A Crotone ci si nutre della demagogia e poi si sbatte contro la bonifica

Sono decenni che si parla di bonificare gli ex siti industriali di Pertusola e Montedison, ora di proprietà ENI. Decenni passati tra processi e petizioni popolari firmate e controfirmate per un qualcosa che a Crotone va comunque fatto.

La bonifica è l’argomento elettorale. La resa dei conti sulla quale la politica locale, tra l’altro frammentata e piena di attori teatranti, si è ormai arenata.

In campagna elettorale si promettono rivoluzioni e cambiamenti mitologici.

Nella realtà di tutti i giorni avviene proprio il contrario.

Perché non si conosce la storia industriale nei particolari, non si sono fatte le dovute analisi storiche e sociali, non si riconosce che ormai quella realtà non esiste più dalla fine del secolo scorso (gli anni 90′), e per decenni si è andati per inerzia. Salvo poi sottoscrivere un accordo (giunta comunale Pugliese) che chiuderebbe la questione.

Ora in tutta la discussione portata avanti da opposizioni sgangherate e maggioranze camaleontiche, il dubbio che si sia arenata la barca è molto presente. Perché tutti, ma proprio tutti, cadono nel lato pratico della questione.

E da qui apriti cielo. Quanta fantascienza fantasiosa viziata dalla propaganda demagogica che ha invaso le menti di coloro che si ergono a rappresentanti della comunità crotonese, tra l’altro ormai sparpagliata e non unita (ma qui le cause sono anche altre).

I nodi arrivano al pettine. E quando l’oggettività della verità arriva, ecco che tutti si fanno male. Le opposizioni un po’ di meno, ma quando erano maggioranza anche loro sbandieravano imprese fantascientifiche. Ora hai il sindaco Voce che si è fatto votare per la questione ambientale, e pochi ricordano che fu il solo a parlare di un termovalorizzatore funzionale ai bisogni della città durante una nota trasmissione televisiva locale, La memoria corta fa brutti scherzi, ma lui stesso paventò la necessitò di un termovalorizzatore, che è quello che si realizzerà di qui a breve. Serviorà per la bonifica? Ma certo che sì, Produrrà un ulteriore danno ambientale? Beh, se resti dell’idea che il mondo è fermo dagli anni 90′, la risposta sarebbe sì. Ma in 30 anni i progressi sono stati fatti, solo che la demagogia politica non la vede.

Ora il dubbio mi sorge. Senza prendere le parti di nessuno in particolare, e senza neanche giudicare l’esito dell’ultimo consiglio comunale, l’impressione è che tutti più o meno si siano presi un ceffone senza precedenti, e che la politica cittadina si sia mostrata molto più politicante che professionale. le favolette raccontate in campagna elettorale sono restate favolette che ormai tutti vedono, e ahimé giustificarsi con degli screenshot su Facebook non è tanto producente. Anzi, porta all’effetto contrario. Perché in questa partita illusoria di voler convincere chissà quali elettori, tutti quanti peccano nel loro più grande difetto, ovvero l’essere padroni di una verità che di fatto è stata solo fuffa fino ad ora. E continuerà ad esserlo, visto che il termovalorizzatore del ventunesimo secolo sarà realtà.

In tutti questi anni, nessuno si è posto la seguente domanda pratica: e se i rifiuti da bonifica, di cui non conosco la quantità reale se non dopo le operazioni di scavo, non se li fila nessuno?

Ed è proprio qui che la demagogia cade nella sua menzogna.

Perché? Facciamo un salto in Giappone. La centrale nucleare di Fukushima. Distrutta a causa di un terremoto di proporzioni spaventose, tale centrale è stata la tragedia del Giappone, nonostante fosse all’avanguardia in tutto. Eppure la catastrofe ci è stata, e le scorie hanno avuto bisogno di un trattamento marittimo. Ma i rifiuti nella sostanza sono rimasti in zona. Così come è avvenuto in altri siti dismessi nel mondo.

A Crotone avverrà la stessa cosa. Lo richiede la logistica, e soprattutto lo richiede un altro fatto politico della quale i nostri si son dimenticati di raccontare. Ve la ricordate la favoletta dell’autonomia del rifiuti tanto decantata in passato durante le campagne elettorali tra Comuni calabresi e Regione Calabria? Che dicevano in sostanza? Ognuno dovrà pensare al suo senza se e senza ma.

Ora si possono convocare consigli di tutti i tipi per parlare della questione, ma servirà molto probabilmente a poco. Perché, alla fine dei conti, questa storia dovrà finire in un modo o nell’altro, e pensare di bloccare ancora tramite tribunali non risolverà il problema. Non ci siete riusciti prima, e non ci riuscirete nei prossimi giorni.

Tanto vale iniziare il tutto con l’accordo del 2019 e chiuderla una buona volta per tutte.

La bonifica non è un argomento di campagna elettorale.

Ma è stata usata a suon di demagogia per troppo tempo.

E si sa che la demagogia è la menzogna politica per eccellenza.

Al prossimo episodio. Fidatevi. Ormai è una telenovelas che batterà il record detenuto dal serial Sentieri. Di questo passo mi procurerò una carrozzina. Sperando però di avere ancora una buona memoria.

Ma voglio restare ottimista. Confido molto nella figura del generale. Sì, quello che è attualmente il commissario alla bonifica. Petizioni permettendo.

  • Aurelien Facente, 15 maggio 2024

Corrado Augias e i Misteri della Calabria (Lettera aperta)

Dottor Augias, mi permetto di presentarmi. Mi chiamo Aurélien Facente. Abito a Crotone, Calabria. Mi definisco ex giornalista perché non credo che il giornalismo oggi possa definirsi giornalismo. Si tratta di qualcos’altro che umilia il senso dell’essere giornalista, e ci tengo a farLe sapere che questa resta una mia opinione personale perché ritengo che non cambierà nulla.

   Dottor Augias, Le aggiungo che sono un acquirente dei Suoi Libri, tanto che ad ogni uscita ne regalo un esemplare a mia madre, che la segue dai tempi di Babele, la trasmissione che difendeva e divulgava il libro. Altri tempi, vero?

   Ho avuto modo di ascoltare la sua intervista pepata, e di leggerne le parole. Tra il dire e lo scritto ci sono differenze sostanziali, ma il succo è quello.

   Lei definisce la Calabria una terra persa. Lei ha sentenziato sparando su una terra che si trova nel baratro della fragilità da decenni, eppure lei ha speso le sue parole aggiungendo una bella sceneggiatura cinematografica.

   E mi permetto di usare tale tono, dottor Augias, perché in Calabria ho scelto di viverci, oltre che obbligato. E se permette, credo di conoscerla meglio proprio perché ci vivo.

   La Calabria è una terra dai molteplici aspetti. Lei, dall’alto del suo ruolo, la vede come una terra povera, dove tra l’altro la criminalità è all’ordine del giorno. Ci condanna perché la Calabria ha preferito eleggere, attraverso un voto democratico e certificato, una persona che poi è deceduta a dispetto di un imprenditore di grosso valore, che però poi si è dimesso dall’essere capo di un’opposizione che poteva essere alquanto costruttiva.

  

Partiamo da questa storia, dottor Augias.

   Il centrodestra vinse le elezioni regionali, ma con il 56% di astensionimo.

   Non mi sembra che con questi numeri il centrosinistra capitanato dal suo imprenditore abbia fatto miracoli.

   Anzi, dopo qualche mese si è addirittura dimesso. E non sembra che qualcuno del centrosinistra si sia opposto in maniera dura.

   Non parlo di altri contendenti, perché non sono entrati nel Consiglio Regionale.

   Dottor Augias, parliamo di quel 56% di astensionismo. Siamo una terra persa perché abbiamo rinunciato a votare? Beh, sì. Ma sa perché il calabrese non vota? Per superficialità? Io direi che per decenni sacche di politica nazionale hanno ingannato le speranze dei calabresi, sacche di sinistra e sacche di destra.

   La Calabria ha il più alto tasso di disoccupazione giovanile, perciò produce emigranti, che poi vanno a sistemarsi da Roma in su se decidono di stare in Italia. Devono trovare un lavoro come si suol dire, e non sempre, anzi spesso, si tratta di un lavoro stabile. Certo, c’è gente che si distingue anche bene a livello professionale. Abbiamo medici, ingegneri, avvocati e anche artisti che nel mondo fanno la differenza.

   Ma chi è rimasto qui non è solo un criminale. Semmai è nato in un sistema ipocritamente alimentato anche dalla sua amata politica dei diritti.

   Vede, dottor Augias, ho 40 anni superati. Diciamo che, tolta la fase liceale della politica dove si è più sognatori, ho saggiato con mano quello che la politica degli ultimi 25 anni è riuscita a fare ai danni della Calabria, in tutti i settori tra l’altro.

   Quando chiedevamo più medicina di qualità, ci hanno lasciato con il minimo indispensabile (secondo loro). Quando chiedevamo più studio, qui sono stati capaci di chiudere plessi scolastici e universitari. Quando chiedevamo più lavoro, ci hanno mandato la precarizzazione del lavoro con annessi sciacalli che si sono mangiati i contributi dello Stato. Uno Stato che non ha saputo essere Stato.

   E quando le sacche di povertà aumentano, caro dottor Augias, anche le sacche criminali aumentano.

   Ma in Calabria ci sono anche le brave persone, quelle vorrebbero farsi il mazzo fino a prendersi frustate sulla schiena solo per dimostrare di essere degni di essere calabresi, e che qui delle buone cose si potrebbero fare eccome.

   Queste persone meriterebbero quantomeno il Rispetto con la R maiuscola. Perché ci sono persone che hanno avviato il loro Lavoro cercando di essere il più Utile possibile alla società. Cercano di dare un segnale di positività e un esempio alle generazioni che potrebbero e dovrebbero migliorare la loro Terra.

   La Calabria è una terra strana, dottor Augias. Ricca di cultura da vendere, ma strapiena di gente che non è stata fatta crescere per come dovrebbe essere. Certo, ci considerate “persi”. Ma questo lo hanno voluto quelli di Roma, o meglio quelli che stanno a Roma a occupare poltrone. Non lo hanno mica voluto i calabresi.

   Anzi, i calabresi sono doppiamente vittime. Diciamo tre volte vittime.

   Vittime della ‘ndrangheta, perché la criminalità si è sostituita dove lo Stato non c’era o non voleva farsi vedere.

   Vittime dello Stato, perché degni rappresentanti nazionali venivano qui solo per i voti e basta. Ci avevano promesso che alcune industrie avrebbero continuato la loro attività, ma adesso ci sono gli scheletri. Certo, lo Stato non si può occupare di tutto, ma qui lo Stato non pensa, caro dottor Augias. E noto che il problema non è solo calabrese e basta.

   Poi siamo Vittime di Noi stessi. Vero. La nostra diffidenza ci ha portato a non votare più come prima. Non le elenco i perché solo per il fatto che ci servirebbe un libro a parte. Un libro che potrebbe scrivere lei, dottor Augias. Ma che non farà, perché una Persona del Suo Calibro Culturale non potrebbe scendere in Calabria per qualche periodo solo per provare a raccontare quello che c’è di buono dal quale ripartire.

   Lei ha tutta la cultura per esprimere un giudizio sulla Calabria, caro dottor Augias. Grazie di averci condannato. Ma non è della condanna di cui abbiamo bisogno.

   Abbiamo bisogno di qualcosa di più positivo.

   Abbiamo esempi positivi, sa?

   Abbiamo il Procuratore Gratteri, giusto per citare il più discusso. Ma il suo è un lavoro lungo e solitario. Abbiamo qualche scrittore, qualche musicista, qualche imprenditore, anche un premio Oscar. Abbiamo borghi bellissimi e templi da raccontare. Abbiamo ristoratori che danno lezioni a tutto il mondo nella cucina che producono. Abbiamo gente che riesce a dare il massimo pur avendo pochissimo.

   Però siamo una Terra Persa.

   Le faccio una domanda, dottor Augias, perché lei l’ha presa dal punto di vista politico. Si metta nei panni di un calabrese qualsiasi. Magari un tipo che possiede una piccola pompa di benzina sulla Statale 106. Si presentano alla sua pompa decine di candidati, di destra e di sinistra. Tutti a fare delle promesse che potrebbero essere mantenute. Uno sviluppo migliore della Statale 106, un aeroporto da realizzare non lontano dalla pompa di benzina, magari anche un porto, o anche riprendere la stazione dei treni nel paesino dove vive il benzinaio. Magari gli promettono anche un ospedale che per adesso è piccolo, ma che crescerà. Magari promettono anche investimenti mirati per avviare un’economia, così magari i figli possono pensare di potersi fare una vita nel paesino.

   Eppure gli anni passano, i candidati cambiano, e le promesse svaniscono nel nulla.

   E secondo lei, quel benzinaio ormai anziano, perché dovrebbe credere all’ennesimo candidato che si presenterà alla pompa di benzina’

   Sa, dottor Augias, la Sua Profonda Cultura è eccellente, ma la vita è anche fatta di queste storie. Da queste persone che smettono di illudersi e nel credere nei fantasmi.

   Io rispetto le sue Idee Politiche, caro dottor Augias. Ma qui queste idee sono state delle maschere usate per fare propaganda e basta il più delle volte.

   Ecco perché il suo imprenditore ha perso le elezioni. Perché non si vota una persona perché ha la sua storia imprenditoriale. Si vota una persona perché ama la sua terra. Quell’imprenditore ama la sua terra, ma anche la donna di destra amava la sua terra. Questa donna ha avuto pochi mesi per esprimersi per poi andare tra le braccia del silenzio. Nonostante avesse un male, si era messa a disposizione e voleva prendersi cura di questa terra. Certo, aveva le sue idee. Ma erano idee sulle quali si poteva quantomeno discuterne. E anche questa signora mi ha dato l’impressione che fosse sola, così come lo sono quelli che amano la loro Terra prima di tutto. Mi dispiace che lei, dottor Augias, veda il fantasma del fascismo nelle persone che abbraccino un’idea diversa. E se non è fascismo, diventa ‘ndrangheta, e se non è ‘ndrangheta diventa qualcos’altro di negativo.

   Bene, dottor Augias, io non mi ritengo offeso se in onda nazionale si parla della Calabria, anche nei suoi aspetti negativi. La Calabria è una parte fondamentale dell’Italia che produce, viste le migliaia di persone che sono state le mani sporche dell’Italia industriale e gloriosa che si è fatta valere nell’eccellenza.

   Ma è facile sentenziare da dietro uno schermo televisivo, dottor Augias.

   Mi permetto di rivolgermi così a Lei, dottor Augias, perché c’è stato un tempo che io ho odiato la mia Terra. E quell’odio si comportava come un fantasma. Mi annebbiava la vista. E ho perso tempo per lavorare a contrastare quest’odio.

   Critico la mia terra ancora oggi. Ma non la critico, condannando e basta. Cerco di farlo raccontando e proponendo una testimonianza non ipocrita, perché il lavoro da fare e tanto. Come il sottoscritto, c’è una voglia anche da parte di altri di raccontare per poi provare a ripartire e trovare nuove direzioni. I calabresi hanno bisogno che qualcuno li racconti, ma che non sia uno che li racconti da dietro uno schermo televisivo.

   Perciò la sfido in senso letterario, dottor Augias.

   Si prenda un periodo per scendere in Calabria. La venga a visitare. La racconti per quello che è. La osservi da vicino. Cerchi di sentirne gli odori. E ovviamente si faccia accompagnare dai colori della Terra di Calabria. Venga a respirarne l’aria. Si faccia un giro, magari incontrando tante persone. Venga a comprendere il male e venga a scoprirne il bene. Nessuno di noi è immune da difetti, ma qui c’è voglia di migliorare. Poi magari ne scrive un libro, e noi lo compreremo. E lo leggeremo e lo racconteremo.

   Ma ci faccia un favore.

   Non sentenzi sulla Calabria dentro una trasmissione televisiva. Non lo faccia.

   Perché la stragrande maggioranza di chi va in televisione non ha mai avuto il coraggio di raccontare la vera Calabria.

   Ovviamente le invio i miei apprezzamenti, aspettando con ansia il Suo Nuovo Libro in libreria.

Aurélien Facente, 24 gennaio 2021

L’ultimo arrivederci di Jole Santelli e la mancata occasione di chi si professerebbe essere migliore…

Giuro che ho pensato tanto a quest’articolo prima di scriverlo. Ieri (15 ottobre 2020) la giornata è iniziata con una notizia che ha sconvolto il mondo calabrese e italiano, ovvero la prematura scomparsa della Governatrice della Calabria Jole Santelli.

   Avevo dato un “nomignolo” simpatico. La magica Jole. Nulla di così offensivo, ma forse quella sua voglia di sorridere all’avversario mi aveva colpito.

   Premetto che non ho mai conosciuto la signora, se non per via d’informazione. Sapevo che era un’accanita fedele di Silvio Berlusconi, e che come parlamentare vantava di un curriculum di tutto rispetto. Aveva anche i suoi difetti, ma era una delle poche che poteva vantarsi di non aver mai cambiato casacca. Cosa molto rara nella politica opportunista di oggi. Anzi, andrebbe molto rivalutata.

   Sapevo che per un periodo si era cimentata nel ruolo di vicesindaco di Cosenza.

   E poi la possibilità di vederla in prima linea con la sua prima elezione diretta come Presidente della Regione, e allora ho avuto modo di conoscerla in maniera politica attraverso le apparizioni tv dovute.

   Mi colpì la sua facilità di non cercare per forza lo scontro, ma di voler risolvere in qualche modo il tutto con un sorriso. Nel primo round televisivo con gli altri tre candidati alla presidenza della Regione Calabria, la magica Jole riuscì a sorprendermi quando invitò gli altri candidati ad un’amichevole cena per parlare della Calabria, al di là di come sarebbero andate le elezioni.

   Elezioni che vinse la magica Jole, ma con un risultato anomalo, poiché più della metà degli elettori non si recò alle urne.

   Jole entrò così ad amministrare un ente regionale che era percepito come qualcosa di lontano, accompagnata da una ciurma di liste e consiglieri che proprio non piacevano alla gente.

   Ci si mise pure il Coronavirus di mezzo, e così Jole entra nel suo ruolo facendosi conoscere come la Governatrice che emana le ordinanze.

   Ma in televisione usa spesso la seguente espressione: “Popolo Calabrese.”

   Premetto che sono lontano dalle politiche di Forza Italia, ma ho prestato attenzione alla breve amministrazione della Governatrice Santelli.

   Otto mesi sono pochi per essere giudicati politicamente parlando, ma otto mesi sono sufficienti per capire che forse Jole, al di là dello schieramento, era la Presidente di cui la Calabria aveva bisogno come momento storico.

   Una Presidente Donna in una Regione difficile. Una Donna che non ha mai fatto mistero di vivere un momento difficile perché afflitta da un male che sapeva di pistola puntata alla tempia. Una Donna che in campagna elettorale non aveva mai parlato male di nessuno, ma che era stata anche la prima a dare gli auguri sportivamente a chi magari era avversario. Una Donna che non negava il sorriso a nessuno, proprio perché lei stessa, in quanto convivente con un male, sapeva che il sorriso era una medicina potente.

   Mi colpirono molto le sue parole, quando ammise di convivere con un male: “Quando una persona subisce un attacco così violento alla propria vita, quando il dolore fisico si fa radicale e incomprimibile, allora quella persona ha due strade: deprimersi e farsi portare via dalla corrente, scegliere che il destino scelga per lei. Oppure attivarsi, concentrarsi e soprattutto ribellarsi. Io sono una persona danneggiata dalla malattia. Quel verbo e quella parola sono gli esiti della lettura del libro di Josephine Hurt (Il danno, appunto) che mi è stato di grande aiuto. Mi hanno obbligata a inquadrare l’esatta misura del dolore e di testare la capacità di replicare alla sofferenza, addirittura di resistervi e infine di dominarla.” (La seguente è tratta da un articolo del Fatto Quotidiano)

   Avendo avuto in passato perso una persona cara per un simil male, il rispetto per questa Signora divenne primario.

   La criticavano perché ballava la tarantella con i sostenitori del centrodestra, la criticavano perché aveva problemi a parlare, la criticavano perché non si vergognava di essere Calabrese, la criticavano perché forse era più propensa a dare un sorriso piuttosto che a far pesare il dramma.

   Jole era un’anomalia positiva della politica calabrese e nazionale. Una di quelle anomalie che servono però alla Storia di un Luogo. Perciò, quando ho saputo del suo ultimo arrivederci silenzioso, non nascondo di aver acceso una candela per lei.

   Ho letto le notizie scritte e ho letto le impressioni di tale evento. La maggior parte erano pensieri positivi, che ne riconoscevano in qualche modo la volontà di far valere la sua calabresità. Anche gli avversari, sportivamente, l’hanno salutata con affetto.

   Poi ci son stati gli sciacalli, quelli che non sono mai contenti. Ho letto parole di odio e parole di bulli, tutti con il dito puntato contro. Facile farlo quando l’avversario odiato non può nemmeno rispondere all’attacco moralista dello sciacallo.

   Avrei preferito di gran lunga il silenzio, e aspettare il cosiddetto processo storico. Ma certa gente, proprio perché non conosce il valore del sorriso, si prende il lusso, con la becera scusa del libero pensiero, di gettare merda e fango, come se tutto quello che è negativo in Calabria fosse proprio figlio della politica proposta dalla Santelli.

   E poi ci sono quelli che usano lo stereotipo del fascismo. Quelli avrebbero dovuto mettersi un bavaglio alla bocca, giusto per qualche giorno. Il tempo di celebrare i funerali e di permettere almeno ai famigliari e agli amici più intimi di raccogliersi nel dolore.

   Quelli sono stati i peggiori, perché nella scrittura del loro pensiero facebookkiano hanno dimostrato di essere proprio peggio dei nemici che dicono di combattere.

   Un silenzio che sarebbe valso quanto il valore di un libero pensiero. Ma si sa che certe bocche e certe mani non sanno aspettare l’onda giusta del tempo, e perciò ne vengono travolti. È pur vero che la morte si nutre di verità, ma la delicatezza appartiene a chi la Democrazia l’ama.

   Ma in quest’epoca nefasta e avversa, molto probabilmente la Jole Santelli avrebbe risposto con un sorriso, spiazzando così i cattivi.

   Riposa in Pace, Presidente Santelli. Non avrai conquistato i tuoi avversari politici, ma adesso sei nel cuore di chi riesce a vedere nel sorriso un percorso di semplice prospettiva.

  E così chiudo la mia scrittura chiedendomi se mai avrò la fortuna di poter conoscere un’altra persona politica che fa del sorriso un’opportunità di positività.

Aurélien Facente, 16 ottobre 2020

Coronavirus KR – Un mese è appena passato

Crotone. Emergenza Coronavirus giorno 31. Oggi si può dire che è passato un mese vero e proprio, di quelli lunghi. Un mese di quarantena, la cui grandissima parte del tempo tra le mura di casa. Esci solo se vai a fare la spesa, e se hai il cane giusto nel raggio dei 200 metri.

   Un mese è tanto.

   Che cosa ho imparato in un mese?

   Che il caro Coronavirus esiste e fa paura.

   Fa molta paura nel racconto televisivo e anche su internet, dove la gente si rifugia per trovare conforto umano, e si trova a condividere immagini e filmati (di cui molti realizzati ad arte per condividere il terrore).

   Ho imparato a indossare la mascherina, soprattutto quando entro in un supermercato o in una farmacia.

   Ho imparato a organizzare la spesa per velocizzarmi meglio, e dare subito il posto di chi ha bisogni diversi da me.

   Ho imparato a star di nuovo da solo, ma la cosa non mi è mai pesata a dire il vero. Sono abituato alla solitudine. Semmai sono gli altri a non avere un dialogo con loro stessi.

   Ho imparato a usare i guanti, ma solo quando tocco le superfici comuni esterne.

   Ho imparato a lavarmi le mani spesso, ma lo facevo già prima.

   Ho imparato che c’è tanta gente che ha paura, e che ha bisogno di sfogarla in qualche modo. Manca l’ascolto, e dove non c’è ascolto si acuisce l’odio per l’altro, solo perché magari sfrutta la sua possibilità di uscire.

   Ho imparato che tutte le forze dell’ordine sono formate da esseri umani, con pregi e difetti, e che è sempre meglio scambiarsi informazioni prima di tutto. Il buonsenso è la prima regola, ma ovviamente deve essere accompagnato dallo scambio. Perché il capirsi è la prima regola, anche quando non si è d’accordo.

   Ho imparato a conoscere un Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che ci mette la faccia sempre e comunque quando si tratta di assumere decisioni che sembrano impopolari.

   Ho imparato che ci sono Presidenti della Regione che parlano alla gente, come De Luca ai suoi campani, e Presidenti della Regione, come la magica Jole, che hanno difficoltà di comunicazione.

   Ho imparato che il mondo dell’informazione è in seria crisi con se stessa, tanto che non riesce a mettersi in ordine.

   Ho imparato che abbiamo tanti scienziati che parlano, parlano, parlano….

   Ho imparato che c’è una guerra silenziosa. Quella dei medici e degli infermieri nelle corsie degli ospedali, tutti adibiti al Covid-19.

   Ho imparato a prendere decisioni difficili e dolorose, soprattutto per quanto riguarda la mia sopravvivenza mentale, che è la più importante in questo momento.

   Ho imparato che la conta degli amici si riduce tantissimo, per poi scoprire che si può essere amici con il proprio vicino.

   Ho imparato ad ascoltare il silenzio del giorno, quando prima ascoltavo il silenzio della notte.

   Ho imparato che le persone hanno paura di mettersi in regola con la propria fragilità, che era mascherata dal finto benessere diffuso, e sapere che si deve uscire mascherati ne fa il simbolo di uno dei paradossi di questa esistenza.

   Ho imparato a voler sorridere e a voler sembrare folle nel mio essere anticonformista, pur rispettando le regole emanate, per essere ancora di più me stesso, nel bene e nel male.

   Ho imparato a essere presente, anche se nel virtuale. Una presenza giornaliera, anche nelle azioni quotidiane più comuni, aiuta a sorridere.

   Ho imparato che ci sono persone che avrei dovuto conoscere prima, e altre persone che forse sarebbe stato meglio non conoscere.

   Ho imparato che la paura va combattuta, anche quando gli altri ti urlano su Facebook che devi stare a casa, come se si potesse contraddire la legge del destino, dove ognuno è padrone di se stesso, perché alla fine è sempre così.

   Ho imparato che c’è tanta negatività in giro perché non si vuole dare un pugno alla paura.

   Ho imparato a dare un sorriso anche in una telefonata.

   Ho imparato tante cose, caro Coronavirus. Ma proprio tante cose.

   Grazie a te, non posso vedere la città di Crotone con gli stessi occhi, e perciò mi godo quei piccoli particolari che posso cogliere nelle brevi uscite necessarie.

   Ma di sicuro c’è una cosa che ho imparato, caro Coronavirus. Non ti sottovaluto, anzi ti rispetto sotto certi aspetti.

   Perché nella tua aggressività, ho capito quanto molta politica sia paurosa, quanti scienziati e medici che vanno in tivù siano molto confusi, quanto pressapochismo ci sia in giro, e quanta fuffa burocratica sia uno dei mali di quest’emergenza, quando forse si dovrebbe parlar di meno e dare maggior peso all’azione e alla reazione.

   Sono sicuro che ci saranno altre cose che imparerò.

   Ti ringrazio, Coronavirus. Ma veramente tanto. Credimi.

   Però c’è una cosa che voglio dirti sinceramente: io non ho paura di te.

   Forse un giorno le nostre strade si potrebbero incrociare. Ne sono consapevole. Ma non pensare che io abbia paura, soprattutto quando so che hai spezzato le vite di tante persone che avrebbero voluto respirare una seconda possibilità.

   Per questo motivo, non posso permettermi di avere paura di te.

Aurélien Facente, aprile 2020.

La magica Jole nella Calabria mai contenta

Ho delle difficoltà a capire molti miei amici calabresi. Non me ne vogliano lor signori, e non prendano il titolo del blog come una strenua difesa della Presidente Jole Santelli, appena proclamata a capo della Regione Calabria, un ente tra i più disastrati e considerati come “lontani” dai cittadini. Il dato astensionistico supera il 50% largamente, e basta quello per far capire quanto l’ente sia percepito realmente. Tant’è che esiste e c’è una rappresentanza che va votata per amministrarlo.

   Questa volta è toccato alla magica Jole, che con la sua ciurma di centrodestra si mangia gli avversari, e si prende lo scranno meno ambito d’Italia (beh, visti i precedenti presidenti si può ovviamente capirne il perché).

   Ora tutti si scandalizzano perché la Presidente abbia scelto di stare tre giorni a Roma (dove tra l’altro c’è un palazzo della Regione Calabria), dove tra l’altro ha i suoi contatti migliori (per via del suo recente passato da parlamentare).

   Su questo ci sono quattro elementi da tenere in considerazione: 1. la magica Jole ha vinto, tuttavia, le elezioni e allora è libera di decidere una strada diversa dell’amministrare (viste le precedenti non totalmente eccelse); 2. la magica Jole ha vinto le elezioni, e può dire (anzi, deve) la sua come meglio crede; 3. si tratta della prima Presidente donna (fattore storico importante, anche se non vi piace) della Regione Calabria, ed è logico che la sua strada è diversa, nel modo di pensare e di ragionare, da quella di un uomo (e i suoi predecessori non è che siano stati i migliori); 4. il più importante, ovvero la consapevolezza di giocarsi il tutto per tutto, visto che per la stessa magica Jole è una seria possibilità di dimostrare che può governare, essendo sempre lei stata in posti più di rappresentanza (deputato e sottosegretario, anche se quest’ultimo ruolo è un pochino più di comando, ma non parliamo del potere di un ministro) che di comando (ad eccezion fatta dei suoi anni da vice sindaco di Cosenza, dove il peso istituzionale si fa sentire eccome), e perciò vorrà dimostrare di avere delle capacità.

   C’è un altro elemento molto importante da non sottovalutare. L’aspetto umano.

   Fermo restando che non la conosco personalmente, ma lei, confessato pubblicamente tra l’altro, soffre di un male che è per sua stessa natura una sorta di roulette russa. Perciò il suo modo di ragionare, pensare, vivere è diverso dal comune pensare. Lei stessa ne è consapevole, non ne fa un segreto, e questo la rende più forte e caparbia.

   Ora sommate i 5 elementi citati sopra, e avrete un qualcosa di lontanamente diverso da quello che c’è stato prima. E quando è diverso, impossibile è capirne la direzione.

   Ha iniziato a realizzare la sua personale Giunta.

   Il primo è quell’uomo mascherato che è il capitano Ultimo, la leggenda vivente che ha catturato il boss dei boss. Si occuperà dell’ambiente alla Regione Calabria. Certo, è mascherato. Ma almeno sappiamo chi è e che cosa faceva. Un eroe del nostro tempo chiamato ad agire in nome di un argomento che in Calabria è stato sempre messo in secondo o terzo piano del tutto, ovvero l’ambiente. Di certo, è una sorpresa che ha creato dissenso (parecchio perché controcorrente, e rovina i piani di qualcuno che voleva continuare l’invisibile opera pia dei predecessori, tutti famosi per essere stati completamente anonimi nel ricordo dei calabresi).

   Poi è stata nominata l’astrofisica, quella dottoressa Savaglio che finì addirittura sul Time (per meriti propri tra l’altro), e che si occuperà dell’università, altro argomento molto sottovalutato dalle nostre parti (a Crotone sono stati capaci di chiudere un polo universitario tra l’altro, e quanti stanno zitti su quest’argomento).

   E sono sicuro che le sorprese, positive o negative che siano, non finiranno qui.

   È presto per avere un’opinione, anche se la tentazione è di incoraggiare la magica Jole, che si sta rivelando un’anomalia abbastanza piacevole, tutto sommato. Perché ci sorprende, ci fa discutere, ci fa dissentire. Un vero e proprio contrasto in questa regione, e forse in questo periodo storico serve proprio il contrasto, visti i precedenti soggetti molto opachi.

   Ci sono gli scontenti, ci sono gli oppositori, ci sono quelli che la giudicano per quel servizietto tv delle Iene.

   Continuate a sottovalutarla. Diritto pieno di farlo.

   Per esperienza (il sottoscritto ha poco più di 40 anni), vi dico che ora per ora è un film da seguire fino alla fine. Perché non è il solito film con gli accordi di potere decisi prima delle elezioni.

Aurélien Facente, 2020

La triste storia di un piccolo palco in piazza

C’è una storia che è passata del tutto inosservata. Vale la pena raccontarla. È la storia di un palco messo in Piazza della Resistenza, Crotone. È la storia di un piccolo palco che è stato tante volte presente in quella piazza dove si trova il palazzo comunale.

   Il palco è stato usato per tante iniziative. Concerti, eventi benefici, e comizi politici. Quel palco messo lì in piazza è stato il simbolo di tanti incontri con i cittadini.

   Come in ogni avvicinarsi delle elezioni, il Comune mette a disposizione il palco per far incontrare i candidati con la cittadinanza. Il palco è uno strumento, tutto sommato, molto democratico, perché da lassù il candidato racconta il suo progetto, e regala la possibilità anche un piccolo gruppo di persone di ascoltare.

   L’essenza della democrazia al centro della piazza, la cosiddetta agorà.

   La piazza è l’incontro delle persone. La piazza è anche il simbolo del dissenso. La piazza è il luogo dove la democrazia s’individua meglio.

   Eppure, alle ultime tornate elettorali regionali, il palco è rimasto vuoto. Sì, è stato usato per un’iniziativa. Ma non era politica.

   Per giorni e sere, ho aspettato che qualcuno, nonostante il freddo, salisse sul palco per provare a raccontarsi alla città. Ho aspettato che qualcuno arrivasse con un impianto per preparare al meglio il candidato. Avevo voglia di vedere qualche faccia nuova, ma anche qualche faccia più conosciuta.

   La semplice curiosità dell’elettore fu disattesa.

   Quel palco, oggi riportato dentro i magazzini comunali, è rimasto deserto, vuoto, senza che nessun candidato lo calpestasse.

   È vero che la politica ha cambiato il suo modo di comunicare. Adesso si comunica molto con il web. Ma si tratta solo di uno strumento. La piazza deve aver il diritto di ascoltare e di dissentire.

   Nessuno dei candidati ha usato il palco.

   Vergogna? Cattiva coscienza? Paura di parlare alla gente? Paura di affrontare il popolo arrabbiato perché più povero?

   Che strani i politici/politicanti della mia Crotone. Codardi? Ipocriti? Cazzari?

   Tranne qualcuno, la maggior parte dei candidati ha preferito le sale d’albergo, le sale al chiuso, le sale dove loro potevano ergersi senza rischi di prendersi qualche fischio. Hanno preferito distanziarsi, e così la stessa gente, quella che poi ha preferito astenersi, percepisce il messaggio sbagliato: che la politica non è un qualcosa che si dovrebbe occupare di tutti, ma solo di incontrare altri elettori, quelli che hanno più soldini e che non possono camminare in piazza liberamente.

   La gente s’allontana dalla politica, perché la politica s’è allontanata prima, e paradossalmente dopo aver preso i voti della piazza.

   Si dice che ogni popolo ha il governo che si merita.

   Ma in Calabria c’è una maggioranza di persone che non ha voluto votare, soprattutto in queste ultime regionali.

   La Regione Calabria, o meglio la politica che l’ha amministrata sinora (c’è un nuovo consiglio e ci sarà una giunta, ma al momento non va processata e condannata, almeno per ora, per il passato) si è voluta allontanare, dando il messaggio che la Regione è una grande torta da ripartire in pochi.

   Normale che le persone si allontanino. La Regione non è cosa per i calabresi.

   La campagna elettorale è terminata da molti giorni. Un presidente è stato scelto, così come sono stati votati i consiglieri. C’è una maggioranza che governerà, ma è stata votata da una minoranza, non dalla maggioranza della popolazione.

   E così il palco rimase vuoto e silente.

   È vero anche che qualcun altro ha incontrato i cittadini in un’altra piazza, ma questa è un’altra storia.

   Perché adesso il piccolo palco è rientrato nella sua casa, tutto solo e triste.

   Triste perché una certa politica ha volutamente dimenticato il reale valore di una piazza.

Aurélien Facente, febbraio 2020

La lunga corsa riparte da Crotone, ovvero la sfida di Tansi e di Voce

La Calabria, al termine delle elezioni regionali, non aveva riservato grosse sorprese. Tutto come previsto, come si legge dai sondaggi nazionali. Il centrodestra vince. Il centrosinistra all’opposizione. Gli altri fuori dalla Regione Calabria.

  Tra gli altri, c’era un certo signor Carlo Tansi, che ha avuto tra i suoi candidati l’ingegnere Vincenzo Voce.

   Nove anni fa, l’ingegnere Vincenzo Voce (era primavera) si candidò a sindaco con un piccolo movimento. Salì sul palco di fronte al Comune di Crotone ed esplicò un proprio programma, molto rispettoso dell’ambiente, davanti ad un pubblico poco numeroso.

   Il movimento scomparve, ma lui è rimasto a lottare.

   Anno dopo anno, mese dopo mese, giorno dopo giorno. Tra tante difficoltà, la costanza lo ha premiato. Le sue continue denunce e il suo progetto lo hanno premiato, entrando nei cuori delle persone, tanto da poter permettersi, giustamente, di camminare a testa alta tra la gente e per le vie di Crotone.

   In questo inizio anno si è candidato per le regionali a supporto dell’altro, quel signor Carlo Tansi che ha dimostrato costanza nel proprio progetto regionale. Se non fosse stato per l’alto astensionismo, forse sarebbe entrato in consiglio regionale.

   In verità, il signor Tansi ha pagato lo scotto del debuttante, così come nove anni fa lo aveva pagato l’ingegnere Voce.

   Non me ne vogliano i signori. Un piccolo riassunto è d’obbligo per capire il discorso che il sottoscritto vuole portare avanti.

   In Calabria ho visto tante liste scomparire nel dimenticatoio, pur avendo avuto qualche risultato interessante. La costanza è un valore raro in Calabria, molto raro. Non voglio parlare di coerenza, ma di costanza, che forse è oggi il valore più importante.

   L’ingegnere Vincenzo Voce è stato il candidato a consigliere più votato a Crotone (ma non nella circoscrizione intera). Segnale che indica che c’è una parte di cittadini che vuole cambiare proprio pagina, e l’ingegnere lo sa bene.

   Stamane, domenica 2.2.2020, s’è scritta una bella pagina di democrazia e di politica.

   È una bella pagina perché è molto raro vedere una lista rimettersi in piedi dopo qualcosa che altri vogliono vedere come una sonora sconfitta (anche se la vera sconfitta è l’astensionismo calabrese).

   Che Vincenzo Voce stesse pensando di rigiocarsi la candidatura a sindaco di Crotone in questo momento storico della città era un’ipotesi prevedibile, oltre che una possibilità da cogliere al volo. Che lo facesse con Carlo Tansi era un’ipotesi azzardata, che oggi è fattivamente realtà. Bello vedere che il signor Tansi, l’altro, abbia deciso di ripartire proprio da Crotone, e di candidarsi al consiglio comunale proprio per sostenere l’ingegnere Voce, e farlo davanti ad un pubblico di cittadini che si è riunito in una piazza della città, a pochi passi dal mare.

   Io, personalmente, non ci sono stato. Non potevo esserci. Preferisco essere il blogger a debita distanza di osservazione. Però in cuor mio speravo in una soluzione del genere, perché in passato ho assistito a tante storie interrotte. Posso testimoniare tutte le persone che si sono sentite umiliate dopo aver fatto il possibile per realizzare un progetto politico all’interno dell’ente, per provare a realizzare qualcosa di diversamente onesto. La Calabria, come Crotone tra l’altro, è una terra difficile, dove ormai l’astensionismo è una regola di chi ha assistito a tanta decadenza. Una terra dove è facile abbandonare piuttosto che restare in sella. Ho visto tanta gente andare via dopo che i progetti politici erano stati umiliati. Ho visto persone che non volevano ricandidarsi dopo aver visto solo il bicchiere mezzo pieno. Sono pochissime le persone rimaste a voler combattere per un qualcosa di diverso, di un qualcosa che vada oltre la classica immagine della Calabria delle salsicce e soppressate che si vuol far continuare a far vedere al resto dell’Italia.

  Perciò speravo che Carlo Tansi ripartisse proprio da Crotone, la città abbandonata da tutta la politica che conta. Speravo che il dato politico di Vincenzo Voce non si fermasse a quei 3187 voti (meritati), simbolo proprio di quel lavoro costante che negli anni ha svolto a Crotone, tra tutte le titaniche difficoltà che l’ingegnere ha sempre prontamente denunciato e raccontato.

   E oggi Carlo Tansi e Vincenzo Voce hanno scritto una bella pagina di politica dentro una piazza di tanti cittadini normali che hanno bisogno di voltare pagina.

   Sono piccole pagine che vanno scritte e ricordate, al di là se si possa sostenere il progetto politico o no.

   Perché alla fine questa terra chiamata Crotone, al di là dei problemi ambientali e strutturali, ha prima bisogno di avere dentro di sé persone che possano dimostrare prima di tutto costanza.

   Già. La costanza. Un valore di cui si parla sempre troppo poco.

Aurélien Facente, 2 febbraio 2020

Vince la magica Jole, con l’aiuto dell’astensionismo

È da stanotte che seguo con una certa attenzione quello che succede nella mia Calabria. Ieri 26 gennaio si è votato. Come piccolo blogger, ho fatto appelli di ogni genere perché la gente andasse ad esprimere il proprio voto, a prescindere dal vincitore.

   Da stanotte c’è stata la vincitrice, quella signora di nome Jole Santelli che non è, a dire il vero, straconosciuta in Calabria. Io stesso, devo ammettere, che nutrivo qualche dubbio su di lei. Li nutro ancora, politicamente parlando.

   Però il voto si è espresso, e nell’effettivo c’è stato il trionfo della magica Jole, che sbaraglia tutti con un esercito di sei liste almeno e prende una Regione Calabria molto lontana dalla visione di un comune cittadino, il che spiega il largo astensionismo.

   Già, l’astensionismo è il fenomeno che fa vincere la magica Jole, che si accomoda in Regione aiutata anche dal vento in poppa del centrodestra.

   Ha fallito il buon Callipo, che ha contato forse troppo sulla sua stessa storia imprenditoriale, pagando anche l’alleanza con il PD che sembra essere il primo partito con il 14% (attenzione, che se contate l’astensionismo va giù più della metà).

   Hanno fallito i 5stelle, che pur trovando un candidato alla presidenza interessante, e hanno sbagliato tutta la loro campagna elettorale. Una volta c’erano i banchetti in mezzo alla strada. I bei vecchi tempi. Oggi hanno contato su Facebook e social un pochino troppo. Siamo tutti belli e simpatici. Senza contare il fuoco amico del loro senatore Nicola, che con i suoi speciali interventi ha causato una serie di autogol clamorosi.

   Non ha fallito il buon Carlo Tansi tutto sommato. A Crotone almeno no. Forse entrerà, forse no. In cuor suo sapeva che sarebbe stato molto difficile. Il merito suo è di aver trovato sostegno in tante brave persone. Per lui e i suoi è arrivato il momento di costruire, ma questo soltanto il tempo lo dirà.

   Ha stravinto il partito dell’astensionismo.

   Le ragioni sono molteplici.

   Alta emigrazione giovanile (ma non solo), presunzione di determinati politici, partiti che non sanno che cosa vogliono fare (fatevi raccontare la barzelletta del PD crotonese che voleva sostenere ancora l’uscente Mario Oliverio, silurato dalla base nazionale), il disgusto delle persone verso un certo modo di fare politica. Insomma una serie di problemi che hanno portato alla disaffezione più completa. E non è una giustificazione, badate bene.

   Poi c’è un dato. I calabresi, come popolo, esistono solo sulla carta.

   Non prendetevela, cari amici.

   Ma la Calabria è una regione troppo divisa.

   CZ e CS si detestano. KR odia CZ. RC odia CZ. VV un po’ troppo sola. Una regione bellissima, ma divisa da troppe chiusure mentali. Diventa difficile uscirne.

   Certo è che il prezzo dell’astensionismo non piace.

   Potete parlare di fascisti, di comunisti, di leghisti…. Tutto quello che volete in questo delirio psicotico post elettorale.

   Ma la vera vincitrice è lei, la magica Jole.

   Perché è stata largamente sottovalutata e criticata. Perché tutti guardavano ad una certa disinformazione di cui la stessa fu protagonista (un servizio delle Iene fu rimesso in rete per schernirla), ma nessuno guardava il suo effettivo curriculum (deputata più volte e sottosegretario pure più d una volta). Tutti gli avversari a fare i moralisti contro di lei, ma eppure lei li ha affrontati, democraticamente parlando. E poi per lei sono scesi i pezzi grossi. Anche il buon Silvio è tornato a parlare in piazza per lei.

   Già, non piace ammettere che la magica Jole è stata brava in fin dei conti, nonostante il male che si porta dietro, senza nasconderlo tra l’altro.

   Jole ha vinto. Bisogna riconoscerglielo almeno.

   Ora non si può sapere che cosa farà e se sarà capace di farlo.

   A ogni vincitore bisogna pur sempre fare gli auguri, e in questo caso gli auguri sono più che dovuti. Perché la Calabria sarà gestita da una donna finalmente, ed è un fatto storico di notevole rilevanza.

   Perciò auguri.

   In quanto ai leoncini della tastiera. Scervellatevi quanto volete, sfogatevi, lamentatevi, classificatevi ancora tra fascisti e comunisti, tra delinquenti e incompetenti. Scannatevi fino all’esaurimento nervoso. Fatevi prendere dalle più basse ipocrisie. Ma prima di farlo domandatevi perché in Calabria non si vota in massa quando ci sono le regionali. Chiedetevelo e datevi una risposta, guardandovi allo specchio. Siate oggettivi e non soggettivi. Ragionate con la testa e non con lo stomaco. Di sicuro non è scrivendolo su Facebook che cambierà il mondo, soprattutto quando c’è un problema che si chiama astensionismo.

   Alla fine la democrazia si è espressa, e anche se non piace il verdetto si è espresso in tal modo.

   Che Dio ce la mandi buona.

Aurélien Facente, 27 gennaio 2020

L’ipocrisia dello schierarsi nella massa che segue o si scontra con il politico di turno (e l’importanza del voto)

   Conoscete Scott McCloud? Non lo conoscete? Pazienza. Questo signore, tra l’altro un artista, si occupa di fumetti. Nel mondo del fumetto è molto conosciuto, soprattutto per i saggi che provano a spiegare l’importanza del linguaggio del fumetto in una società come la nostra. Leggere i suoi saggi, tra l’altro realizzati con il linguaggio del fumetto, sono, anche per chi non legge vignette abitualmente, un ottimo modo per capire l’evoluzione del linguaggio nella nostra società, che oggi usa molto della cultura del fumetto. Ora, nel primo saggio di Scott McCloud intitolato Understanding comics ovvero Capire il fumetto, c’è una tavola che spiega il ruolo dell’artista all’interno della società odierna. È una sequenza molto importante, la vera chiave che vi fa capire senza giri di parole come funziona una mente più sensibile in confronto alla massa. L’artista si muove con la massa, poi a un certo punto si ferma e osserva la massa prendere una direzione che, molto probabilmente, lo stesso artista non seguirà, proprio perché si è fermato. Quella scelta lo porterà a realizzare un pensiero che sarà tramutato in un’opera d’arte, presumibilmente.

   Oppure una semplice opinione di dissenso verso la massa.

   In ogni caso questo è anche il principio della libertà di pensiero, e il pensiero differente è un pensiero libero, e finché il pensiero è libero ci sarà sempre un contrasto di opinioni, ed è in base a questo contrasto che la società prova a evolversi, tra tanti bui e tante luci.

   Avendo velleità prettamente artistiche, quella tavola stessa mi fece capire che non dovevo rinunciare alla mia natura. Per nessun motivo. Il mio essere “diverso” dagli altri era un’opportunità che io dovevo cogliere.

   Ho fatto esperienza giornalistica in passato. Mi è servito “essere giornalista”. Non rinnego ciò che ho fatto, e fa parte del mio percorso di conoscenza. Però, poi ho lasciato il giornalismo. Io non ero adatto per il giornalismo di oggi. Io sono cresciuto nella libertà di espressione, nel rispetto dell’altro, nel cercare di vedere le cose in maniera oggettiva per offrire la migliore testimonianza al lettore (o all’utente visto che ci troviamo oggi in pieno linguaggio Facebook).

   Alcuni di voi mi conoscono, altri no. Ci sono anche alcuni di voi, nella vita, che mi contrastano perché non mi schiero.

   Schierarsi in Italia, oggi, equivale a fare un patto con il diavolo.

   Tesserarsi in un partito o in un movimento diverrebbe parte integrante del mio curriculum lavorativo, e di fatto limiterebbe la mia libertà di potermi creare delle opportunità.

   Qui, nel meridione, non è facile essere “indipendenti”, o almeno avvicinarsi a qualcosa di simile.

   Perché esiste un insieme di persone che non lo concepiscono, e perciò non lo tollerano.

   Conosco i partiti, e sono abituato a fare la distinzione tra ideali e persone, e distinguo tra persona e persona.

   Ci sono persone che usano davvero gli ideali perché credono in una società migliore.

   Ma poi ci sono anche persone che usano gli ideali come maschera, e nascondendosi dietro quella stessa maschera si permettono di compiere qualsiasi cosa che non abbia un interesse pubblico. E quando vengono beccati, loro usano la scusa dell’ideale, della bandiera del partito.

   Oggi non viviamo in una società di coerenza. Viviamo in una società fatta di contrasti e di ipocrisie. E si usa la maschera politica per nascondere la propria ipocrisia, vero male di questa società che gioca a fare la “perbenista”, quando poi la stessa politica non ascolta più i suoi cittadini.

   Ci dicono che loro sanno quello che è meglio per noi, ma negli ultimi 20 anni la macelleria sociale ha fatto molti danni. Ora la classe media in Italia non è classe media.

   Certo, nel frattempo qualche piccolo traguardo è stato tagliato. Ma a quale prezzo?

   Dopo la crisi economica, è arrivata la crisi culturale.

   Guardate gli indici culturali in Italia, ma soprattutto guardate al Meridione.

   Forse la cosa non vi interessa, perché preferite sapere se stasera avrete il vostro pezzo di pizza oppure la vostra puntata del Grande Fratello. Magari non v’interessa quello che io scrivo perché voi non volete togliervi il velo che vi siete fatti mettere. È vostro diritto non leggere. Ma poi non prendetevela se poi un giorno vi scrivo: “Io ve l’avevo detto.”

   Ho ricominciato a scrivere di attualità, dopo una lunga pausa, e già qualcuno prova fastidio. Perché il mio misero punto di vista è una piccola opinione di dissenso, quanto basta per aiutare il lettore a riflettere.

   Ma non basta per rispondere alla domanda.

   Perché non mi schiero?

   Perché se voi vedete che ciò che è intorno a voi, a livello politico, è formato da una serie di soggetti che in realtà sono e fanno tutt’altro che la vera politica per il cittadino, come avreste il coraggio di schierarvi apertamente?

   Io ho un difetto che è pure un pregio: la diffidenza.

   La diffidenza ti permette di mantenere un equilibrio, di non farti cadere dal baratro se stai attento.

   La diffidenza è un difetto per chi ti chiede il voto.

   Perché chi ti chiede il voto, deve sapere di aprire tutte quelle porte per convincerti che loro sono il meglio, che loro cureranno il tuo futuro, che loro ti troveranno il lavoro, che loro sono migliori e che gli altri sono peggio. Perché l’avversario è cattivo, brutto, razzista, pazzo. Già, loro sono meglio. Ma in passato magari ti hanno scippato qualcosa alla quale tenevi tantissimo.

   Ma è qui che sta il loro punto debole.

   Perché un vero politico, spinto anche da un ideale diverso dal tuo, s’interessa della tua opinione, si chiede perché hai un pensiero diverso, vuole parlare con te perché sa che il tuo punto di vista può essere prezioso.

  Questo tipo di politico, però, è molto raro. Tremendamente raro.

  Oggi ti trovi davanti alla scelta di scegliere tra tanti soggetti, e ti viene anche la voglia di non andare a votare.

   Ecco perché trovo preziosa la mia diffidenza. Perché poi osservo meglio il mio candidato, e ciò mi convince a fare la mia scelta di dissenso.

   La esprimo attraverso il voto.

   Può anche non cambiare nulla intorno a me, dopo. Ma ho espresso la mia libertà di pensiero, ho espresso il mio dissenso, e così acquisisco anche un altro diritto, ovvero quello di esprimermi liberamente.

   Tra poco ci saranno le elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale della Calabria.

   Ho già verificato la presenza di tanti voltagabbana. Ho già scelto il mio candidato a dire il vero. Seguirò la ragione e il cuore. Contribuirò nel bene e nel male all’elezione di qualcuno. Ma voglio dare il mio segnale.

   Nello stesso tempo non chiedetemi di schierarmi. Non ve lo dirò mai da che parte sto.

   Ma soprattutto non seguo la massa.

   La massa si schiera e s’incatena.

   Io preferisco restare a osservare, oltre che a esprimermi ovviamente.

Aurélien Facente, gennaio 2019

Caro Rino, perdonalo perché non sa quello che fa

Qui Calabria. Provincia di Crotone. Siamo nel pieno della campagna elettorale per gli scranni vuoti della Regione. La campagna elettorale si è accesa, e ognuno dei candidati si presenta con la sua paginetta Facebook o, peggio ancora, con il suo profilo gestito da altri. E c’è anche chi ce l’ha già.

   Pensavo che il caro Rino, per quest’anno almeno, sarebbe stato messo da parte. Le canzoni di Rino, lo sanno bene i fan, sono tutto fuorché slogan politici. Però oggi in politica vale tutto, vale proprio tutto.

   Passare da sinistra a destra, dando la spiegazione che da quella parte erano litigiosi e allora meglio passare dall’altra parte. Tutto pur di coprire una forte impronta individualista, giusto per non usare il termine “supercazzola”.

   Certo, questo tipo di comportamento può essere criticabile. Ma è permesso e tollerato dalla classe politica. Perché se hai la possibilità di accaparrarti quello che ti porta i cinquemila o i seimila voti, allora meglio riportarlo alla verginità politica, e tutto quel passato cancellarlo come se non fosse nulla.

   Il regno dell’incoerenza e dell’ipocrisia, ormai malattie conclamate di questa politica tutta italiana.

   E qui in Calabria non sono da meno.

   Lasciamo perdere però l’individualismo, ormai caratteristica conclamata.

   Diamo pure per buono che tu, caro candidato, lo hai fatto davvero per la tua terra, per il tuo territorio.

  Giocati questa possibilità. In fondo, nessuno odia la propria terra. Poi qui in Calabria, se la detesti (nonostante ci siano molte ragioni per farlo) ti perseguitano. Perché detestare la Calabria è come offendere la propria madre. Già, noi calabresi ci crediamo tanto alla nostra bella terra, anche se siamo capaci di maltrattarla come non pochi.

   Da un buon decennio almeno, le campagne elettorali si sono contaminate delle canzoni di Rino Gaetano. Osano approfittarsi dell’arte e della musica di un uomo che era al di sopra delle parti. Basta leggerne i testi, e capire che Rino andava oltre…

   Prima fu la sinistra a usarlo per bene nelle sue campagne elettorali. Sì, perché io conosco e trasmetto la musica di Rino, così il popolino mi vede come una persona simpatica e meritoria del potere.

   Poi hanno cominciato a usarlo anche quelli di destra.

   E infine i 5stelle, ma solo in pochissimi casi, a dire il vero. Loro, almeno, preferiscono fare altro piuttosto che sobbarcarsi la musica di Rino. Un piccolissimo punto a loro favore, dunque. Ma finisce qui.

   Credevo di non ascoltare la musica di Rino nei comizi. Credevo che Rino tornasse nel nostro immaginario collettivo a cantare liberamente in radio, in tv, sui cd. Dappertutto, fuorché nella politica. Perché Rino è il cantante di tutti noi, della gente comune di tutti i giorni. Quindi i fan, ogni volta che s’avvicina la campagna elettorale, si arrabbiano.

   Usate altre canzoni, ma non quelle di Rino.

   Purtroppo la politica è molto sorda in questo secolo. Ma proprio sorda.

   E molto presuntuosa.

   Su whatsapp mi mandano un link. Mi si apre un profilo Facebook di un personaggio politico che gioca a fare il contadino. Il titolo è “A mano a mano”, titolo della canzone di Riccardo Cocciante reinterpretata da Rino Gaetano. La canzone è anche l’inno del Crotone Calcio, giusto per aggiungere qualcosa.

   Il messaggio whatsapp continua: “Ascolta.”

   Ok. Apro il video. Mi aspettavo di sentire la reinterpretazione di Rino, ma la canzone è un’altra. Giuro. Un’altra canzone. Una delle più amate tra l’altro. Forse LA CANZONE per eccellenza di Rino.

   “Il cielo è sempre più blu”.

   Ma come si fa a confondere volutamente “A mano a mano” con “Il cielo è sempre più blu”? Vi rendete conto?

   Stavo per buttare lo smartphone, ma poi mi sono guardato dal farlo. Mi sono reso conto che forse è meglio riderci su di quel candidato, lasciarlo perdere, lasciarlo nella sua illusione di essere vincente.

   Hai già perso, amico mio.

   Perché uno sbaglio del genere ti fa vedere in tutta la tua presunzione.

   Ti perdono, perché anche Rino, da lassù, è pronto a perdonarti.

   Meglio ridere adesso.

   Ma della presunzione bisognerebbe piangere invece.

   Intanto il mio voto, semmai arriva, te lo sei giocato.

Aurélien Facente, gennaio 2019