata verso il consenso, giocando proprio sul bisogno di semplicità che oggi l’italiano medio ha tanto bisogno.

   Gli altri si agitano. Lui non si scompone.

   Voi lo condannate? A lui non gliene frega niente, perché il dissenso fa parte del gioco.

   Lo chiamate fascista? Eppure lui usa i mezzi e non rifiuta le interviste scomode (oddio, rifiuta quelle che sono fattivamente inutili e ripetitive, e qui posso umanamente comprenderlo). Anzi, addirittura vuole che si parli di lui, perché aumenta il consenso.

   Lo chiamate pazzo? In politica come in guerra non esistono regole di fair play. O sai incassare e colpire, oppure è meglio stare zitti. Oggi la politica si semplifica così, e la vera politica non trova più spazi televisivi perché l’editoria varia non la concede.

   Quella la trovate in libreria, alla radio, forse in qualche programma notturno, e in qualche filmato via internet. Per il resto tutta la politica parla ormai un  linguaggio internet, e qui Matteo eccelle in materia. Lui, come la sua squadra, perché il Capitano è sorretto da una squadra che voi non vedete, ma c’è. Una squadra di comunicazione fatta apposta per lavorare per lui e con lui. Quindi non credete che sia solo. Lui è il segretario, ma non è solo.

   Dietro di lui, i sostenitori, i membri, gli attivisti… Tutta gente che sa come organizzarsi, e che può vantarsi di aver amministrato bene in alcune realtà (sempre a discapito del Sud, si sa). Quindi sa come andare a conquistarsi un Comune o una Regione. Ma il Capitano ha preso di balzo la volontà di conquistare la nazione, e per farlo ha capito (o gli hanno fatto capire) come immettersi nei posti non più frequentati dalla Sinistra perché preferisce sentirsi eletta oppure al sicuro di un caldo salottino da VIP.

   Guardate dov’è andato in Calabria.

   A Crotone venne quasi da solo. Non si mostrò in pubblico come altri leader, ma si fece intervistare. Con lui c’era la squadra che non vedevate. Andarono alla stazione dei treni di Crotone, e denunciarono il degrado della bidon ville che si era creata in quella zona perché le persone “extracomunitarie” erano in attesa di un documento, e non potevano muoversi. E aspettavano giorni e giorni alla stazione, abbandonati da un sistema che si definiva “accogliente”, ma che nelle vicinanze di un ufficio dei documenti non aveva previsto la costruzione di un dormitorio.

   Ecco, Matteo sarà pazzo e folle. Qualcuno lo vede come il diavolo, ma è innegabile il suo talento per guardare in faccia i problemi e portarli sul piatto del dibattito. Lui non avrà la soluzione (tranne quella drastica e forte), ma neanche gli altri hanno la soluzione pronta a dire il vero.

   Matteo è il Capitano della sua squadra. Ha fatto quello che qualsiasi segretario deve fare. Metterci la faccia e andare nei posti, e saggiare la realtà.

   Ma oggi Matteo è senza dubbio diverso. Ha fatto il ministro dell’interno in un governo ibrido con i 5stelle. È andato volutamente all’opposizione, scatenando una crisi politica pesante. Ha incassato il colpo, ma poi ha ripreso a fare quello che gli riesce meglio, ovvero parlare alle masse.

   In fondo lui è stato scelto dalla Lega per essere il segretario vincente.

   Punti deboli?

   Pochissimi, addirittura comici.

   Ma uno forte c’è. Un punto debole pesante.

   Un punto debole artistico, a dire il vero.

   Una scultura provocatrice, qualche tempo fa, che lo ritraeva come un assassino che sparava con i migranti lo ha fatto vacillare. C’è il video su YouTube. Quindi lui ha una sensibilità evidente per il dissenso che l’arte provoca. Una cosa che lui stesso non si aspettava. Provate a guardare e ascoltare i suoi dialoghi con Mauro Corona, uno scrittore con idee lontane dalle sue. Aprite le orecchie, e lì vedrete i limiti reali del Capitano. Ma solo se siete bravi e pazienti ad ascoltarlo.

   Ma ora il Capitano sta giocando la sua partita più grossa. Sta provando a prendersi l’Emilia Romagna per scardinare quel centrosinistra che, paradossalmente per tradizione, offriva una società funzionante. L’unica sacca di centrosinistra che funziona, ma che ha perso il consenso. Perché la sinistra si è mutata nel tempo, e lui, Matteo, lo sa bene.

   Dieci anni fa, nessuno avrebbe mai pensato che la Lega potesse candidarsi in Calabria. Oggi succede, e sta accadendo. La Lega ha preso voti importanti alle scorse europee, nella regione che si sente “più orgogliosamente terrona”.

   Conquistare la Calabria è importante per la Lega. Perché da qui parte la conquista per l’Italia. Conquistare l’Emilia sarebbe storico, ma conquistare la Calabria è strategicamente importante. Per una questione d’immagine, ma soprattutto per una questione di potere.

   Il popolo calabrese è chiamato a votare adesso.

   Su Facebook mi rendo conto delle spaccature anche tra persone che si conoscono. Addirittura un professore ha scritto una lettera personale perché le persone vadano a votare PD perché la Lega ha sempre insultato il Sud. Ma è anche vero che il Sud è stato maltrattato da politiche insane, approssimative, superficiali e clientelari. La gente, quella che va a votare, ha voglia di assaggiare il veleno che non ha assaggiato. È un fenomeno democratico del voto, e quando si tratta di mettere una ics la gente non esita a farlo.

   Però quanta gente andrà a votare? Cinque anni fa il 45% degli aventi diritto ha votato. Una minoranza ha votato. E sappiamo com’è andata a finire…

   Il Capitano ha letto questo dato, e da qui è partita la costruzione del partito in Calabria. Tutti a sfotterlo, ma intanto ha costruito e adesso si presenta all’esame del voto. Il primo vero voto importante a livello nazionale. Ha preso qualche Comune nel frattempo, ma sulle regionali sono caduti i migliori segretari di partito. E il Capitano non vuole cadere. Potrà anche perdere, ma a lui interessa impensierire, giocarsela, perché tanto il trofeo è vicino. E sa che a deciderlo saranno ovviamente gli elettori che andranno a votare.

   Perciò, caro professore, forse sarebbe meglio invitare le persone a esercitare la libertà del voto, senza indicare il PD. Lasciare che si esprima, perché il primo nemico della Calabria non si chiama Matteo Salvini, che è una conseguenza delle pessime politiche del passato. Perché queste politiche pessime hanno snervato l’elettore, portandolo a restarsene a casa e ad accettare passivamente.

   Il Capitano lo sa questo, e guarda caso si è fatto vedere in posti, compresa Crotone, fino a poco tempo fa impensabili.

   La partita è iniziata.

   Il Capitano ha portato la sua squadra dove voleva, ovvero a giocare una finale.

   Allora la domanda è: l’elettorato saprà parare il rigore del novantesimo minuto?

Aurélien Facente, gennaio 2019

Qui Crotone: la propaganda elettorale passa da Rino Gaetano a Fabri Fibra

Crotone. Piazza Pitagora. Ore 12.30. 13 gennaio 2020. L’aria del lunedì a Crotone non è mai allegra. Si riprende la solita routine, e sembra che tanti vogliano evitare di passare davanti agli uffici elettorali dei candidati alla Regione Calabria. Tra poco si voterà, e il malumore lo trovi su Facebook principalmente. I crotonesi sono messi in mezzo tra l’incudine e il martello.

   C’è chi accusa di votare l’entourage di Enzo, quel grosso animale politico (nel senso buono del termine) e che ciò porterà la rovina di Crotone. Poi c’è chi si lamenta della Lega, e vive lo psicodramma della visita di Matteo Salvini a Crotone. E se aprite i profili di molti vostri amici, si consuma il dramma sociale. E mancano almeno quasi due settimane. Si dice che il buongiorno si vede dal mattino, ma su Facebook è una tifoseria continua e ossessiva.

   Allora per evitare di stare troppo su Facebook (in realtà, io vado sulle pagine dei quotidiani per informarmi, ma questa è un’altra storia), e sapendo che non ho un gran da fare, ecco che decido di uscire e di farmi un giro in centro con una persona amica.

   Gli uffici elettorali si sono aperti la scorsa settimana. Inaugurazioni in pompa magna con solite facce che vedo da almeno 30 anni. Scene ripetitive che ti fanno capire quanto la tua amata Crotone è molto piccola a dire il vero.

   In tutti questi giorni, però, mi ero dimenticato di un particolare.

   Un grosso particolare.

   Era usanza dei tanti candidati, fino al più recente passato, di usare spesso e malvolentieri (per noi cittadini normali) le canzoni dell’indimenticato Rino Gaetano, perché secondo loro (i candidati appunto) trasmettere a palla la musica di Rino servivaa trasmettere simpatia e appartenenza. Tanto sono uno di voi, dice il candidato, facendoci credere che il buon Rino sia la chiave per votarlo. Un paradosso se poi leggiamo i versi delle canzoni che noi italiani e calabresi amiamo.

   Per tanti, troppi, anni ho ascoltato queste “storture” elettorali, e mi dicevo che non era giusto. Prima lo usava la Sinistra, poi ne fece anche uso la Destra, e poi il Centro, e poi gli improbabili. Tutti, più o meno, hanno usato Rino.

   Ma la gente, quella che ama la musica, fa le dovute distinzioni. Distingue la sincerità dell’Artista Rino dalla bugia del politicante (politico è una parola troppo grossa per certi candidati).

   Ma in questi giorni, almeno non ancora, non ho ancora trovato il camion o il furgone o la macchina con gli stereo ad alto volume a spararti le canzoni di Rino.

   Il che rendeva l’aria piacevole.

  Poi in lontananza ascolti un brano di Fabri Fibra ad alto volume.

   Pensi ad un’auto di giovanotti. Nulla di male. Fabri Fibra è un artista che si è fatto rispettare in questi anni, e ha portato delle innovazioni nel suo genere. Ha venduto tanti dischi, e se devo essere sincero mi sta pure simpatico.

   Però poi affronto la dura realtà.

   Piazza Pitagora è conosciuta per i portici e per la grande rotonda semidevastata. Il centro nevralgico di Crotone.

   Sono al centro di questa rotonda e vedo un camion elettorale con tanto di manifesto elettorale del sindaco contadino, candidato alla Regione Calabria, che gira intorno a me, mentre ad alto volume si ascolta “Stai pensando a me”, uno dei recenti successi del rapper italiano.

   Non vi dico l’impressione che ho avuto. Sembrava di trovarsi all’interno della scena di un film tragicomico.

   Il camion si allontana, e io resto stralunato. Il camion elettorale del sindaco contadino con la musica di Fabri Fibra ad altro volume. Questa è una pagina di storia da scrivere. Finalmente uno che non usa Rino Gaetano per la sua campagna elettorale.

   Mi dispiace per te, Fabri, che qualcuno usa le tue canzoni per la sua promozione. Ma sai. È toccato anche al grande Rino farsi usare a sproposito. È il destino dei grandi artisti.

   Dai. Almeno qualcosina di diverso.

Aurélien Facente, gennaio 2019

Crotone, la mia amata e la mia odiata

Il rumore delle onde del mare, mischiato ai miei passi sulla sabbia. Ogni tanto vado in spiaggia, e mi allontano fino a dopo il cimitero, per poi voltarmi e guardare Crotone in lontananza. Sto fermo un po’, mentre ascolto le onde del mare che battono sulla spiaggia.

   A volte ho bisogno di star da solo, di camminare senza una direzione precisa. A volte porto la mia macchina fotografica, a volte solo un taccuino dove poter scrivere qualcosina o poter portare dietro di me un momento.

   Guardo la mia Crotone, la mia amata e la mia odiata.

   Non offendetevi. Ognuno di noi ha un rapporto schietto con la propria città, fatto di tanto amore, ma anche di profondo odio, tra l’altro dettato da una rabbia che ognuno di noi tiene dentro.

   C’è il bel clima, c’è il sole, c’è il mare, c’è la storia.

   Questa filastrocca la sento da 40 anni almeno.

   Certo, c’è il Crotone Calcio che ti fa sognare la serie A. Puoi parlare di Pitagora e Milone senza sapere in che epoca sono vissuti. Ci sentiamo antichi Greci quando ci conviene, o diventiamo calabresi quando il leghista del nord offende il calabrese, o diventiamo all’improvviso comunisti quando il vecchio Partito Comunista è stato messo da parte. C’è qualche sacca, ma quando non hai un mondo operaio accanto, non puoi dar valore al comunismo.

   Odio Crotone a volte.

   La odio perché negli anni ho visto tanti, troppi, opportunisti e pochissimi costruttori di idee.

   La odio perché ho fatto il Don Chisciotte contro i mulini a vento, e adesso tutti son circondati da pale eoliche che non ti hanno migliorato il paesaggio circostante.

   La odio perché il popolo che è restato e non è partito si è rassegnato a convivere con una normalità che non è una normalità.

   Manca il lavoro. L’economia si è ormai decostruita. Andarsene sembra essere la soluzione migliore. Perché il poco lavoro che c’è è statale, oppure d’attività, oppure ti butti sull’alimentare e ti apri un ristorante, un pub, una pizzeria. Ti fanno credere che il vero lavoro è solo quello che ti si propone a Crotone, e io rispetto tutti questi lavori. Ma poi c’è il resto.

   Puoi provare a diventare un calciatore, ma qui la concorrenza è spietata. Puoi provare nella pubblica amministrazione, ma i posti sono limitati. Puoi provare in un qualche centro commerciale, ma il tuo contratto è di breve durata. Così come puoi provare al call center, ma la situazione non migliora.

   Ci sarebbe il lavoro nero, ma poi se hai qualche invalidità non ti conviene e poi non ti prendono. Perché se ti scoprono, poi il tuo capoccia passa i guai, e alla fine si sa che quando l’economia si riduce diventi avverso allo Stato e alle sue regole rigide.

   Si dice che nell’ultimo anno, l’attività di vendita sia diminuita del 60%. Meno acquisti vuol dire meno economia mobile, il che si tradurrà in meno tasse. E a Roma vogliono darci la colpa di questa contrazione economica.

   Si vuole colpire gli evasori, che ci stanno e sono un danno, ma non si vuole parlare di sviluppo. Si potrebbe fare, ma quando hai a che fare con un certo modo di pensare. Non è una questione politica, ma antropologica. Perché qui il politico si sente superiore a te. Magari gli parli delle tue idee, ma poi te le fotte abilmente. Se ne impossesserà, ma poi non le potrà realizzare a dovere. Perché in fondo non ha studiato come te, e allora preferisce dirti che sei intelligente, ma solo se lo voti o voti qualche suo amico. E poi vieni dimenticato o messo da parte, a patto però che tu non abbia da parte una sessantina di voti. Perché se non hai una famiglia numerosa, è difficile che tu abbia un futuro.

   A Crotone c’è un mondo giovane. C’è sempre stato. Ma oggi è un mondo giovane impaziente di andarsene. Sì, perché i più grandi hanno raccontato che è meglio andarsene da Crotone, che fuori ci sono ben altre possibilità. Quindi meglio andarsene, ma una vita migliore davvero c’è?

   Già, meglio soffrire fuori che qui.

   È il terribile presente che i giovani vivono. Un presente condiviso con chi ci vive da sempre qua.

   Ma tra questi giovani c’è una paura camuffata. Giocano a fare i forti, ma i loro sogni sono di fatto uccisi se restano qua. C’è chi tra loro sceglie di restare, con grossi prezzi da pagare tra l’altro. Giovani senza un’idea di orizzonte.

   Ma tanto c’è il bel clima, c’è la Magna Grecia, le imprese del Crotone FC. Bastano queste tre cose per costruirti il futuro…

   Però poi vivi in una terra dov’è stato sepolto di tutto. Già, parlo di quelle sacche di rifiuti industriali che hanno bisogno di essere bonificate e che, di fatto, impedisce una pronta rinascita.

   Ma non tutto è da buttare.

   C’è un mondo nascosto che cresce. C’è una coscienza che cresce. C’è una consapevolezza di non arrendersi. Poche cose, ma buone. In questo mondo nascosto c’è forse la soluzione.

   Guardo Crotone da lontano.

   La amo e la odio.

   Ritorno verso di te, mia Crotone, mentre il mare continua il suo lungo canto. Do uno sguardo verso l’orizzonte, mentre il sole scende.

   Un giorno finisce. La notte arriva.

   E domattina il sole sorgerà dal mare, per illuminare una città che deve liberarsi della sua oscurità.

Aurélien Facente, gennaio 2019

Campagne elettorali strapiene di paginette e profili Facebook

Che Facebook abbia cambiato il modo di comunicare tra noi ominidi umani è ormai un dato di fatto. Ma che Facebook sia il problema è la più classica delle masturbazioni mentali, perché di fatto sono le persone a usarlo e sono responsabili del come lo usano. Ogni giorno vedo tanti di quei post copia/incolla che mi stupisce che in questa umanità nessuno ha capito che Facebook funziona come un’azienda telefonica. Il mezzo cambia, ma il principio è lo stesso.

   Al di là di questa introduzione, c’è da dire è che da un pezzo la politica usa qualsiasi mezzo a disposizione per fare la propria propaganda, soprattutto quando inizia la campagna elettorale che ci porterà a votare e a scegliere quegli eroi che si troveranno per tot tempo ad amministrare la cosa pubblica.

   Quindi prima vi invadevano di fogliettini anche messi sotto la porta d’ingresso. Oggi vi invadono con i profili fake (non personalmente gestiti dai candidati stessi in buona parte) e con tante paginette pubbliche, dove v’inviteranno a mettere il like, detto volgarmente oggi “mi piace”, giusto per intenderci.

   E così prende vita il grande catalogo delle regionali (visto che tra poco si vota in Calabria, terra dove risiedo), poi toccherà alle comunali, poi magari toccherà alle nazionali, e così via. Peccato, perché la raccolta delle figurine era sempre preziosa, se non altro perché avevo un’idea con chi avevo a che fare.

   Quindi quando prendo lo smartphone e vedo su Facebook le tante pagine sponsorizzate, mi viene il sorriso. Un sorriso abbastanza amaro.

   Non sono ipocrita. Qualche paginetta la seguo, ma seguo solo quelle di soggetti con i quali magari ho collaborato o di quelli che qualcosa da dire ce l’hanno davvero (adoro soprattutto le pagine di chi è definito “coglione” da altri, quando sarebbe meglio analizzare i contenuti). Adoro le pagine di chi parla al proprio elettorato, anche mostrandosi in video. Adoro chi magari ha un blog e condivide i suoi punti di vista.

   Ma poi la cosa finisce lì. Non metto like alle pagine durante le campagne elettorali e nemmeno ai candidati. Magari accetto qualche amicizia fake, ma solo per il gusto di togliermi giusto la curiosità. E già so che chi c’è dietro se ne fotte completamente di me, visto che cerca consenso e voto.

   Funziona uguale per tutti.

   E tutti che si fanno la foto simpatica e che vogliono apparire angelici, come eroi invincibili contro un sistema al quale molti di loro hanno contribuito alla sua costruzione. Mi piacciono soprattutto i cambia casacca che si riciclano puntualmente, perché più che la politica gli interessa molto probabilmente il portafogli più gonfio.

   Certo, c’è chi fa politica in modo serio. Mica condanno tutti. Sono quelli che puntualmente aggiornano le loro pagine, e che non le abbandonano al caso. Sono quelli che ci credono in qualcosa di più trasparente. Ci sono anche quelli (ahimé troppo pochi) che vi rispondono direttamente e senza fronzoli.

   Ecco. Questi li rispetto.

   Ma gli altri possono anche andare a farsi un giro. Perché tanto tra qualche settimana le loro paginette ricadranno nel silenzio. Non hanno contenuti da offrire, ma forse solo qualche selfie fatto in giro. Adoro le foto dei vostri banchetti sulla strada. A un certo punto non manca la foto di tutta l’armata Brancaleone in piedi e tutti a sorridere come se voi foste la risposta ai problemi, quando magari voi siete parte del problema.

   Non dirò chi voterò o per chi farò campagna elettorale. Purtroppo lor signori devono capire che per uno come me prendere una posizione in una lunga serie di candidati del non senso diventa difficile. Ci tengo alla mia sanità mentale e alla mia salute.

   Quindi vi auguro un “in bocca al lupo” perché più di questo non posso fare.

   Se poi accettate di avere un incontro più o meno privato con me, magari avrete la mia considerazione (che è già qualcosa in questa società votata all’indifferenza).

   Ho un solo consiglio per voi, però. Un piccolo consiglio. Quando chiedete l’amicizia su Facebook, guardate un po’ l’attività dell’altro. Una semplice e piccola questione di rispetto. Non esistono solo i vostri bei selfie e le vostre belle paginette.

   Esiste anche altro nella vita, e sarebbe bene che lo consideraste.

   Quindi, non rompetemi ulteriormente con la propaganda, e mostratevi a me se avete coraggio, che credo sia più importante dell’apparire “fighi” agli altri.

   Lo so che sembro severo, ma in realtà voglio vivere con serenità la mia vita e tenere lontani da me alcuni problemi di stitichezza.

Aurélien Facente, gennaio 2020