Le avventure del professor Vincenzo perseguitato dalle teorie strampalate di Fantapall

Il mio Whatsapp ogni tanto salta. Alcuni mi inviano articoli che sembrano più delle barzellette che pezzi inerenti l’attualità. Una della testate più condivise in città è Fantapol, che io definisco affettuosamente Fantapall.

   Sì, perché a raccontar palle è abbastanza abile. In piena emergenza coronavirus, standosene bene a casa, il giornalista racconta di risse violente nei supermercati, risse mai avvenute. Giusto per fare un esempio.

   Però è divertente, devo ammettere.

   Ogni tanto un sorriso ci vuole, ma poi la cosa è seccante quando si vuol far credere di essere padroni della verità.

   Bene, Fantapall in questo periodo è ossessionata dal denigrare e delegittimare il professor Vincenzo, un noto candidato a sindaco che in questi giorni è impegnato a portare avanti il proprio progetto politico.

   Ora, se io fossi il giornalista di Fantapoll mi preoccuperei di capire perché il professor Vincenzo si presenta, quali sarebbero i suoi candidati, quali sono i programmi che propone, quali obiezioni da fargli sui contenuti che non mi convincerebbero, e magari fargli una critica politica onesta, anche se mi è antipatico. Mi preoccuperei di capire perché tanta gente ha partecipato alla presentazione delle liste. Cercherei di capire perché questo signore è popolare. Senza fare neanche tanti pronostici.

   Ecco, seguire il buon professore dal punto di vista sociale sarebbe un reportage abbastanza interessante, anche perché i lettori vorrebbero capirci di più.

   Io, ad esempio, sono un lettore che ama approfondire. Mi piace farmi un’idea dei candidati, vedere che cosa propongono, capire il loro grado culturale e verificare la loro idea di dimensione di uno spazio cittadino.

   Voi pensate che leggerete tutte queste cose che richiederebbero tra l’altro un lavoro accurato e obiettivo? No.

   Mi mandano un articolo dove il professor Vincenzo è al bar a incontrare qualche conoscente, e magari a questi signori dichiara di candidarsi. E ci sta. Quanti candidati vanno al bar per proporsi agli amici e ai conoscenti? No, secondo Fantapall gli amici son pochi, come se il bar stesso potesse riempirsi di migliaia di persone all’istante così per magia.

   Un articoletto senza logica, ma molto divertente.

   Ieri (29 agosto 2020) la pubblicazione di un altro articoletto divertente. Una macchina parcheggiata all’angolo con tanto di morale sul codice della strada. E indovinate a chi appartiene la macchina? Proprio al professor Vincenzo.

   Ora, prima di scrivere l’articolo, mi chiederei almeno se la macchina non si fosse guastata e per necessità si è parcheggiata lì. No, ci si inventa che la macchina blocca il passaggio alle carrozzine per disabili, che è in divieto di sosta e fermata e quant’altro ancora. E anche se fosse, magari sarebbe utile chiamare qualcuno delle forze dell’ordine prima di scrivere l’articolo. Così, giusto per avere un chiarimento. No, neanche questo.

   E allora via con la pubblicazione.

   E così mi inondano il Whatsapp per leggere questa roba demenziale.

   Ora il professor Vincenzo non ha bisogno della mia difesa. Però adesso ho paura che il professor Vincenzo sarò protagonista di un articolo dove magari vola su un asino volante, oppure un altro articolo dove magari si metterà a parlare con Pinocchio, oppure un altro dove magari si scriverà che vorrà andare a farsi un pellegrinaggio fino a Serra San Bruno.

   Insomma, la demenzialità più pura.

   E così continua la triste narrazione del giornalismo crotonese, che va sempre più giù pur di raccontare barzellette.

   È vero che siamo in regime di par condicio.

   Allora aggiungiamo che Fantapall non è il solo a raccontare felicemente delle palle.

   Mi hanno inviato qualche giorno fa il link di un blog dedicato ai Vichinghi, e poi vedi il blog e vedi tanti articoletti fantasiosi su un noto segretario della Lega, come se quelle pubblicazioni illuminanti acchiappassero lettori.

   Caro professor Vincenzo, come può ben vedere ogni esponente politico è perseguitato da qualcuno che ama raccontare palle. Lei almeno ha Fantapall. Pensi che c’è chi è addirittura stalkerizzato dai Vichinghi…

   E poi dicono che i blogger sono fabbricanti di fake news…

   Detto da chi racconta e pubblica palle tra l’altro sembra addirittura un complimento…

Aurélien Facente, agosto 2020

Il dolce scherzo di Frog

C’è un artista che si firma Frog, Sta lasciando in giro per la città di Crotone una serie di opere disegnate e attaccate come poster nei muri degradati della città. Di notte Frog installa e come per magia il mattino dopo il muro degradato s’incanta di bellezza e contenuti.

   Un gesto puramente artistico e semplice.

   Almeno per chi è abituato a vivere con concetti d’arte.

   Sono tanti gli artisti che hanno usato i muri per esprimere la propria arte.

   Pittori che hanno dipinti affreschi, i writers dei muri in giro per il mondo, e adesso la cosiddetta poster art.

   In Calabria abbiamo un nobile predecessore di Frog. Un certo signor Mimmo Rotella di Catanzaro. Anche lui si è occupato di abbellire i muri della sua Catanzaro tantissimi anni fa.

   Erano anni dove la strada era il principale mezzo di comunicazione dell’arte. Un concetto che oggi Frog ripresenta a modo suo.

   A Crotone impazza la Frog mania.

   Tutti a chiedersi chi è, perché lo fa, perché proprio a Crotone. La notizia rimbalza tra i social attraverso le varie testate, tanto che ti fa capire che forse il giornalismo crotonese in primis ha bisogno proprio di contenuti.

   Poi ci sono le persone. Certo, qualcuno s’è trovato l’opera sotto casa. L’ha fotografata e postata su Facebook. Tutti a ringraziarlo.

   C’è un estremo bisogno di bellezza a Crotone, così come c’è un estremo bisogno di ascoltare una favola, di viverla.

   Crotone, la città che si fa tanto vanto del suo lontano e glorioso passato, eppure ha bisogno di vivere il presente con colori vivaci, visto che oggi è una cittadina molto grigia, rassegnata, lasciata all’abbandono dalle stesse anime che la popolano.

   Non offendetevi, cari crotonesi.

   Perché in fondo sapete che questa città vive un degrado continuo con colpe molto condivise. Una città dove è più facile chiudere un posto piuttosto che aprirlo.

   Frog è un artista contemporaneo, testimone del suo tempo.

   Ovviamente che vive a Crotone e in Calabria.

   Lascia le sue opere in giro, attaccate a muri ben scelti.

   Pezzi di carta attaccati come manifesti, e disegni molto comics.

   Il bisogno di bellezza nelle strade rifiorisce nei cuori dei cittadini.

   Me ne sono occupato in video un po’ di tempo fa.

   Ho studiato il suo profilo artistico, tenendo conto che alla fine Frog ha iniziato un giorno artistico.

   Non c’è da seguire la sua vera identità. Non al momento. Perché è lui/lei che troverà il momento di farsi vedere, sempre che voglia farlo. Non è uscito allo scoperto quando quel genio dell’ex vicesindaco di Crotone addirittura voleva affidargli tutto un muro, come se Frog si manifestasse per assecondare un gioco abbastanza volgare da parte della politica, che poteva e doveva tener conto già di altri artisti esistenti.

   Frog non imbratta i muri.

   Attacca le sue opere, raccontando i suoi stati d’animo del momento. Ogni lavoro è un indizio sulla sua anima, sensibile e attenta.

   Opere semplici e mirate.

   Opere di carta che affrontano gli imprevisti del quotidiano. Un disgraziato che strappa un pezzo di disegno per portarselo a casa, un giorno di pioggia che inumidisce il muro che non può tenere il disegno (già, l’umidità dà molto fastidio alla colla), poi magari scopri che è un bambino a strappare e non te la puoi prendere, oppure scopri che su quel muro dovevano farci una nuova colorazione, e allora si sbarazzano dell’opera, che è già concepita per essere sbarazzata.

   E la gente parla.

   Il deturpamento fa parte del giorno, anche se voi non lo volete.

   Frog è quel tipo di artista che gioca con il dissenso, e di certo non piange se qualcuno o qualcosa deturpa l’opera. Per lui è più importante il messaggio piuttosto che l’opera in sé. Perché Frog concepisce un concetto di arte che ha più bisogno del contenuto piuttosto che della forma. L’arte è rivolta a tutti e deve essere in qualche modo fruibile a tutti. Un concetto simile pensato da Keith Haring, l’artista concettuale che aveva capito il bisogno di arte nelle persone più semplici. Perché tutti hanno bisogno della bellezza. Almeno sotto casa, perché oggi la gente difficilmente compra un dipinto, o una fotografia, o un disegno.

   L’arte in strada stimola la persona normale. L’arte crea dissenso. Guai se non fosse così. Frog funziona perché crea dissenso. Il dissenso è importante perché è alla base della libertà del pensiero che si muove.

   E il pensiero che si muove è il primo atto per il miglioramento di tutto ciò che è intorno a noi.

   Frog ha di recente realizzato un ritratto del procuratore Gratteri.

   Un lavoro abbastanza semplice.

   Notizia sui giornali.

   L’opera viene deturpata.

   Notizia sui giornali.

   Dissenso generale.

   Frog si nasconde tra le ombre di una città grigia, e tutti s’indignano per un deturpare che già faceva parte del gioco.

   L’importante è il dissenso, il sapere di avere una coscienza pensante.

   Lo seguo nei suoi percorsi. Ma non mi ossessiono a capire chi è. Capisco il suo progetto. Lo rispetto. Ne parlo come se fosse un ragazzo.

   Frog è un’idea, e tale resterà per il momento.

   Sarà lui/lei a rivelarsi un giorno.

   Però, intanto, aspettate con pazienza.

   E giocate anche voi a questo dolce scherzo.

Aurélien Facente, gennaio 2019

Quel fenomeno di Matteo Salvini che molti si ostinano a non capire e a non vedere…

Da oltre un anno, chiuso nel mio antro, mi capita di vedere e ascoltare spesso Matteo Salvini, soprattutto nei video che fa e nelle interviste che rilascia. Osservo i suoi movimenti, ascolto il suo modo di parlare, sono un mezzo meridionale (la mia altra metà è francese) e non mi lascio trascinare dalle offese del passato.

   Conosco le provocazioni leghiste da quando andavo alle elementari. Pensate un po’. La maestra ne parlò apertamente una volta, definendo la Lega (che allora si chiamava Lega Lombarda) come pericolosamente razzista. Ne parlammo in quinta elementare, e correva l’anno 1989. Ma a dieci anni non ne capisci di politica.

   Poi negli anni 90’ fu Umberto Bossi il nemico da abbattere. Divenne protagonista antipatico del primo governo Berlusconi, e poi negli anni ne abbiamo viste di tutte, tra cui la celebrazione secessionista con tanto di bandiere nel Nord Italia.

   Poi, in pieni anni duemila, il terremoto giudiziario che di fatto distrusse il partito, riducendolo ai minimi termini. E infine iniziò l’era di Matteo Salvini.

   Un breve sunto di un soggetto che oggi fa pianta stabile in maniera preponderante del panorama politico italiano.

   Chi mi ha fatto guardare con occhi diversi Matteo Salvini è lo scrittore Mauro Corona, che occupa ogni martedì uno spazio televisivo nel salotto del programma “Carta Bianca” condotto da Bianca Berlinguer. Il buon Corona, noto per essere un uomo di montagna e un artista abbastanza poliedrico (non scrive solo libri, ha il suo pensiero da intellettuale tendente a sinistra, ma molto più indipendente. Ascoltare Mauro Corona è indicativo, anche perché è l’unico scrittore che dialoga con Salvini. E quando si accende il dialogo tra i due, ecco che la strategia del politico Salvini lascia spazio all’uomo.

   Sostanzialmente, in questa fase, è più utile ascoltare questo dialogo piuttosto che andare ad ascoltare o leggere uno come Saviano, che con Salvini vive una guerra mediatica che sa più di altro, ottenendo l’effetto che Salvini si è prefissato, ovvero maggior consenso.

   Ascolto Salvini, così come ascolto tanti altri figuri della politica contemporanea. Ascolto, osservo, imparo, e soprattutto non mi lascio condizionare dal pettegolezzo del web. Io ho amici che odiano Salvini. Lo scrivono su Facebook ogni santissimo giorno (neanche a Natale prendono una pausa). Al Sud Salvini è diventato un’ossessione.

   Ed è qui che Salvini gioca la sua partita.

   Se fosse un allenatore di calcio, Salvini entrerebbe di diritto nella storia dello sport.

   Il paragone sembra azzardato, ma l’esempio è chiaro.

   Ha preso un partito ridotto allo zero, spaccato, maltrattato. In pochissimi anni è diventato il primo partito del cosiddetto centrodestra. Anche Berlusconi ha dovuto mollare la presa (stiamo parlando di quel Silvio che in politica amava primeggiare a costo di far fuori i suoi migliori alleati).

   Se al posto della parola “partito” mettete l’espressione “squadra di calcio”, si capirebbe che sarebbe un allenatore di ottimo livello.

   Quindi, attenzione a definirlo “ignorante” o altro. È la tipica persona che sa incassare ogni genere d’insulto. Non si lascia impressionare. Anzi, addirittura risponde a tono. Nelle interviste, soprattutto quando l’avversario lo provoca, lui risponde a tono e nella maniera più democratica possibile. Anzi, a volte è pure fastidiosamente ironico. Però, centra il bersaglio. Lui forse non offre idee, ma gli altri nemmeno ne offrono di migliori. I suoi avversari più accesi usano lo scontro verbale con parole come “fascista”, “razzista”, “ladro” e altri epiteti, cadendo nella trappola. Sì, perché Salvini (con tutta la sua squadra) usa il web come non mai. Parla alla gente usando un linguaggio rassicurante. Usa spesso la parola “lavoro”. E soprattutto mantiene davanti al video sempre il controllo.

   Gli avversari lo denigrano, ma alla fine sono loro che devono rincorrere il primo in classifica.

   Ma nessuno risponde alla domanda? Come ha fatto la Lega a essere il primo partito del centrodestra in così poco tempo?

   La Lega nasce con un intento di realizzare un sistema federale all’interno dell’Italia, e nel passato non ha avuto paura di parlare di secessionismo federale. Ma questo poteva funzionare all’interno dell’Italia stessa.

   Quando l’Italia entra a far parte dell’Europa, lo scenario cambia totalmente.

   L’Europa è un insieme di Stati, ma non è una federazione. Questa caratterista è il vero limite dell’Europa. I primi a capirlo sono i leghisti, seguiti anche dai 5stelle (in Italia) quando erano all’opposizione del governo italiano. Tutto questo antieuropeismo nasce da come viene trattata la Grecia (altra situazione complicata), e da un blocco inglese che non le manda a dire (tanto che adesso c’è la Brexit).

   Quindi la Lega Nord diventa Lega perché per staccarsi da questa Europa e riportare l’indipendenza all’Italia, l’unica strada è proporre proprio il federalismo europeo (proposta interessante, a dire il vero) e per farlo bisogna prendere i voti dal nord al sud, e andare di persona a prendersi questi tanti voti.

   E cosa fa Matteo, eletto segretario generale della Lega?

   Inizia a viaggiare, e prende nota. Trasmette tutto sulla sua pagina Facebook e sugli altri canali social.

   All’inizio lo sottovalutavano, ma lui predica e ostenta pazienza (quella che non hanno i suoi avversari, e forse nemmeno i suoi alleati). Lui insegue la strada del consenso, e usa internet per farlo, tenendo conto che anche la televisione gioca un ruolo importante. Va in tutti i programmi televisivi e immaginabili, anche quelli dove Berlusconi (che un tempo era il primo riferimento del centrodestra) non andrebbe.

   Incassa, incassa, incassa. Ma non si abbatte. Anzi, addirittura la sfida è stimolante. E soprattutto dialoga. Eccome se dialoga. Non perde mai il controllo, anche quando lo scontro si accende.

   È come colpire un campione di boxe. Per essere campioni di boxe, non bisogna saper soltanto colpire, ma bisogna anche saper incassare. E il buon Matteo sa incassare. Anzi, lui si fa vedere mentre incassa gli insulti, e così facendo inizia la sua scalata verso il consenso, giocando proprio sul bisogno di semplicità che oggi l’italiano medio ha tanto bisogno.

   Gli altri si agitano. Lui non si scompone.

   Voi lo condannate? A lui non gliene frega niente, perché il dissenso fa parte del gioco.

   Lo chiamate fascista? Eppure lui usa i mezzi e non rifiuta le interviste scomode (oddio, rifiuta quelle che sono fattivamente inutili e ripetitive, e qui posso umanamente comprenderlo). Anzi, addirittura vuole che si parli di lui, perché aumenta il consenso.

   Lo chiamate pazzo? In politica come in guerra non esistono regole di fair play. O sai incassare e colpire, oppure è meglio stare zitti. Oggi la politica si semplifica così, e la vera politica non trova più spazi televisivi perché l’editoria varia non la concede.

   Quella la trovate in libreria, alla radio, forse in qualche programma notturno, e in qualche filmato via internet. Per il resto tutta la politica parla ormai un  linguaggio internet, e qui Matteo eccelle in materia. Lui, come la sua squadra, perché il Capitano è sorretto da una squadra che voi non vedete, ma c’è. Una squadra di comunicazione fatta apposta per lavorare per lui e con lui. Quindi non credete che sia solo. Lui è il segretario, ma non è solo.

   Dietro di lui, i sostenitori, i membri, gli attivisti… Tutta gente che sa come organizzarsi, e che può vantarsi di aver amministrato bene in alcune realtà (sempre a discapito del Sud, si sa). Quindi sa come andare a conquistarsi un Comune o una Regione. Ma il Capitano ha preso di balzo la volontà di conquistare la nazione, e per farlo ha capito (o gli hanno fatto capire) come immettersi nei posti non più frequentati dalla Sinistra perché preferisce sentirsi eletta oppure al sicuro di un caldo salottino da VIP.

   Guardate dov’è andato in Calabria.

   A Crotone venne quasi da solo. Non si mostrò in pubblico come altri leader, ma si fece intervistare. Con lui c’era la squadra che non vedevate. Andarono alla stazione dei treni di Crotone, e denunciarono il degrado della bidon ville che si era creata in quella zona perché le persone “extracomunitarie” erano in attesa di un documento, e non potevano muoversi. E aspettavano giorni e giorni alla stazione, abbandonati da un sistema che si definiva “accogliente”, ma che nelle vicinanze di un ufficio dei documenti non aveva previsto la costruzione di un dormitorio.

   Ecco, Matteo sarà pazzo e folle. Qualcuno lo vede come il diavolo, ma è innegabile il suo talento per guardare in faccia i problemi e portarli sul piatto del dibattito. Lui non avrà la soluzione (tranne quella drastica e forte), ma neanche gli altri hanno la soluzione pronta a dire il vero.

   Matteo è il Capitano della sua squadra. Ha fatto quello che qualsiasi segretario deve fare. Metterci la faccia e andare nei posti, e saggiare la realtà.

   Ma oggi Matteo è senza dubbio diverso. Ha fatto il ministro dell’interno in un governo ibrido con i 5stelle. È andato volutamente all’opposizione, scatenando una crisi politica pesante. Ha incassato il colpo, ma poi ha ripreso a fare quello che gli riesce meglio, ovvero parlare alle masse.

   In fondo lui è stato scelto dalla Lega per essere il segretario vincente.

   Punti deboli?

   Pochissimi, addirittura comici.

   Ma uno forte c’è. Un punto debole pesante.

   Un punto debole artistico, a dire il vero.

   Una scultura provocatrice, qualche tempo fa, che lo ritraeva come un assassino che sparava con i migranti lo ha fatto vacillare. C’è il video su YouTube. Quindi lui ha una sensibilità evidente per il dissenso che l’arte provoca. Una cosa che lui stesso non si aspettava. Provate a guardare e ascoltare i suoi dialoghi con Mauro Corona, uno scrittore con idee lontane dalle sue. Aprite le orecchie, e lì vedrete i limiti reali del Capitano. Ma solo se siete bravi e pazienti ad ascoltarlo.

   Ma ora il Capitano sta giocando la sua partita più grossa. Sta provando a prendersi l’Emilia Romagna per scardinare quel centrosinistra che, paradossalmente per tradizione, offriva una società funzionante. L’unica sacca di centrosinistra che funziona, ma che ha perso il consenso. Perché la sinistra si è mutata nel tempo, e lui, Matteo, lo sa bene.

   Dieci anni fa, nessuno avrebbe mai pensato che la Lega potesse candidarsi in Calabria. Oggi succede, e sta accadendo. La Lega ha preso voti importanti alle scorse europee, nella regione che si sente “più orgogliosamente terrona”.

   Conquistare la Calabria è importante per la Lega. Perché da qui parte la conquista per l’Italia. Conquistare l’Emilia sarebbe storico, ma conquistare la Calabria è strategicamente importante. Per una questione d’immagine, ma soprattutto per una questione di potere.

   Il popolo calabrese è chiamato a votare adesso.

   Su Facebook mi rendo conto delle spaccature anche tra persone che si conoscono. Addirittura un professore ha scritto una lettera personale perché le persone vadano a votare PD perché la Lega ha sempre insultato il Sud. Ma è anche vero che il Sud è stato maltrattato da politiche insane, approssimative, superficiali e clientelari. La gente, quella che va a votare, ha voglia di assaggiare il veleno che non ha assaggiato. È un fenomeno democratico del voto, e quando si tratta di mettere una ics la gente non esita a farlo.

   Però quanta gente andrà a votare? Cinque anni fa il 45% degli aventi diritto ha votato. Una minoranza ha votato. E sappiamo com’è andata a finire…

   Il Capitano ha letto questo dato, e da qui è partita la costruzione del partito in Calabria. Tutti a sfotterlo, ma intanto ha costruito e adesso si presenta all’esame del voto. Il primo vero voto importante a livello nazionale. Ha preso qualche Comune nel frattempo, ma sulle regionali sono caduti i migliori segretari di partito. E il Capitano non vuole cadere. Potrà anche perdere, ma a lui interessa impensierire, giocarsela, perché tanto il trofeo è vicino. E sa che a deciderlo saranno ovviamente gli elettori che andranno a votare.

   Perciò, caro professore, forse sarebbe meglio invitare le persone a esercitare la libertà del voto, senza indicare il PD. Lasciare che si esprima, perché il primo nemico della Calabria non si chiama Matteo Salvini, che è una conseguenza delle pessime politiche del passato. Perché queste politiche pessime hanno snervato l’elettore, portandolo a restarsene a casa e ad accettare passivamente.

   Il Capitano lo sa questo, e guarda caso si è fatto vedere in posti, compresa Crotone, fino a poco tempo fa impensabili.

   La partita è iniziata.

   Il Capitano ha portato la sua squadra dove voleva, ovvero a giocare una finale.

   Allora la domanda è: l’elettorato saprà parare il rigore del novantesimo minuto?

Aurélien Facente, gennaio 2019