Dieci foto per raccontare il mio amore per Crotone

Una delle accuse più stupide che mi fanno determinati soggetti è che io offenderei gratuitamente i crotonesi. Bene, a tali soggetti offro loro un album di 10 fotografie in tutto per raccontare che io amo Crotone, e se in questo blog mi permetto di raccontare fatti poco piacevoli oltre che caratteristiche che non vanno è proprio per amore di un posto che uno come me vorrebbe veder crescere.

Perciò buona visione.

Se realmente odiassi la mia città, io non avrei mai fatto queste foto cercandone di raccontare gli attimi più belli, i colori più reali, il rispetto per i colori di un posto che nel bene e nel mare mi ha ispirato. In fondo, faccio sempre parte di Crotone. E questa è la Crotone che mi piace vedere. E che mi piacerebbe scrivere.

Testo e fotografia di Aurélien Facente, gennaio 2020

Ciao, Joe (in ricordo di Joe Amoruso)

Non si è mai scritto tanto sui pianisti. Sulle vite dei pianisti. Certo, conosciamo la vita di talenti come Mozart, oppure come quel talento di David Helfgot, che conosciamo grazie al film Shine del 1996. Ma ogni pianista riesce a scrivere una storia, una vera storia.

   Io ho avuto il piacere e l’onore di conoscere e fotografare Joe Amoruso, quel pianista che si fece notare per aver contribuito al successo del ben più famoso Pino Daniele.

   Però non era solo il pianista di Pino Daniele.

   Joe era un artista di straordinario talento, e di sensibilità.

   Tanta sensibilità.

   Lo fotografai nel 2009 e nel 2010, e in quest’occasione era in compagnia di un altro musicista, Antonio Onorato, che gli riconosceva il grande talento e l’enorme preparazione musicale.

   Poi all’improvviso un male, e un percorso di lunga sofferenza.

   E oggi la triste notizia.

   Gli altri articoli che usciranno vi parleranno della carriera di Joe Amoruso. Ve ne parleranno, e qualcuno vi ricorderà la sua grandezza nella scena musicale di Napoli.

   Ma io ho conosciuto l’uomo, la persona.

   Ho visto una persona che, quando era venuta a Crotone, già usciva da un suo periodo buio. Ma le sue mani sui tasti del pianoforte elettrico vibravano di grande energia, di vivacità. Non si lasciava sconfiggere, tanto che poi non si fermava.

   Joe e il suo pianoforte.

   Anche in duetto con Antonio Onorato, gli veniva concesso uno spazio dove si esprimeva solo lui con la sua sensibilità.

   Poi magari il concerto finiva. E, ospitato da un amico a Capo Colonna, aveva fretta di andare a letto. Mi colpì molto questo suo particolare. Già, perché Joe non era uno che aveva voglia di dormire perché stanco. Aveva voglia di svegliarsi molto presto perché voleva vedere l’alba di Capo Colonna.

   Joe, continuerai a vedere l’alba adesso.

   Ciao, ci vediamo presto.

Aurélien Facente, 24 marzo 2020

Coronavirus KR: Qui Londra

Quando è iniziata l’emergenza, in una diretta Facebook, ho pregato di mandarmi delle testimonianze, racconti, materiale fotografico con i quali condividere e classificare una serie di resoconti sull’impatto sociale che l’emergenza Coronavirus sta avendo in Italia e non solo. Le foto che seguiranno vi faranno capire in sequenza quello che sta avvenendo a Londra, da dove sta operando un mio “inviato” che qui si firmerà come Sirdomek, che per questioni di privacy preferisce firmarsi con un nickname. Le foto che seguiranno sono dunque di Sirdomek.

In questa prima foto potete vedere un attimo di vita di Londra, una foto comune fatta da cellulare, ed è uno scatto abbastanza comune. Siamo nel mese di febbraio. La foto è datata appena dopo le regionali avvenute in Calabria. Fin qui nulla di strano.

Poi da noi inizia l’emergenza Coronavirus. Noi italiani ci ritroviamo prigionieri delle restrizioni per causa maggione, ma nel frattempo a Londra (e in Inghilterra), senza passare dalle restrizioni nostre, si adegua subito alla sua emergenza.

La serie di foto che vedrete adesso sono state scattate in posti abitualmente frequentati di Londra. Sirdomek abita in centro a Londra, perciò lui stesso, italiano, si è stupito della prontezza del popolo inglese a prepararsi al piano d’emergenza.

Notato nulla? Se ci fate caso, manca la gente. Le foto sono state prese in diversi momenti della giornata, in vie sostanzialmente frequentate da tanta gente. Ricordatevi che Londra è una delle città capitali che si possono definire metropoli, essendo che ci abitano quasi nove milioni di persone (un’enormità quindi).

Tutte queste foto vi fanno notare che subito il popolo londinese si è adattato. Di solito sono affollatissime di gente, ma stavolta si esce solo il necessario, senza aspettare gli ordini del Primo Ministro inglese, Boris Johnson, che ha fatto capire direttamente di voler agire anche in termini “estremi” in rapporto alla pandemia del Coronavirus. Ma prima che si pronunciasse, già gli inglesi si sono adeguati volontariamente, aspettando in qualche modo il nemico invisibile.

Perché vi mostro questo primo reportage fotografico?

Sirdomek è un italiano del Sud che vive a Londra, e mi ha rilasciato altro materiale che pubblicherò sotto un’altra forma, appena le acque, diciamo, si calmeranno un po’. E naturalmente gli auguro ovviamente tutto il meglio e lo ringrazio per l’apporto che sta dando.

Rispondiamo però alla domanda.

In Inghilterra sono abituati a fare simulazioni di catastrofi sin dall’età scolastica, perciò in età adulta si comportano di conseguenza, preparandosi al peggio e senza aspettare gli ordini della politica. La consapevolezza rende migliore l’organizzazione, e stiamo parlando di un popolo che è abituato, nonostante i difetti, ad affrontare le emergenze a viso aperto, e senza discutere più di tanto.

Il traffico a Londra in questi giorni è molto meno caotico, e la gente circola solo il giusto, ossia per acquistare provviste principalmente, forse cinque minuti d’aria, e ovviamente per sbrigare faccende burocratiche che toccano anche a noi.

Qui in Italia non siamo abituati all’emergenza, perché sin dalle scuole non impariamo che cos’è una situazione d’emergenza. La Calabria è una terra sismica, e nelle scuole sarebbe doveroso impartire lezioni di comportamento in caso di catastrofe. Perché questo tipo di lezione impara a organizzarsi nei momenti in cui è necessario, e salverebbe tante vite.

Gli italiani, per quanto possa essere storicamente un vero popolo quando serve, devono ripensare la prevenzione, partendo proprio dalle scuole. Perché, mai come adesso, bisogna ripensare culturalmente il nostro sistema, prima di darci delle istruzioni politiche ed economiche.

Testo di Aurélien Facente, marzo 2020

Foto di Sirdomek, 2020