Fuori i veleni di Crotone? Un remake tutto buzz e poco Arisa…

IERI SERA, 17 MAGGIO 2024

10 ANNI FA

Ora chi ha memoria un pochino ci pensa. Ieri 17 maggio si è tenuto un concertone di quelli memorabili con la splendida voce della protagonista dei reality show Arisa, portata in pompa magna dall’agenzia spettacolo capitanata dalla giunta Voce.

Fin qui nulla di male. Siamo alla festa della Madonna di Capo Colonna, ed è giusto puntare sempre più in alto. Al di là dell’ambizione, il risultato finale è demenziale. Non il concerto, ma quella che voleva essere una provocazione, un sussulto di coscienza, uno sforzo combinato perché la gente stia da chi di bonifica ne ha fatto una battaglia vitale, talmente vitale che sarà il principale argomento elettorale nei prossimi due anni, ovvero la bonifica dei siti industriali dismessi di Crotone. Un argomento ormai trentennale che oggi ha il sapore di un remake fatto male, tra l’altro con l’inserimento della Madonna di Capo Colonna che di sicuro attirerà le ire di San Giuseppe.

Guardate la foto seguente:

Uno striscione vistoso che fa effetto solo sulle testate online e sul profilo Facebook di qualche prode condottiero che sembra si sia risvegliato.

M a passiamo alla foto successiva, di almeno dieci anni prima.

Qua siamo in una bella mattinata di dieci o undici anni fa, davanti al Comune di Crotone. Un numero di persone ben più sincero di quello che offre l’illusione ottica di un concertone di piazza. Anche qui si combatteva contro Eni, ma i personaggi di adesso non sono quelli di allora. Oddio, c’erano, ma siccome a capo c’era l’attivista famoso di nome Pietro Infusino (in compagnia di altri prodi guerrieri), quelli di oggi non sembra che amassero farsi vedere in compagnia del soggetto appena nominato. E certo, perché Pierino è scomodo, se ne approfitta, passa da un partito all’altro. Però dalle foto di un decennio fa, la lotta non era la stessa di quella che viene proposta oggi?

Beh, ieri si è invocata la Madonna. Come se la Madonna avesse tempo di guardare lo striscione per lanciare chissà quale benedizione. In altri tempi, un gesto come questo sarebbe stato considerato blasfemo. Non la preghiera per Maria, ma il fatto che in questo remake pasticciato ci siano persone che anni prima denigravano gli Attivisti No Eni, che al primo punto mettevano sempre l’argomento della bonifica come obiettivo principale.

Certo era che dieci anni prima, almeno per decenza e per rispetto, Pietro e gli altri non invocavano il potere della Madonna, ma l’azione di tutte quelle istituzioni che potevano e dovevano fare qualcosa.

Ho preso come esempio Pietro Infusino e gli altri per dimostrare che l’attività di protesta odierna suona come un remake girato male, portato avanti da soggetti che subodorando una campagna elettorale e lunga hanno bisogno di farsi vedere ovunque, senza capire e far capire che razza di proposta, anzi controproposta, porterebbero avanti nei riguardi della multinazionale che, a detta loro, dovrebbe fare la bonifica usando qualche nave interstellare, portando i rifiuti in un’altra dimensione spaziale.

Il problema della bonifica dei siti industriali crotonesi è prima di tutto logistico, parola questa che ovviamente non viene proferita da questi magici combattenti che pregano la Madonna affinché possa intervenire, senza chiedersi se la Madonna stessa abbia il tempo reale di ascoltarli nella loro esibizione molto grottesca.

Anche perché verrebbe da pensare come mai questa azione non fu fatta durante il Capodanno Rai a Piazza Pitagora, quello che con Amadeus per intenderci. Beh, lì l’azione sarebbe stata plateale perché in mondovisione Rai, e allora sì che avrebbe fatto un po’ di rumore.

La verità sapete qual è, cari lettori?

Che lo fanno per opporsi a Voce stesso, che senza dare grandi spiegazioni è passato dal ruolo di urlatore di piazza a diplomatico della città al servizio del dialogo con la multinazionale (dialogo che bisogna pur sempre avere), e solo questo dimostra che sulla bonifica tanti nostri condottieri di palle di ne hanno raccontato a iosa, dimostrando per l’ennesima volta che il processo di bonifica non è la storiella che viene portata avanti con demagogia e chiari scopi elettorali. Altrimenti non durerebbe da una trentina d’anni, non credete?

Gli attivisti No Eni, anche se in maniera confusa, addirittura hanno campeggiato nella vicinanze dell’impianto della multinazionale, e la loro azione si è sciolta nel tempo proprio perché alcune facce che si vedono adesso non hanno voluto unirsi all’epoca, denigrando proprio quel gruppo di persone che aveva comunque il valore della spontaneità. Al di lù di quello che si potrebbe pensare del piccolo leader Infusino, che adesso potrà gioire nel vedere che una decina di anni dopo sono spuntati fuori i suoi cloni dormienti.

Ora aspetto naturalmente la grigliata di pesce davanti all’impianto della multinazionale, e la scampagnata a Capo Colonna post Madonna di Capo Colonna per capire dove si vuole andare a parare.

La bonifica è un argomento troppo complesso per essere un mezzo propulsivo di propaganda elettorale.

Ah, ultimo appunto. So che farà male. Ma non credete che Arisa si sia svegliata stamane pensando di fare da portavoce a una manifestazioncina come quella di ieri.

Il gesto sembra abbastanza eloquente. Ovviamente scherzo, perché quel gesto era rivolto ad altro argomento. Ma per capire come il momento dell’invocazione della Madonna sia stato proprio fuori luogo e molto trash.

Comunque, concerto o non concerto, si è capito il perché dei trent’anni di stallo.

Ma una promessa ve la faccio: se organizzate la grigliata mi faccio vedere. Se non altro perché sarà più insaporita di qualche manifestazione dal carattere orgasmico mentale di quella che ho potuto vedere ieri.

La sola cosa certa è che state realizzando un remake fatto male delle lotte dell’amico Pietro Infusino, che stando lontano da Crotone sta ridendo a crepapelle ricordandosi degli sfottò che gli riservaste negli anni. Sfottò anche molto crudeli tra l’altro.

E con franchezza credo che questo spieghi perché non c’è la partecipazione sincera della gente di tutti i giorni.

Aspettiamo con trepidazione la prossima puntata di questa situation comedy.

  • Aurelien Facente, 18 maggio 2024

La crisi delle Autolinee Romano è una delle conseguenze delle tragiche scelte governative.

Toc! Toc! Ecco qua la crisi delle autolinee Romano che si affaccia con uno sciopero, più che giustificato, dei dipendenti della ditta crotonese, e non si sa quando terminerà perché la crisi è complessa.

Oltre ai tanti problemi documentati da testate più illustri della mia umile scrittura, il dovere di analizzare bene il fenomeno fino in fondo è basilare perché nessun dipendente deve essere strumento di bugie.

Immagino già la rabbia di chi si sveglia sapendo che non avrà lo stipendio.

Ma i governi nazionali passati (Conte bis e Draghi) sapevano che una polveriera prima o poi sarebbe esplosa. Il mondo dei trasporti è stato il più falcidiato da un insieme di norme governative molto ipocondriache durante il Covid. Se uno provasse a leggere il regolamento per i trasporti durante il coronavirus è qualcosa partorito da una mente malata.

Certo, la prevenzione della salute è importante. Ma anche gli stipendi lo sono.

Eppure le norme hanno sacrificato interi settori con la scusa ipocrita del sacrificio e i primi a farne le conseguenze sono le ditte di trasporto pubblico che operano nei piccoli centri prevalentemente, come il caso di Crotone.

Il Covid è stata la scusa per dimezzare sostanzialmente tutto, e le entrate sono state, di fatto, minori e dannose tra l’altro. Un’azienda potrebbe tenere, ma solo se possedesse ingenti capitali. Cosa che a Crotone non è il caso. E poiché le entrate sono state minori, la cassa ne ha sofferto tanto che poi si è arrivati a questa situazione. Senza contare che durante il periodo piùbuio del Covid, gli stessi autisti hanno dovuto fronteggiare tanti e troppi ostacoli. Non è che guidare con la mascherina sia un piacere, senza contare i disagi che comporta un lavoro del genere.

Poi mettiamoci la crisi dell’energia che ha fatto il resto (e anche qui c’è tutta una storia), e così iniziamo a contare le vittime sociali. Questo perché non si è avuti il coraggio e il buonsenso di contrastare una narrazione, quella del coronavirus, che aveva buttato all’aria centinaia di anni di biologia.

Le restrizioni adottate dimostrano, di fatto, che il sacrificio generale non è valso la pena. Perché già la ditta in passato aveva affrontato delle crisi delicate, ma superandole con quello che serviva per mantenere in piedi l’impianto lavorativo. Poi ti arriva l’evento che non ti aspetti, e allora si cerca di seguire il governo, il quale non sa nemmeno darti le migliori risposte. E mentre attua DPCM al limite della comprensione umana (ovviamente scritti così per evitare di pensare al dopo), il gioco al massacro sociale ha cominciato ad avere inizio.

Certo, perché se dimezzi per motivi legati ipocritamente alla salute la clientela, dopo qualche tempo non è che la stessa clientela si ripresenta in massa a prendere l’autobus, Perché due anni sono un periodo lungo dove per la gente è più facile praticare un taglio netto piuttosto che prendere il pullman urbano. Sapete quanta gente è rimasta a piedi perché non poteva salire per motivi legati al distanziamento? E sapete quanti autisti hanno lasciato a malincuore persone che si erano fatte il biglietto per tornare a casa? Inevitabilmente qualcosa si rompe, e così inizia la vera emorragia economica.

E a soccombere sono proprio i piccoli.

Non sempre il sacrificio può valere la pena.

E con il caso delle autolinee si comincia ad accorgersi che l’inverno sarà duro e lungo, perché al segno dell’incertezza, della mancanza di chiarezza, della mancanza di questi governi nazionali pieni di protagonisti incapaci pure di dire grazie a chi il sacrificio lo sta praticando oggi.

Certo, qualcuno mi farebbe notare che ci sono anche altri problemi. Ma è il biennio Covid che li ha soltanto peggiorati.

E a farne le spese sono proprio quei lavoratori che con il freddo e il caldo offrivano un servizio più che necessario in un posto dove il trasporto pubblico dovrebbe essere il primo grande investimento.

Questo caso dimostra come il farsi mangiare dalla paura del virus ha creato più devastazione che opportunità.

Aurélien Facente, 19 ottobre 2022

L’ipocrisia codarda dell’italiano ai tempi del Coronavirus

C’è una guerra che io personalmente non sopporto. Una litania che mi trovo ad assistere da almeno 30 anni, almeno quando ho cominciato a distinguere il bene dal male e quando ho cominciato a studiare i gravi fatti della Seconda Guerra Mondiale, e di conseguenza il male che i regimi dell’epoca hanno fatto a tante, troppe persone.

   Giusto non dimenticare, ma per tanti italiani che conosco di quella lezione dura non hanno capito nulla. Lo vedo su Facebook principalmente, ma mi ci scontro anche dal vivo.

   L’eterna guerra degli antifascisti contro i fascisti. Tutto quello che gli antifascisti (esercito formato principalmente da radical chic moralisti in primis) è una litania di odio verso quello che la pensa diversamente da loro. Un virus difficile da scacciare e con la quale non si riesce a ragionare il più delle volte. La loro fissa è quella. Tutto quello che non è partigiano è fascista e basta.

   Non è che dalle altre parti la questione è meglio, sia chiaro. Il succo è lo stesso, solo che usano l’epiteto “comunisti”.

   La cosa che hanno in comune le due tifoserie è il reciproco odio verso l’altro, e se vuoi startene per i fatti tuoi ecco che ti bollano come uno che non si vuole schierare, come se lo schierarsi per forza sia qualcosa di eccezionale.

   Quest’odio negli anni si è accresciuto sempre di più, facendomi capire che è sempre meglio restarne fuori. Li adoro, in entrambi i casi, quando predicano la tolleranza, eppure sono pronti a scannarsi.

   Con il loro modo di fare hanno infettato il web, i notiziari, i talk show e tutto quello che c’era da infettare. Quando ci si sono messi pure i 5stelle, definiti fascisti da uno schieramento e definiti ex comunisti dall’altro. Insomma l’apoteosi dell’ipocrisia assoluta. Tutto questa trasmissione di odio è diventata il cancro del pensiero libero.

   A volte, sembra di assistere ad un eterno litigio tra mamma e papà, e poi osano chiedere ad un figlio unico se è meglio la mamma o il papà. Il discorso più ipocrita che si possa fare.

   Per loro non esiste il pensiero indipendente, quello che si limita a ragionare e ad ovviare il pratico per risolvere i problemi. No, bisogna per forza essere di parte.

   Quando uno vive questa storiella per parecchi anni poi se ne allontana. Perché francamente rompe i cosiddetti, anche perché, nella maggior parte dei casi, uno vuole vivere tranquillo. Poi c’è anche chi ama il confronto. E ci sono stupendi confronti, ma lo diventano quando sono i pensieri a incontrarsi e non le bandiere.

   Fatta suddetta premessa, è bello notare il dibattito delle voci politiche su Facebook. Sempre le solite storielle. Ok. Rispettiamo le convinzioni, ma facciamo uscir fuori anche le ipocrisie.

   Primo fatto: un omicidio brutale a Minneapolis, USA, a danni di un uomo di colore da parte di alcuni poliziotti. Rivolta feroce da parte dei cittadini. Bruciano il commissariato. Nota bene: negli Stati Uniti siamo nel pieno della pandemia Coronavirus.

   Il pensiero medio italiano? Hanno fatto bene. Giustizia. Tutti insieme assembrati a condannare gli assassini.

   Pensiero personale, tanto per capirci: la brutalità, quando porta alla morte, va sempre condannata. A Minneapolis è accaduto qualcosa di estremamente grave che ha portato alla gente comune di protestare con ferocia. Molta gente si è messa insieme per realizzare una rivolta, e l’hanno fatto, in barba alla pandemia. Quindi, consegue che quando la gente si muove tutta insieme diventa una forza incontrollabile. Ovviamente questa brutta storia avrà una fine.

 

  Secondo fatto: Milano, Piazza Duomo, 30 maggio 2020. Un’enorme folla manifesta. La manifestazione è organizzata dai Gilet Arancioni, capeggiata dal generale in congedo Pappalardo. Migliaia di persone. In Lombardia siamo nel pieno epicentro della pandemia Coronavirus in territorio italiano. I manifestanti non hanno rispettato le distanze di sicurezza.

   Il pensiero medio italiano? Incoscienti, coglioni, fascisti, e quant’altro ancora. Tutti bravi a condannare una manifestazione che non ha bruciato un commissariato.

   Pensiero personale: al di là dei Gilet Arancioni, la piazza era formata anche da gente che aveva voglia di tornare a vivere in qualche modo. Da condannare? Tranne l’aspetto pittoresco, il tutto è da comprendere perché in mezzo a tutta quella gente ci sono tante persone che molto probabilmente non hanno goduto di un aiuto statale oppure si troveranno a fare i conti con un probabile fallimento o con un licenziamento. Semmai, quelli che puntano il dito dovrebbero chiedersi come ha fatto un personaggio pittoresco come il generale ad agire indisturbato e a organizzare una serie di manifestazioni in tutta Italia, e il bello è che lo stesso generale lo annunciava da giorni in diretta Facebook. Chi è che ha sottovalutato la questione?

   Obiettivamente, anche qui un’enorme folla che andava lasciata manifestare. Perché la gente non la fermi.

   Ora, ovviamente, i due eventi sono diversi per natura e motivazioni. Hanno solo in comune la massiccia partecipazione di persone che desiderano esprimere un malessere.

   Bene, in questi due eventi l’ipocrisia si è manifestata più che bene.

   Alla fine, in Italia, ho capito che forse Camillo Benso di Cavour ha fatto un errore di valutazione nel voler per forza unire l’Italia. Ma non credo che il Cavour avesse prospettato tutta quest’ipocrisia del tutto italiana.

Aurélien Facente, maggio 2020