Coronavirus KR: Il testo della mia amica Mariapia Giulivo

Foto di Aurélien Facente, tratta dalla serie “Mare Cromatico”

Avevo chiesto in qualche diretta Facebook e Instagram di poter pubblicare sul suddetto sito alcune storie di questo periodo di quarantena forzata. A dire il vero, pochi hanno raccolto il mio appello, perché narrare la propria esperienza, il proprio pensiero, e quello che vi passa per il cuore di sicuro può aiutare gli altri. Capisco perfettamente che non è facile, ma psicologicamente aiuta sapere che siamo nella stessa barca.

   Chi è Mariapia Giulivo?

   È un’amica, per quanto mi riguarda, ma è soprattutto una poetessa che ha pubblicato libri, ed è una delle personalità culturali che in questo momento stanno combattendo, come noi tra l’altro, la voglia di uscire e prendere una boccata d’aria.

   Lei viene spesso a Crotone, e adora Capo Colonna. Cerca di non mancare mai alla festa della Madonna di Capo Colonna che si tiene a maggio. Sotto certi aspetti, è molto più crotonese lei di me. Però, siccome mi ha mandato un testo molto particolare, lo condivido con voi. Lo battezzerò semplicemente: Coronavirus.

   Tira una brutta aria. Di umanità tradita, di panico di paura. Un ‘aria che desertifica luoghi, allontana gli esseri umani, non entra più nei polmoni, non trapassa neppure la luce delle chiese.  Tira un’aria che soffoca la vita, che disidrata le mani, che fa contare i nostri passi per calcolare un metro, che non tollera un innocente colpo di tosse, un lieve starnuto, che è malsana soprattutto nei cuori. Ce ne ricorderemo, quando, vedendo una mano tesa la allontaneremo, perché ci crederemo noi quelli puliti, noi quelli giusti, noi i giudici, noi che ora siamo in ginocchio e sperimentiamo quanto costa la diversità, che prezzo ha la paura, che colore ha un cielo in cui non sai se verrà mai la primavera? Siamo noi, ora, i fragili, noi quelli che stanno vivendo l ‘incubo. Noi che abbiamo ignorato altri dati che uccidono il mondo solo perché lontani, noi, piegati nelle nostre piccole effimere certezze, ora di colpo crollate… Tira aria di apocalittico timore, di contagio, e noi che non sapevamo più contagiare un sorriso, veicolare un perdono, noi che abbiamo fatto del denaro un dio, della materia la sostanza della vita, ora brancoliamo in una specie di anticamera, quella di una attesa che non sappiamo se avrà fine, quando, come… Io non consegnerò la mia umanità a questa paura, non regalerò la mia vita a un virus, io lo guardo vicino o lontano che sia, quasi con pietà. Non dimenticando che sapore ha la pietà che spesso ho sentito sulla pelle, quella che allontana davvero. In modo definitivo… Non dimenticando una frase di una meravigliosa canzone di Fabrizio De André…”il vomito dei respinti” ora siamo tutti. E chi già conosce questa sensazione, no, non può avere paura…Ha preso già coscienza…

Testo di Mariapia Giulivo, 2020

Ringraziando Mariapia per il suo contributo letterario, invito altri a fare la stessa cosa. Raccontare la vostra esperienza personale. Non disperderla su Facebook o altri social. Potete scrivermi sulla pagina pubblica di Facebook al seguente link, tranquillamente in messaggeria privata e con la massima discrezione: https://www.facebook.com/aurelienfacenteblogger

E se lo ritenete opportuno pubblicherò la vostra testimonianza anche con un semplice nickname. Credo che sia giunta l’ora di raccontare per raccontarci e per aiutarci.

Aurélien Facente, marzo 2020

Coronavirus KR: Il funerale silenzioso

E. Manet . Le esequie di Baudelaire

21 marzo 2020. Un giorno grigio di una primavera che oggi non vuole arrivare. Primo pomeriggio del tredicesimo giorno di quarantena imposto dallo Stato per prevenire l’emergenza del Coronavirus.

   Giornate di odio si susseguono sui social. In fondo, a Crotone, non sono tutti lettori di libri o fumetti o patiti di cinema. Oltre al pallone, gli argomenti su cui confrontarsi diventano scarsi. Non offendetevi, amici e concittadini. Purtroppo nel DNA abbiamo abitudini contraddittorie. Un puro fatto culturale e antropologico. E con ciò non vuol dire che non ci siano bravi crotonesi.

   Tutt’altro. Collaborazione, cortesia, solidarietà. Questi sono elementi giganteschi che sono protagonisti giorno dopo giorno in un ruolo d’incertezza.

   Purtroppo sono i social che sono diventati un luogo di scambio di paure, insicurezze, psicosi. Perché la quarantena non rientra nelle abitudini di nessuno, e ognuno fa quello che può, in attesa che la catena si allenti.

   Stare a casa. Già. Come se fosse facile. Eppure uno va a comprarsi da mangiare, e se bada a qualcuno deve fare la spesa ogni giorno. Senza contare le medicine che possono servire. E vogliamo parlare dell’acqua, dei detersivi, di tutto ciò che serve per disinfettare il proprio ambiente. E poi c’è la decisione di non approfittarsi di un servizio come quello delle consegne. Perché sai che c’è qualcuno che realmente non può muoversi. E ha bisogno. E allora la fai l’uscita, ma sai di essere legato ad un guinzaglio.

   Non sono giorni belli. Neanche per i cani, che anche loro sono nervosi perché vivono la nostra libertà. E c’è l’uscita quotidiana.

   Ho imparato a osservare le piccole cose nell’isolato in cui mi posso muovere senza incappare in qualche sanzione. Bisogna essere forti mentalmente, come quel tipo del film “Le Ali della Libertà” che con una sola forchetta per venti anni ha scavato un buco per uscire da quel carcere dov’era stato ingabbiato ingiustamente. Certo, mi dirà qualcuno. Si tratta di un film. Ma la realtà è più di un film, soprattutto quando l’incertezza è dietro l’angolo da molti giorni.

   Scendo, scelgo l’incrocio e incappo in un funerale.

   Oggi si parla di tante vittime del Covid-19, ma nessuno parla dei funerali.

   Perché si continua a morire di altro. Non esiste solo il coronavirus.

   Il funerale di una signora.

   La macchina presente in attesa della salma.

   Poca gente, tutta distanziata, per un saluto silenzioso.

   In questo periodo a nessuno è permesso di avere un funerale religioso.

   Si viene caricati in macchina, e basta. Subito al cimitero.

   Un funerale silenzioso.

   Questa è una delle tante storie che non vi racconteranno. Perché è facile raccontare del bollettino dei morti. Ma nessuno vi racconta che l’ultimo addio è devastante. Perché magari si tratta di un tuo caro che non può nemmeno essere salutato come si fa abitualmente. Una carezza sulla bara. Un abbraccio. Un saluto da vicino. La messa di un sacerdote. L’odore di una chiesa, che è la casa che accoglie i fedeli. Questo oggi non c’è.

   E allora, nonostante cerchi di andare avanti, ti accorgi dello strano silenzio, dell’addio più silenzioso. Il sangue può solo raggelarsi, perché il funerale dovrebbe essere il più dolce degli arrivederci per poi portare dentro di sé il ricordo del proprio caro.

   Oggi è solo un freddo silenzio.

   Un freddo silenzio di un primo giorno di primavera abbastanza grigio.

Aurélien Facente, 21 marzo 2020