La morte del signor Nessuno

Ciao, mi chiamo Nessuno. Sono una persona che non ha un volto. Vivo nella tua città. Ogni tanto ti vedo, sai. Magari provo a sorridere. Ma tu non ricambi mai.

Come me, ci sono tante altre persone. Persone senza volto e persone senza nome. Persone che non guarderai mai in faccia, e nemmeno vorrai ricordarle.

Non te ne faccio una colpa. Le persone sono strane. Selezionano, o meglio scelgono con chi rapportarsi. Oppure scelgono di vivere la solitudine a tal punto da voler essere invisibili.

Io sono invisibile ai tuoi occhi. Magari c’incrociamo vicino ad un supermercato, ma non mi degni di uno sguardo. Ti saluto pure, ma il tuo buongiorno è distante. Mi ricambi il saluto giusto per educazione, ma poi finisce lì.

Io sono una persona senza volto e senza nome. Ho una seria difficoltà a farmi vedere da te. Perché i tuoi occhi sono coperti da un velo che non definirei ipocrisia, e forse nemmeno paura. Sono occhi coperti dal velo della convenienza. Perché in una cittadina come Crotone l’apparenza conta eccome.

Nella mia solitudine, riesco a vedere bene le persone. Le vedo ogni giorno. E le conosco pure.

Ogni tanto trovo qualcuno che scambia parole con me. Ma si tratta di una persona senza volto e senza nome come me, magari anche senza casa. Ma ci sono anche persone senza volto che si odiano tra loro. La vita in mezzo ad una strada ci rende talvolta bestie, e a volte è solo il modo di capire che siamo umani anche noi. E quando facciamo vedere questo nostro lato allora ti giri, e ci guardi. Capisci che il signor Nessuno esiste, ma poi basta.

Preferisci lasciarci nella solitudine.

Perché è così che vuole la gente con la quale ti immischi. Meglio stare in mezzo ad una folla piuttosto che provare ad ascoltarci.

Ma non ti condanno, sai. In fondo, magari me la sono cercata. E allora mi merito di vivere questa condanna chiamata indifferenza. In fondo, anche io ci metto il mio.

Molti ne fanno una questione di pelle. Ne vedo di signor Nessuno come me che hanno la pelle diversa e provengono da luoghi lontani. Ma ognuno di noi ha una sua storia, una sua vita, una sua avventura e una sua sventura. Abbiamo la caratteristica di vivere alla giornata, quando sorge il sole iniziamo a vivere e durante la notte proviamo a cercare un riparo. Qualche signor Nessuno lo trova, ma in un posto come Crotone dove non esiste un dormitorio pubblico… Beh, allora diventa la strada la nostra principale casa. Magari mettiamo su una tenda improvvisata. Un buco lo troviamo. E appena scende il silenzio, allora proviamo a dormire anche noi.

Siamo una piccola comunità adesso. Tra noi non ci amiamo tanto, forse perché ogni signor Nessuno è uno specchio riflesso dell’altro. Ma ci facciamo compagnia. E ci chiediamo spesso perché ci troviamo qui.

C’è qualche furbastro tra noi. In fondo siamo esseri umani. Il furbastro se ne approfitta, ma non sempre è così. La società dei qualcuno è talmente egoista che preferisce vederci nella solitudine e nella povertà. Accetta la nostra esistenza. Siamo tollerati, ma non siamo considerati. In fondo, il signor Nessuno non alza la voce e se lo fa diventa un mostro agli occhi degli altri.

Ma chi è il signor Nessuno? Potrebbe anche essere un tuo vecchio amico d’infanzia, con cicatrici profonde causate dalle sventure dell’esistenza.

Per avere un nome, devo aspettare la mia morte. Che magari sopraggiunge. E mi trovano in mezzo alla strada, su una panchina, sull’erba secca di un campo, sulla spiaggia di mattina. Raccoglieranno il mio cadavere, e allora sui giornali è probabile che uscirà il mio nome, la mia provenienza, e magari qualcuno racconterà la mia sventura. E così saprai che sono esistito, e la cosa mi farà sorridere.

Perché tanti dei tuoi pari punteranno il dito contro il sistema sociale e politico nel quale si troveranno. Perché anche loro hanno paura di diventare un signor Nessuno. Per me l’ombra della morte non è evitabile. Sopraggiunge e basta. Ne sono sempre stato consapevole quando ho capito che la mia casa non aveva un tetto. Però esisterò per te quando sarò morto. Una beffa per me trasformata in tragedia da chi lo scriverà sui giornali.

Ma sarò fortunato. Perché forse in questa città ci sarà qualcuno che proverà a scrivere del signor Nessuno, e proverà a raccontare una storia, e proverà a dire che ci sono quelli come me, e proverà a raccontare che bisogna essere consapevoli della propria ipocrisia se si vuole combattere l’indifferenza.

Non sono arrabbiato con te. Tanto, ormai sono morto. Se provi ad accendere una candela per me o solo se provi a spendere un piccolo pensiero per me sarà già tanto. Ma fammi il favore di essere sincero per favore. Perché il 99% delle persone mi dimenticherà nel giro di qualche giorno, e non saprà più nemmeno il mio nome. In fondo è il meccanismo crudele dell’esistenza.

Ma da qualche parte, qualcuno proverà a scrivere del signor Nessuno. E magari gli darà un viso, e scriverà una storia. Non per il gusto di fare chissà quale morale, ma con la voglia di raccontare una storia e basta.

La storia dell’esistenza del signor Nessuno.

Aurélien Facente, 28 giugno 2021

NDA: L’ho scritto ieri, di getto. Domenica 27 giugno 2021 è stato ritrovato sulla spiaggia il corpo di un uomo. Al di là della causa del decesso, i giornali web con le loro prime uscite hanno riportato notizie contraddicenti tra di loro. Prima si trattava di uno straniero, e poi di un cittadino crotonese, e poi non s’è capito bene. Qualche fatto privato magari è fuoriuscito. Sono arrivati puntualmente commenti e condivisioni. Si continuerà a parlarne per qualche giorno, poi arriverà il silenzio. E aspetteremo il prossimo signor Nessuno.

Coronavirus KR – La paura di un nemico invisibile

   Crotone, 11 marzo 2020, ore 1.56 del mattino

   Non credo di essere il solo ad avere problemi di sonno.

   Sono a casa. Scrivo. Ci provo.

   Il governo italiano dice che ci deve proteggere, e ci intima di stare dentro casa.

   Perché c’è un nemico che si chiama Coronavirus, o Covid-19 se vogliamo essere più tecnici.

   Dopo una breve pausa, riprendo con naturalezza a scrivere.

   Sono un blogger. Devo lasciare una traccia, una testimonianza, un qualcosa che possa darmi sollievo in questa notte silente.

   Ascolto mia madre dormire.

   Anche il mio cane dorme.

   Io no.

   Sono l’uomo di casa.

   Devo restare vigile. Avrò tempo di riposare. Sono abituato a dormire poco. Voglio essere sicuro che tutto sia a posto. Sono un guardiano ormai. Papà, dovunque sia adesso, mi ha lasciato l’eredità di una responsabilità.

   E non posso permettermi di avere paura.

   Mia madre ha paura. Il mio cane avverte la paura.

   Non è una situazione bella. Tempi duri, mi direbbe qualcuno. Già. Sono tempi duri. Ma non mi piego. Perché se mi piego, il male potrebbe approfittarne.

   Io so che è invisibile, piccolo, tremendamente minaccioso, che potrebbe bussarmi da un momento all’altro. Ma non posso permettermi di avere paura. Devo essere forte per mia madre. Devo essere forte perché c’è gente che sta peggio di me, molto peggio di me che magari sta combattendo per la sua seconda possibilità. E anche se dal canto mio potrei starmene comodo a casa a leggere, purtroppo non posso fare a meno di reagire per conto mio.

   Ho un’altra maledizione. Sono diabetico. Per me è importante muovermi. Vitale. Stare troppo fermo mi fa male. Mi alza la glicemia, e mi danneggia.

   Crotone è diventata una zona rossa. Viviamo la quarantena.

   Grazie, Coronavirus.

   Ti ringrazio con tutto il cuore.

   Già ho il diabete che mi ha regalato dei limiti prestabiliti, e prima di esso c’è la celiachia. Sai, quell’intolleranza che non ti permette di mangiare una pizza, un pane, un pasticcino. Cose che ho conosciuto in avanzata età adulta per stare con gli altri, per essere un po’ come gli altri.

   Ora ci sei tu.

   Non ti temo. Non ho paura di te, Coronavirus. So che potrai prendermi alla sprovvista quando vuoi, ma non mi posso permettere di avere paura.

   Sono uscito stanotte. Era l’una. Una breve passeggiata con il cane. Una cosa da incoscienti. Vero. Ma avevo bisogno di respirare. Non seguite il mio esempio. Mi faccio giusto il giro di un grande isolato. Il mio cane deve fare la pipì. Una breve passeggiata di quindici minuti. Quindici soli minuti per… Non lo so. Io sono uno che adora la notte. Sono stato un uomo di notte per tanto tempo, perché in essa il mio cuore trovava rifugio.

   Non tutti possono capire. Mi definisco una scheggia anomala.

   In meno di una settimana, la vita di tutti è cambiata.

   Scosse di assestamento dentro di me per evitare di cedere ai nervi.

   Conosco la mia fragilità. Ci vengo a patti ogni giorno.

   La verità è che la passeggiata notturna di quindici minuti circa è un’abitudine dura a morire. La faccio dopo l’ultima puntura, perché quella camminata aiuta in qualche modo l’insulina notturna a fare il suo dovere. Se sto fermo, mi alzo con una glicemia non accettabile.

   Non ho più l’età della movida. Ho 41 anni suonati, e per molti giovanotti potrei essere classificato come un vecchietto ormai. Dovrei essere più responsabile. Ma quando vivi il male che io ho vissuto… No, non fraintendetemi. Non voglio fare la vittima. E nemmeno voglio apparire come un eroe.

   Sono solo un uomo che passeggia di notte con il suo cane. Una sola piccola passeggiata.

   E sapete perché?

   Perché un cane può fare pipì dentro l’appartamento. E la regola numero 6 ti impone di tenere pulita la casa dove dormi. Quindi sai che seccatura…

   Ecco, caro Coronavirus, tu sei una bella seccatura. Ma veramente una brutta seccatura, anche se sei pericoloso e contagioso. Fattelo dire.

   Il lungomare è deserto. Solo un breve passaggio. Da Piazzale Ultras a Piazza Gramsci. Al distributore di bibite al piazzale, quattro poliziotti cercano di prendere un caffè. Per loro il lavoro stanotte è duro e solitario. Non provano nemmeno a fermarmi. È vero però che sono distante.

   Sul lungomare, incrocio un uomo di colore. Non so dove sta andando, ma nessuno si accorge di lui.

   Il cane fa quello che deve fare diligentemente. C’è umidità e fa freddo. Il mare. Ascolto il mare notturno. Un canto calmo, calmissimo, rincuorante.

   Poi una pattuglia dei carabinieri.

   Mi ferma.

   Mi chiede che ci faccio fuori.

   Gli dico semplicemente la verità al carabiniere, che però non è nemmeno sicuro di che cosa accusarmi. In fondo non posso evadere dalla zona rossa nemmeno se lo volessi, non vado a nessuna festa, non vado a trovare nessuno, sono ben coperto. Il carabiniere è un po’ imbarazzato. Mi dice che rischio la denuncia e che dovrei pagarmi un avvocato. Non mi chiede nemmeno i documenti. Perché la situazione è paradossale alla fine dei conti. Ci lasciamo cortesemente, e con un po’ di comprensione reciproca. L’atmosfera è surreale per entrambi. In fondo, un carabiniere non può permettersi di arrestare un uomo con il suo cane solo per 15 minuti di onesta passeggiata, soprattutto quando l’uomo che cammina a piedi è ben coperto e desideroso di rispettare le regole. La giornata è stata pesante per entrambi.

   Ho sbagliato io a scegliere quel percorso. Lo so.

   Potevo scegliere altro. Oppure potevo starmene a casa. E in questo momento sono a casa che scrivo. Si sono fatte le 2.31, e ancora il sonno non mi è venuto. Dubito che verrà presto.

   Non ho paura, Coronavirus.

   In realtà non ho il tempo di avere paura di te.

   Mi spaventa di più il signor Diabete. Lui sì che sa essere tremendo. Il signor Diabete ti mangia lentamente negli anni. Devi sempre stare a controllarti la glicemia e a rispettare i tempi delle iniezioni. Mi buco quattro volte nell’arco delle 24 ore. Nell’arco di un anno sono 1460 buchi al corpo se ti va bene. Mi buco quattro volte al giorno da 23 anni ormai. E ho fatto le mie cazzate anche.

   Il signor Diabete un giorno mi mangerà, ma non lo farà oggi. Perché mi controllo spesso, e cerco di mantenere la media accettabile per vivere una vita quasi normale.

   Sono abituato a convivere con il signor Diabete da tanti anni ormai.

   C’è gente che sta peggio di me. Lo so.

   Perciò non ho paura, e non posso permettermi di avere paura.

   Coronavirus, ormai sei un’opportunità per me.

   Racconto la tua storia. La sto scrivendo. Tu fai paura alle persone che io voglio bene. Permettimi di essere il tuo compagno di sventura in questo tuo caos nella mia amata e odiata Crotone.

   Sono le 2.40.

   Sono stanco. Ho finito di scrivere.

   Coronavirus, ci vediamo domani.

   Buonanotte.

Aurélien Facente, 11 marzo 2020

PS: Non fate come me se avete letto questa storia. Restate a casa e seguite le regole.