Una lettera inaspettata da uno che faceva il bullo…

Nel 2016, via mail, mi ègiunse questa lunga lettera. Ve la propongo perché l’autore ci teneva tantissimo a scrivermi, ma soprattutto a divulgare il suo pensiero. Dopo una lunga telefonata che lui ebbe con me per convincermi, mi convinsi a pubblicarla e a trasmetterla. Alla fine di questa lettera, troverete la mia risposta. E oggi la ripubblico volentieri.

Aurélien Facente è nato a Crotone, e per via del suo nome francese e del suo aspetto non propriamente fico (o figo) è stato vittima di bullismo. Con l’avvento dei social network, Aurélien ha dimostrato di essere una persona che esiste e che nel tempo si è costruito qualche capacità, come quella fotografica, che gli hanno permesso di affrontare al meglio le avversità: mentre gli altri parlavano male di lui, Aurélien in silenzio affinava e studiava. Poi un giorno è uscito fuori, e la gente ha cominciato a scoprire che è un buon fotografo, che sa scrivere, che prova a fare video, ma che soprattutto non è l’imbecille che molti suoi compaesani crotonesi sostenevano. Ho visto i suoi tanti contenuti, e nella Crotone che lui fotografa vedi che vuole trasmettere bellezza, ma soprattutto testimoniare le capacità di persone valide che vogliono fare la differenza in questo modo. Certo, Aurélien ha i suoi difetti, ma non li nega. Magari ti puoi scontrare con lui, lo puoi prendere come uno che non ascolta, come un testardo. Ma è la stessa persona che pretende il meglio dagli altri, che pretende di fotografare il meglio. Ho visto tante sue foto, tanti suoi attimi, tanta vita, e tanta cultura. Non è facile conoscerlo perché è tante cose. Aurélien è indubbiamente figlio delle sue sofferenze, ma continua a camminare cercando di dare il meglio di sé, anche sbagliando a volte ma sempre pronto per darti quella foto giusta che ti permette di essere te stesso. Si raccontano tante cose su di lui a Crotone, e molte sono sbagliate.  Anche io sbagliavo a vederlo con la bocca degli altri. Un pomeriggio, andai a vedere otto foto esposte in un bar. Una serie di paesaggi con gabbiani e il mare della mia Crotone. Io amo Crotone, ma sono fuggito da questa realtà 20 anni fa. Anche io ero tra quelli che prendeva in giro Aurélien. In cuor mio, credevo che lui se ne fosse andato e che sarebbe stato uno di quelli che non sarebbe mai tornato. Eppure lui è rimasto, e con quelle foto invidiavo come un’anima tormentata e maltrattata riuscisse a farci vedere la bellezza. Andai a casa, e sul computer di mia moglie mi misi a cercare Aurélien, e a vedere le sue tante fotografie e a leggere anche qualcosa di suo. Lo contattai con il Facebook di mia moglie, e lui fu molto cortese, rispondendo alle mie domande e provocandomi anche. Mi colpì un suo pensiero: “La gente pensa che mi dia delle arie, che io sia un vanitoso. La mia arte parla abbastanza per me, e si sa che non mi limito solo alla forma. Cerco sempre di andare oltre, perché a me manca un pezzo di vita che altri hanno e che io non avrò mai. Ho il terribile difetto di essere sincero, di essere a volte duro con gli altri perché io voglio il contenuto e non la superficie. Sì, amico mio, ho sofferto tantissimo la mia condizione, ed è lì dentro che è nato un qualcosa che mi ha permesso di essere creativo. Se non ci fosse stato il social network, forse non sarei uscito dalla mia condizione. Io ho semplicemente colto l’occasione di proporre quelli che sono i miei contenuti e basta, e so bene che sono visti, e tanto pure. Non m’importa se sarò tacciato di essere chissà che cosa. Nessuno mi conosce intimamente parlando. Loro pensavano e credevano che io fossi un volgare passatempo, e di questo ne soffrii tanto. Ma ero giovane all’epoca, e soffrivo perché chiedevo egoisticamente solo un po’ di rispetto, di comprensione, di amore. Ma in me è scattato qualcosa. Ho odiato Crotone, ma non potevo odiare il luogo. Sono tornato, e un giorno ho ripreso la macchina fotografica. Ho iniziato e basta. E continuerò a fare quello che so fare. Qualcuno non mi sopporta? Beh, normale perché non si può essere simpatici a tutti.”

   Un lungo messaggio che mi ha impressionato per la tranquillità espressa nelle parole. Mi sono pentito del mio passato da “bullo”, e anche se ero giovane all’epoca degli scherzi crudeli fatti ad Aurélien, ma non solo, io mi rammarico delle mie azioni. Purtroppo a Crotone il buono viene preso sempre in giro. Ti insegnano a essere duri, fighi, stronzi. Come se tutto questo fosse la qualità principale. Non si vive così. Perché è pur vero che la natura mi ha dotato di un corpo forte e robusto, ma per tutti non accade così. Infatti, mio figlio Luca non ha un corpo come il mio. È fragile. È un bimbo che soffre di diabete. E mi ha sorpreso scoprire che anche Aurélien ne soffre. Con mia moglie ne parliamo spesso perché è ovvio che vuoi proteggere tuo figlio, poi dentro di me mi auguro che mio figlio possa avere una porzione di dignità e di tenacia che hanno spinto Aurélien ad andare avanti tra alti e bassi.

   Ti chiedo perdono, Aurélien, per le cose che ti ho fatto in passato. Non so se otterrò il tuo perdono, ma voglio chiederti scusa. Da quando sono padre (ma anche da quando sono marito) ho capito che bisogna apprezzare tanto quel poco che hai, e che è giusto difenderlo. Ma difendersi non vuol dire attaccare per controbattere. Difendersi vuol dire anche cercare una risposta. Avevi tutti i motivi per non rispondermi. Infatti, non siamo mai stati grandi amici e dubito che lo saremo. Ma ci tengo a chiederti scusa, e se ritieni opportuno pubblica la lettera. Perché io voglio testimoniare che dietro quella macchina fotografica c’è una persona con relativi pregi e relativi difetti che cerca di dare un contenuto, e che il più delle volte ci riesce perché non ha paura di sbagliare.

   Ho imparato a conoscerti meglio sul web attraverso quello che scrivi e quello che fotografi. Ho visto alcuni tuoi video. Ho saputo delle tue ferite personali. Ho seguito le tue tappe. E alla fine mi rendo conto di quanto io sia stato cattivo con te.

   Mio figlio è qualcosa di prezioso. L’ho accettato, e non nascondo che a volte soffro nel non poterlo vedere come altri bambini. Mio figlio mi ricorda te, Aurélien, perché tu quand’eri adolescente non entravi in pizzeria o in una pasticceria. Mi sembrava strano che un ragazzino non potesse mangiarsi la pizza perché soffriva di allergia al glutine. Vent’anni fa c’erano cose che non si sapevano, e noi le sottovalutavamo.

   In questi mesi, abbiamo instaurato un dialogo costruttivo. Ti voglio dire grazie per i suggerimenti e per la pazienza che mi hai dimostrato. Non voglio che ti arrabbi perché ti ho voluto scrivere una lettera così lunga e appassionata, ma è che la vita è una sola e abbiamo poche occasioni per vederci e parlarci. Poi succede che magari ci stacchiamo, e magari non ci potrebbero essere altre occasioni. Perciò ho voluto scrivere e farti trasmettere il mio rispetto e la mia ammirazione.

   Non servirà forse ad aggiustarti la vita, ma dirti che hai in mano un percorso valido mi allieta il cuore.

   Mi hai insegnato a non aver paura di combattere per i propri sentimenti e per le proprie fragilità. Mi hai fatto capire che devo guardare oltre, perché questa è una delle regole che un genitore deve sempre applicarsi per essere un punto di riferimento per il proprio figlio.

   Adesso, dopo aver scritto tutto questo, mi sento più sereno e posso guardare meglio mio figlio. Non so come crescerà e che cosa farà da grande. Non so che cosa mi riserva il futuro in questi tempi incerti. Ma una cosa è certa: cercherò di essere una persona migliore. Per questo insisto nel chiederti scusa.

Gianni

Che dire? La lettera mi ha commosso, ma francamente non meritavo tanto. Vuol dire che m’impegno a spedirti una mia foto di grande formato. La vita è piena di sorprese ed è sempre imprevedibile. Per quello che posso fare, caro Gianni, il perdonarti dalle tue malefatte è il minimo. Perché l’essere padre e marito ti ha reso più responsabile, e ha permesso di aprire il tuo cuore. Fai bene a combattere per i tuoi sentimenti. Non c’è nulla di ridicolo nel farlo, anche perché i sentimenti sono l’unica cosa vera su cui puoi contare se vuoi sentirti qualcuno.

La tua lettera arriva in un momento dove sto riflettendo sul confessare e denunciare una mia parte del passato, ma le tue parole tolgono ogni dubbio.

Mi chiamo Aurélien Facente. Sono nato, e tuttora vivo, a Crotone. In passato sono stato vittima di gravi episodi di bullismo, e l’arte è stata il mio primo rifugio per reggere psicologicamente al terribile gioco psicologico dei bulli. Mi ritengo fortunato perché ho avuto indubbiamente una valvola di sfogo, e purtroppo ci sono tanti ragazzi e tante ragazze che sono scomparsi e che magari potevano dare il meglio. Non tutti hanno la fortuna di decidere e di accettare il proprio destino.

Il mio non è stato un percorso facile, e ancora oggi vivo delle conseguenze. Ma cerco di correggerle. Non sempre mi riesce, ma non mi arrendo.

Oggi, però, sono contento di essere me stesso. Mi accetto per come sono, e non ho paura del domani. Scrivo, fotografo, filmo, mi pongo degli obiettivi. Combatto così la facile cattiveria, la facile diceria, il facile pregiudizio, l’invidia, la codardia. Perché il mio essere vivo prevale e vince contro queste avversità. Un discorso egoistico forse, ma sono convinto che se produco il mio lavoro riesco in qualche modo ad essere un esempio per chi, come me, è stato vittima del bullismo.

Se ne esce, ma il primo passo da fare è accettare se stessi in tutto e per tutto.

Mi chiamo Aurélien Facente. Sono stato vittima del bullismo.

Oggi voglio solo dire che accetto me stesso per chi sono e per come sono.

Aurélien Facente, dicembre 2016