Cultura da Virus: 28 giorni dopo, di Danny Boyle

Un film che non passa in televisione da qualche anno è “28 giorni dopo”, il film che ha ridato freschezza e regia al versatile Danny Boyle, che mette in immagine una sceneggiatura di Alex Garland.

   Siamo a Londra. Un’epidemia devasta la Grande Inghilterra. Un virus sconosciuto partito da un animale. Un uomo che si risveglia dal coma, e rimettendosi insieme gira per le strade abbandonate di una spettrale e illuminata Londra di primo mattino. Ma la verità là fuori non è così illuminante.

   I contagiati sono in agguato pronti ad aggredire il prossimo, e così il protagonista, interpretato da un efficace Cillian Murphy, si trova all’interno di un incubo che ha distrutto e spopolato l’Inghilterra.

   La prima parte del film è dedicata all’esplorazione della Londra spettrale. Il protagonista incontrerà altri sopravvissuti. Si confronterà con realtà violente. Cercherà di capire dov’è finita la vera umanità.

   Poi inizia la seconda parte. Quella che ci rivelerà che forse c’è qualcosa di peggio dei contagiati del virus sconosciuto.

   Quella che riguarda la reale essenza dell’umanità, forse l’orrore più violento del virus stesso. E Jim, alias Cillian Murphy, affronterà deciso il tutto, tra militari impazziti e infetti simil zombie.

   Altri interpreti sono Naomie Harris, Brendan Gleeson, Christopher Eccleston. Un cast sconosciuto all’epoca del film (che uscì nel 2002).

   Non parliamo di incassi, ma parliamo del film in sé.

   Coraggioso e creativo. Parte come un film horror apocalittico, ma poi prende una direzione totalmente diversa.

   È un film, che nonostante la mole di scene violente (tutte logiche), non rinuncia mai a trovare speranza nella vita.

   Jim, il protagonista interpretato da Cillian Murphy, è forse uno dei più originali in un film del genere.

   Ci sono varie scene nel film che mettono a dura prova la psiche di Jim, già provata dal fatto di essere stato per giorni in coma. Eppure, nei suoi silenzi e nella sua consapevolezza, riesce a restare lucido e amante della vita in un mondo apparentemente finito, o quasi, come lui stesso scoprirà.

   Danny Boyle è un regista coraggioso. Sa essere delicato come pochi, ma sa anche essere crudele quando serve. Qui è accompagnato da una sceneggiatura di Alex Garland, autore alquanto geniale, cinematograficamente parlando.

   “28 giorni dopo” è film che vale la pena vederlo, anche se bisogna avere uno stomaco duro. Non tanto per le scene di violenza, ma per il fatto che ad un certo punto cambia registro. Diventa un film di odio, quell’odio umano che rende irrazionale una persona, soprattutto quando è mangiata dalla paura e dalla psicosi di dover sopravvivere.

   Film quindi estremo sotto tanti aspetti, ma il ritorno all’umanità, al voler tornare a vivere una vita è ciò che rende la storia unica.

   Perché il vero male, come scopriremo attraverso il viaggio di Jim, non sta nella natura ribelle di un virus, ma si annida nel cuore di un essere umano. E sta proprio a noi fare la differenza per ritornare ad un concetto di umanità vera.

   “28 giorni dopo” è presente nel mercato del dvd.

Aurélien Facente, 28 febbraio 2020