Crotone è ormai una città dedita al silenzio

Sono volutamente uscito lo scorso 6 gennaio. Ho voluto rendere soddisfacente la mia curiosità. Volevo farmi un giro dentro una città immersa nel silenzio.

   Certo, era zona rossa. Non sarei dovuto uscire, secondo qualche benpensante. Ma il momento storico era unico. Molto probabilmente l’anno prossimo non si ripeterà.

   Il silenzio della piazza, quello del corso Via Vittorio Veneto, quello di Piazza Pitagora, a parte qualche vocio di qualche persona che magari salutava velocemente un amico, un parente o un’altra persona.

   Il 6 gennaio è l’Epifania, una festa dei bambini e dei ragazzi. L’ultimo giorno di festa, l’ultimo giorno dello scambio degli auguri, l’ultimo giorno del sorriso tra parenti.

  Ed era anche un giorno di passeggiata per tutta la giornata.

   Ho fatto la passeggiata per prendere appunti.

   E ho assaggiato il silenzio.

   Silenzio di serrande chiuse, silenzio di strade senza auto e senza bambini che giocano, non c’era nemmeno il petardo che scoppiava.

   Silenzio di una città che, mentre sparla su Facebook, si è ormai dedicata al silenzio.

   Un silenzio che non va bene, perché non è il silenzio della notte, dove in ogni caso ti capita d’incontrare qualcuno.

   Questo non era nemmeno un silenzio che l’Epifania meritava, perché anche nelle ore di riposo pomeridiane qualche tocco di pallone lo sentivi.

   E mancava lei, la Befana.

   Ho provato a capire questo silenzio.

   Ed è da qualche mese che Crotone è una città silente.

   Persone chiuse in casa per via del DPCM, ma una volta ci si affacciava almeno sui balconi. Non dico che il saluto fosse obbligato, ma vedere qualcuno era una benedizione.

   Invece, il mio cammino era solitario, e l’ho pure raccontato in video.

   Ma non ho raccontato quello che ho provato.

   Mi sono fermato dinanzi al liceo classico Pitagora, quello non lontano da Piazza Pitagora.

   Sono tornato ragazzo. E mi ricordavo quando con alcuni compagni venivamo davanti al portone di scuola, sapendo che la vita di tutti i giorni riprendeva, e che gennaio era il mese del primo quadrimestre.

   Mi ricordavo l’eccitazione.

   Ora c’era solo il silenzio, e dentro di me sentivo l’incertezza, il peggior dramma dell’epoca Coronavirus.

   Ho ripreso a camminare, perché l’incertezza non mi violentasse ulteriormente.

Aurélien Facente, gennaio 2021

Coronavirus KR – Vita da quarantena (Il racconto di Elvira)

Vi propongo una testimonianza scritta dell’esperienza di quarantena dovuta all’emergenza Coronavirus qui a Crotone. Il testo è stato scritto da Elvira Scaccianoce, che ha deciso di condividere la sua personale testimonianza. Mi auguro di poter pubblicare anche altre testimonianze, perché è importante esprimersi in un periodo fatto soprattutto di domande senza risposte e di incertezze, come quelle che stiamo vivendo in piena epoca Coronavirus. Vi rinnovo l’appello. Se avete voglia di condividere le vostre testimonianze, fatelo liberamente. Vi offro volentieri il mio spazio. Scrivetemi in privato sulla pagina Facebook https://www.facebook.com/aurelienfacenteblogger oppure sulla mail aurelienfacente@yahoo.it dove però vi chiedo di essere identificati con nome e cognome. Per un’eventuale pubblicazione sul blog, ovviamente mi atterrò alle vostre volontà qualora mi chiediate l’anonimato. Ora vi lascio al racconto di Elvira.

Vita da quarantena: diario di casa

Prima di scrivere questa mia breve riflessione, ho aspettato molto tempo, cercando di raccogliere i tanti pezzi di vita vissuta in quest’ultimo mese, dove non solo è cambiata la mia vita, ma il modo di vedere me stessa e gli altri. È cambiato tutto il mondo e lo scenario a cui eravamo abituati a vivere… ci siamo lasciati dietro le spalle giorni dove la nostra unica preoccupazione era quella di stare a tempo con gli altri, quel maledetto tempo a ritmo di jive nel quale ci siamo abituati, ovvero correre, correre sempre, senza guardare in faccia nessuno, vivendo come automi tanti giorni pieni di impegni da sbrigare… per poi raggiungere cosa?

   Improvvisamente questo Covid 19, un nemico invisibile di cui se ne parlava da qualche mese in maniera latente cominciò a insidiare le nostre vite come un parente scomodo che incontri il giorno di Natale… quest’essere invisibile proveniente da lontano ha cambiato totalmente le nostra vite. Mai e poi mai avrei pensato che poteva toccare anche a noi.

   I giorni passavano e pensai che il loro problema avrebbe potuto diventare il nostro. Ci siamo accorti troppo tardi che da un momento all’altro quella semplice influenza, come diceva lo stesso medico di famiglia con sorriso sornione o le massime autorità sanitarie davano per scontato… “Tranquilla,” dicevano, “il Covid 19 colpisce la generazione più debole, tipo quella anziana…”

   Mi ripetevano che non poteva stravolgere le nostre vite. Tutto scorre con la mente che è in verità piena di dubbi e in bilico tra realtà e finzione.

Giorno 4 marzo 2020

Sono a casa con il pensiero e la sensazione che qualcosa di più serio stia accadendo invade i miei pensieri.

La scuola del bambino che rimane chiusa, le continue notizie del tg, e il volto dei miei genitori che comincia a cambiare.

   Il focolaio di Codogno, e poi Lodi e Brescia e il famoso paziente zero allarmano tutti. Cerco di mantenere una calma, a dire il vero molto finta.

   Ma con l’edizione straordinaria delle 20 del premier conte confermo la mia non più infondata preoccupazione. Il maledetto ospite venuto da Oriente è diventato pandemia …e la nostra cara Italia, quella narrata dalla Meloni e da Salvini, ovvero dell’eterna lotta tra nord e sud era diventata zona rossa.

   L’ansia comincia a salire…

   I giorni a seguire sono un continuo altalenarsi di emozioni: ansia, sconforto, agitazione, nervosismo, notti insonni, e il caro amico cellulare dove fino a poco tempo fa usavo per scherzare con amici e parenti diventa fonte di continui bollettini di guerra, notizie discordanti, fake news.

   Dove sta la verità?

Giorno 15 marzo 2020

Passano i giorni. Notizie sconfortanti. Il famoso picco sta salendo. Vedo in tv i tanti militari che portano file di bare per essere cremati chissà dove. Cose mai viste se non forse su un qualche libro di storia alle scuole medie. L’incubo continua.

   Tempi duri per chi soffre d’ansia. La gastrite va a nozze con la mente preoccupata. Questa forzatura domiciliare non aiuta. Si cerca di cucinare, lavare, pulire lo stesso ambiente, subire le preoccupazioni degli altri membri di casa, cercando di minimizzare la situazione ormai palese. Mi appresto a fare spesa di continuo come riempire a più non posso di tutto perché non si sa mai quel che può accadere. I supermercati non vengono riforniti, vedo in tv lotte tra gli scaffali, detenuti sui tetti e altro ancora.

   L’incubo continua.

Giorno 21 marzo 2020

   Il famoso picco è arrivato. Non esco di casa da giorni. Sono stanca delle notizie. Cerco di dormire. La mia famiglia che vedevo tutti i giorni ora è su whatsapp. Le videochiamate, le foto, i video non migliorano la situazione.

Giorno 27 marzo 2020

Vedo un uomo solo vestito di bianco in tv. Il Santo Padre da solo sotto la pioggia battente di Roma prega stanco e vacillante è il santo Crocifisso miracoloso, e la Santa Vergine che si rivolge al popolo romano. Dio mio, siamo in mondovisione. Tutti uniti credenti e non a chiedere a Dio un miracolo.

   Mi ritrovo sul divano ormai campo di battaglia con mio marito, in silenzio dentro casa le lacrime scendono da sole.

   Chi siamo e cosa siamo diventati? Castigo divino? Oppure opera dell’uomo? Non lo so. Il flusso delle cattive notizie continua in tv, vedo gente ballare sul balcone e carri funebri che passano in Lombardia. Io rimango una telespettatrice di una tragedia e cerco di restare salda e ferma. Riscopro la fede. Prego. Riscopro i passi del Vangelo. Non può essere la fine del mondo.

   Nel frattempo tutto si ferma. Lavoro, vita, tutto. E scopri veri volti chi ti sta vicino. La forza nasce da te. Penso. Sono una donna. Noi donne diamo la vita tra atroci dolori. Ce la faremo. Spirito ribelle misto a rabbia e ansia sono compagne di questa quarantena forzata.

Giorno 1 aprile 2020

   Tanti medici morti. Penso ai miei 4 nonni morti di diabete qualche anno fa, e vedo in tv che i morti non hanno avuto neanche una funzione religiosa o una degna sepoltura Penso ai miei nonni, attorniati da tutta la famiglia negli ultimi giorni. Forse sono egoista a pensare chi ha avuto una morte migliore.

Giorno 12 aprile 2020

   Il famoso picco è sceso. Una piccola luce in fondo al tunnel. Calano i morti. La curva rallenta, la paura no. Cerco di mantenere i piedi saldi.

   Oggi è Pasqua.

   Ripenso alle feste di qualche mese fa. La nostalgia oggi è tanta, e sono di cattivo umore. Cerco una piccola quotidianità, e provo a informarmi dai social in modo razionale e corretto.

   Crotone sembra la Terra di Mezzo, quella della saga de Il Signore degli Anelli per capirci. Tutto tace. La politica crotonese inesistente. Tutto questo silenzio fa male, e i cittadini che non ricevono una parola di conforto. Dove sono i profeti della Crotone che cambia durante le promesse elettorali?

   Nulla. Mi imbatto tra le tante cavolate di Facebook con dirette di cucina, finti buonismi e balli dal balcone video esagerati. Vedo qualche diretta di un blogger scrittore, un certo Aurélien Facente lì per lì. Ascolto qualche diretta senza commentare.

Letture in quarantena. Chi? Io? Non amo leggere. Lo ammetto e questo si ripercuote sulla mia scrittura, ma ascolto volentieri tutto e tutti. Io sono una popolana e possiedo questo spirito curioso e ho voglia di imparare qualcosa che la tv nasconde o che ti vuol fare credere altro. Cerco di crearmi una nuova quotidianità, per adesso difficile e fatta di social da vivere e vita da vivere in casa.

   Mio figlio è molto piccolo… per fortuna.

   Parecchie emozioni cerco di nasconderle, e a volte mi riesce male, ma si va avanti. I giorni si susseguono come da calendario, anche se confondo il martedì con il mercoledì.

   La curva scende. Questo mi alleggerisce le giornate.

   L’estate, la scuola, gli impegni per ora sono chiusi nel cassetto. Ora devo sopravvivere per me stessa e per chi mi sta intorno. Non vivo di ricordi, ma faccio tesoro delle esperienze passate per proiettarmi sul futuro, come il tramonto che vedo dal balcone di casa mia.

   La fortuna di abitare a Crotone dove mare e monti si incontrano. Cerco di trarne energia positiva, perché come cantavano i famosi Ricchi e Poveri: “Del futuro sarà quel che sarà.”

   Vivo il presente, cercando conforto nelle mani di Dio.

Testo di Scaccianoce Elvira Liberata.

Coronavirus KR – La paura di un nemico invisibile

   Crotone, 11 marzo 2020, ore 1.56 del mattino

   Non credo di essere il solo ad avere problemi di sonno.

   Sono a casa. Scrivo. Ci provo.

   Il governo italiano dice che ci deve proteggere, e ci intima di stare dentro casa.

   Perché c’è un nemico che si chiama Coronavirus, o Covid-19 se vogliamo essere più tecnici.

   Dopo una breve pausa, riprendo con naturalezza a scrivere.

   Sono un blogger. Devo lasciare una traccia, una testimonianza, un qualcosa che possa darmi sollievo in questa notte silente.

   Ascolto mia madre dormire.

   Anche il mio cane dorme.

   Io no.

   Sono l’uomo di casa.

   Devo restare vigile. Avrò tempo di riposare. Sono abituato a dormire poco. Voglio essere sicuro che tutto sia a posto. Sono un guardiano ormai. Papà, dovunque sia adesso, mi ha lasciato l’eredità di una responsabilità.

   E non posso permettermi di avere paura.

   Mia madre ha paura. Il mio cane avverte la paura.

   Non è una situazione bella. Tempi duri, mi direbbe qualcuno. Già. Sono tempi duri. Ma non mi piego. Perché se mi piego, il male potrebbe approfittarne.

   Io so che è invisibile, piccolo, tremendamente minaccioso, che potrebbe bussarmi da un momento all’altro. Ma non posso permettermi di avere paura. Devo essere forte per mia madre. Devo essere forte perché c’è gente che sta peggio di me, molto peggio di me che magari sta combattendo per la sua seconda possibilità. E anche se dal canto mio potrei starmene comodo a casa a leggere, purtroppo non posso fare a meno di reagire per conto mio.

   Ho un’altra maledizione. Sono diabetico. Per me è importante muovermi. Vitale. Stare troppo fermo mi fa male. Mi alza la glicemia, e mi danneggia.

   Crotone è diventata una zona rossa. Viviamo la quarantena.

   Grazie, Coronavirus.

   Ti ringrazio con tutto il cuore.

   Già ho il diabete che mi ha regalato dei limiti prestabiliti, e prima di esso c’è la celiachia. Sai, quell’intolleranza che non ti permette di mangiare una pizza, un pane, un pasticcino. Cose che ho conosciuto in avanzata età adulta per stare con gli altri, per essere un po’ come gli altri.

   Ora ci sei tu.

   Non ti temo. Non ho paura di te, Coronavirus. So che potrai prendermi alla sprovvista quando vuoi, ma non mi posso permettere di avere paura.

   Sono uscito stanotte. Era l’una. Una breve passeggiata con il cane. Una cosa da incoscienti. Vero. Ma avevo bisogno di respirare. Non seguite il mio esempio. Mi faccio giusto il giro di un grande isolato. Il mio cane deve fare la pipì. Una breve passeggiata di quindici minuti. Quindici soli minuti per… Non lo so. Io sono uno che adora la notte. Sono stato un uomo di notte per tanto tempo, perché in essa il mio cuore trovava rifugio.

   Non tutti possono capire. Mi definisco una scheggia anomala.

   In meno di una settimana, la vita di tutti è cambiata.

   Scosse di assestamento dentro di me per evitare di cedere ai nervi.

   Conosco la mia fragilità. Ci vengo a patti ogni giorno.

   La verità è che la passeggiata notturna di quindici minuti circa è un’abitudine dura a morire. La faccio dopo l’ultima puntura, perché quella camminata aiuta in qualche modo l’insulina notturna a fare il suo dovere. Se sto fermo, mi alzo con una glicemia non accettabile.

   Non ho più l’età della movida. Ho 41 anni suonati, e per molti giovanotti potrei essere classificato come un vecchietto ormai. Dovrei essere più responsabile. Ma quando vivi il male che io ho vissuto… No, non fraintendetemi. Non voglio fare la vittima. E nemmeno voglio apparire come un eroe.

   Sono solo un uomo che passeggia di notte con il suo cane. Una sola piccola passeggiata.

   E sapete perché?

   Perché un cane può fare pipì dentro l’appartamento. E la regola numero 6 ti impone di tenere pulita la casa dove dormi. Quindi sai che seccatura…

   Ecco, caro Coronavirus, tu sei una bella seccatura. Ma veramente una brutta seccatura, anche se sei pericoloso e contagioso. Fattelo dire.

   Il lungomare è deserto. Solo un breve passaggio. Da Piazzale Ultras a Piazza Gramsci. Al distributore di bibite al piazzale, quattro poliziotti cercano di prendere un caffè. Per loro il lavoro stanotte è duro e solitario. Non provano nemmeno a fermarmi. È vero però che sono distante.

   Sul lungomare, incrocio un uomo di colore. Non so dove sta andando, ma nessuno si accorge di lui.

   Il cane fa quello che deve fare diligentemente. C’è umidità e fa freddo. Il mare. Ascolto il mare notturno. Un canto calmo, calmissimo, rincuorante.

   Poi una pattuglia dei carabinieri.

   Mi ferma.

   Mi chiede che ci faccio fuori.

   Gli dico semplicemente la verità al carabiniere, che però non è nemmeno sicuro di che cosa accusarmi. In fondo non posso evadere dalla zona rossa nemmeno se lo volessi, non vado a nessuna festa, non vado a trovare nessuno, sono ben coperto. Il carabiniere è un po’ imbarazzato. Mi dice che rischio la denuncia e che dovrei pagarmi un avvocato. Non mi chiede nemmeno i documenti. Perché la situazione è paradossale alla fine dei conti. Ci lasciamo cortesemente, e con un po’ di comprensione reciproca. L’atmosfera è surreale per entrambi. In fondo, un carabiniere non può permettersi di arrestare un uomo con il suo cane solo per 15 minuti di onesta passeggiata, soprattutto quando l’uomo che cammina a piedi è ben coperto e desideroso di rispettare le regole. La giornata è stata pesante per entrambi.

   Ho sbagliato io a scegliere quel percorso. Lo so.

   Potevo scegliere altro. Oppure potevo starmene a casa. E in questo momento sono a casa che scrivo. Si sono fatte le 2.31, e ancora il sonno non mi è venuto. Dubito che verrà presto.

   Non ho paura, Coronavirus.

   In realtà non ho il tempo di avere paura di te.

   Mi spaventa di più il signor Diabete. Lui sì che sa essere tremendo. Il signor Diabete ti mangia lentamente negli anni. Devi sempre stare a controllarti la glicemia e a rispettare i tempi delle iniezioni. Mi buco quattro volte nell’arco delle 24 ore. Nell’arco di un anno sono 1460 buchi al corpo se ti va bene. Mi buco quattro volte al giorno da 23 anni ormai. E ho fatto le mie cazzate anche.

   Il signor Diabete un giorno mi mangerà, ma non lo farà oggi. Perché mi controllo spesso, e cerco di mantenere la media accettabile per vivere una vita quasi normale.

   Sono abituato a convivere con il signor Diabete da tanti anni ormai.

   C’è gente che sta peggio di me. Lo so.

   Perciò non ho paura, e non posso permettermi di avere paura.

   Coronavirus, ormai sei un’opportunità per me.

   Racconto la tua storia. La sto scrivendo. Tu fai paura alle persone che io voglio bene. Permettimi di essere il tuo compagno di sventura in questo tuo caos nella mia amata e odiata Crotone.

   Sono le 2.40.

   Sono stanco. Ho finito di scrivere.

   Coronavirus, ci vediamo domani.

   Buonanotte.

Aurélien Facente, 11 marzo 2020

PS: Non fate come me se avete letto questa storia. Restate a casa e seguite le regole.