Inginocchiarsi non è una moda, ma deve essere un gesto spontaneo

Sta facendo discutere una strana moda culturale contro il razzismo. Sembra che adesso inginocchiarsi per dimostrare di essere contro il razzismo sia diventata la priorità per dimostrare di non essere razzisti. Beh, la simbologia può avere un significato profondo quando il gesto è spontaneo, ma non imposto.

In occasione degli Europei calcistici, se ne stanno ascoltando di tutti i colori letteralmente. Ormai è evidente che ci sono nazionali multietniche (la Francia in primis, ma anche Inghilterra, Italia, Germania per citarne altre). Lo sport mette pace dove la politica non riesce. La storia dello sport è piena di queste imprese. Basta studiarla. Nello sport tutto deve essere all’insegna della spontaneità. L’abbraccio degli azzurri italiani in mondiali passati è stato un esempio di forza e di unione.

Eppure la moda dell’inginocchiarsi deve essere praticata per forza. Come se la cosa dimostrasse già da sola che sconfiggerà il razzismo. Mi rendo conto che ci vuole una simbologia, ma se viene imposta da qualche capopartito per fare il piacione agli occhi del mondo rasenta l’ipocrisia al massimo.

Enrico Letta, ad esempio, impera in televisione con questo tipo di pensiero, che si potrebbe condividere se la cosa fosse vista come un invito alla riflessione. Ma evidentemente Enrico Letta e simili non hanno letto André Gide o James Baldwin nel dettaglio, oppure non conoscono il cinema di Spike Lee o forse non hanno nemmeno visto il film “Mississippi Burning” di Alan Parker. Potrei andare avanti nell’elenco di autori. Doveroso ricordare Harper Lee con il suo libro “Il Buio oltre la Siepe”. Ma potrei continuare.

Sono autori che, attraverso varie forme di narrazione, hanno combattuto e parlato meglio del razzismo più di altri, ma non hanno mica chiesto agli altri di inginocchiarsi.

Il simbolo della scusa, della richiesta del perdono, del porre la mano in segno di pace è un gesto di grande discrezione semmai. Deve avere una sua spontaneità se avviene con una certa discrezionalità. Se deve avvenire perché si deve fare spettacolo, allora sarà finto. O apparirà come tale. Non sarà convincente.

Ci sono modi e modi per dimostrare di non essere razzista, caro Enrico Letta.

Educare alla lettura di opere come “La Prossima Volta il Fuoco” di James Baldwin all’interno delle scuole, oppure farlo rieditare in una collana di libri economici affinché possa raggiungere una platea.

Promuovere la visione del cinema di Spike Lee nelle università o anche nelle scuole stesse, o perché non trasmettere in prima serata su RaiUno film come “Jungle Fever” o “Fà la cosa giusta” invece di propinarci di serate a perditempo con facce come quelle dei politici attuali? Non sarebbe meglio?

Fare gesti concreti di solidarietà senza fare la continua predica, evitando determinati spettacoli.

Lasciare spazio ad una vera informazione reale, e non ad amplificazioni della realtà.

L’uomo bianco ha commesso tante porcherie in passato, ma non è l’uomo bianco di oggi. Oggi la maggior parte degli uomini bianchi sanno che ci sono anche i gialli, i rossi e i neri. I bambini già crescono insieme senza guardare il colore dell’altro. Basta farsi un giro nelle scuole per verificare. Basta vedere quando giocano insieme, e quando saranno adulti troveranno il modo di continuare a essere amici. Lo faranno spontaneamente, non perché gliel’ha detto qualcuno in televisione.

Perché qua si decanta, ma non si guarda la realtà nel dettaglio.

Ogni luogo ha una storia. Ogni luogo ha delle persone. Ogni luogo si arricchisce quando il prossimo sa di avere le stesse possibilità di crescere come l’altro, in termini lavorativi, economici e culturali. Ogni luogo si arricchisce quando questo avviene con una certa spontaneità. Ogni luogo si arricchisce quando io voglio conoscere l’altro per quello che è, non per quello che mi appare. E richiede un certo tempo tra l’altro. Non si obbliga, ma si educa. Vale per me, come vale per l’altro.

La violenza si combatte sempre. Ma non lo fai imponendo. Perché la violenza c’è sempre stata. L’essere umano è violento per natura, e solo con il tempo acquisisce la saggezza. E l’acquisisce con la conoscenza e con la voglia di stare insieme all’altro.

Le grandi trasformazioni della società non sono mai avvenute perché l’hanno voluto fare i politici, che nella storia sono stati spesso i peggiori negazionisti. Basta studiare il mondo in cui agiva Martin Luther King. O provate a chiedere ad André Gide quando andò in Congo per poi tornare a denunciare il cattivo colonialismo francese. Ci saranno purtroppo sempre sacche di violenza e di ignoranza, ma si combatteranno sempre quando la voglia di conoscere e di stare insieme saranno spontanee.

La conoscenza è la migliore arma contro il razzismo, la cultura per combatterlo, il gesto spontaneo per dimostrarlo. Non perché lo dice qualcuno in televisione.

Un gesto ha sempre bisogno della discrezionalità del cuore per essere sincero. E sarà sempre così.

Aurélien Facente, 26 giugno 2021